La pluralità di Dio nella Torah
I primi cinque libri della Bibbia sono particolari. Non solo, citando i libri dell’Antico Patto essi sono nominati sempre per primi sia da Gesù sia dagli apostoli (Mat. 22:40 e Rom. 3:21),
ma anche la loro struttura è veramente unica, nella letteratura religiosa.
Ancora oggi, per gli israeliti, la Torah ha immensamente più valore di ogni altro scritto sacro, compresi i profeti e gli scritti «storici».
Dobbiamo mettere in discussione un’opinione comune: il Pentateuco non è stato tutto scritto personalmente da Mosè, alla maniera dei profeti, come, ad esempio, il libro di Geremia; perché questi scrissero ciò che JHWH voleva, sotto ispirazione della Persona dello Spirito Santo (In Ebraico ruah, femminile).
Da un’attenta e continua lettura del testo della Torah, si ha quasi l’impressione dell’esistenza di un narratore esterno, rispetto alla descrizione dei fatti, o alla annotazione delle rivelazioni divine affidata al mediatore Mosè.
Un narratore ignoto, che non sembra essere il Mosè «scrittore» e avente la capacità di leggere nel profondo il cuore dell’uomo.
Questo si nota nella struttura della narrazione.
Altre volte, emerge in modo chiaro che Mosè agisca da profeta: come voce di JHWH, come voce della Parola di Dio. Il testo lo evidenzia in modo netto. Mosè
non è «profeta», secondo quanto dice l’Eterno; perché è detto esplicitamente che il profeta ha visioni e sogni, inoltre, l’Eterno parla al profeta per Non così per Mosè. Leggiamo che con Mosè JHWH parla «bocca a bocca» (Numeri 12:8; Esodo 33:11; Deuteronomio 34:10).
Espressioni come: «L’eterno parlò a Mosè» o «L’Eterno disse a Mosè», si trovano almeno 90 volte; esse sembrano precludere l’idea che Mosè non fosse il redattore del testo.
Alcune di queste espressioni si trovano in Esodo 13:1 - 14:1 - 16:11. Levitico 6:1 - 16:1.
Torre di Babele, dipinto di Pieter Bruegel del 1563
Se Mosè fosse stato l’autore in prima persona del Pentateuco, avrebbe scritto: «L’Eterno mi disse», o «La parola dell’Eterno mi fu rivolta» (Ezechiele 21:1) e «Così mi ha detto l’Eterno» (Geremia 17:9).
Altre espressioni come: «Poi Mosè fece» (Levitico 8:24), o «Quindi Mosè fece» (Levitico 8:6), confermano che il redattore fosse un altro.
Ci si può lasciare ingannare dal fatto che l’uso della terza persona è normale nella Torah ma, come molti studiosi fanno notare, dato
che in ebraico non esiste il «plurale di maestà», ciò che per noi è normale, diventa significativo.
Quando leggiamo che l’Eterno ordina a Mosè di scrivere (Esodo 17:14; 24:4; 34:27. Deuteronomio 31:9; 31:22), comprendiamo che Mosè fungesse da tramite, ma non sempre da autore.
Se leggiamo tutto di seguito, soprattutto i libri Esodo, Levitico e Numeri, ci rendiamo conto che qualcun altro sta descrivendo gli avvenimenti relativi al popolo di Israele. La preghiera che Mosè rivolge a JHWH, può essere rivelatrice al riguardo:«“Ciò nonostante ora, ti prego, perdona il loro peccato; se no deh, cancellami dal tuo libro che hai scritto!”
Ma l’Eterno rispose a Mosè: “Colui che ha peccato contro di me, quello cancellerò dal mio libro!”» (Esodo 32:32-33)
Difficile sapere a quale libro Mosè potesse riferirsi, anche perché non aveva la conoscenza dell’apostolo Giovanni il quale nell’Apocalisse parla di un libro di Dio, ma la spiegazione più logica è che si riferisse a un libro il quale vedeva scrivere da JHWH. Quale poteva essere, se non parte del libro del Pentateuco?
Prendiamo in esame la singolarità della Torah. Al capitolo 20, in Esodo, JHWH si rivela a Mosè. «Allora DIO pronunziò tutte queste parole, dicendo: “Io sono JHWH, il tuo DIO”, che ti ha fatto uscire dal paese d’Egitto, dalla casa di schiavitù…»
In questo capitolo, JHWH dà i dieci comandamenti e, in seguito, tutta una serie di leggi. JHWH rivela, in prima
persona, tutte le cose che vuole riferire al Suo servo. Poi, se si segue il discorso, mai interrotto, ci si accorge che JHWH
parla in terza persona di… Elohim.
Altre volte, troviamo l’aggiunta «… e dì loro…» «… allora il suo padrone lo farà avvicinare a DIO e lo farà accostare alla porta o allo stipite; quindi il suo padrone gli forerà l’orecchio con un punteruolo; ed egli lo servirà per sempre» (Esodo 21:6)
«Se però non gli ha teso alcun agguato, ma DIO glielo ha fatto
cadere in mano, io ti assegnerò un luogo dove egli possa rifugiarsi» (Esodo 21:13)
Come possiamo notare, se ci atteniamo prettamente al testo, senza far ricorso a dottrine o interpretazioni, magari giuste, ma, certamente, «umane» o di scuola, la Scrittura è alquanto eloquente: JHWH parla, per bocca di Mosè, riferendosi all’Elohim.
Non solo. Da questo punto della redazione in poi, fino alla fine di Numeri, siamo di fronte ad un unico discorso dell’Eterno, scandito fra la prima e la terza persona; fra JHWH e Elohim e, ancora, un non meglio identificato Signore (nome comune).
Ciò è talmente macroscopico che, come avviene talvolta quando le cose sono troppo evidenti, non ce ne accorgiamo, se non stiamo attenti al testo letto consecutivamente; ma non possiamo di certo concederci una interpretazione, che vada oltre il testo.
È significativo anche il brano di Esodo 23:14-21, nel quale è sempre JHWH che parla.
«Tre volte all’anno mi celebrerai una festa. Osserverai la festa
degli azzimi. Per sette giorni mangerai pane senza lievito, come ti ho ordinato al tempo stabilito nel mese di Abib, perché in quello tu uscisti dall’Egitto; e nessuno comparirà davanti a me a mani vuote.
Osserverai anche la festa della mietitura. delle primizie del tuo lavoro, di quello che hai seminato nei campi; e la festa della raccolta. alla fine dell’anno quando raccoglierai dai campi i frutti del tuo lavoro.
Tre volte all’anno tutti i tuoi maschi compariranno davanti al Signore, l’Eterno.
Non offrirai il sangue della mia vittima col pane lievitato; e il grasso dei sacrifici della mia festa non rimarrà fino al mattino. Porterai alla casa dell’Eterno, il tuo DIO, le primizie dei primi frutti della terra.
Non cuocerai il capretto nel latte di sua madre. Ecco, io mando un Angelo davanti a te per vegliare su di te lungo la via, e per farti entrare nel luogo che ho preparato.
Stai attento davanti a lui e ubbidisci alla sua voce; non ribellarti a lui, perché egli non perdonerà le vostre trasgressioni, poiché il mio nome è in lui.»
JHWH parla in modo tale da contemplare nel discorso un altro soggetto di natura divina, pur dichiarando che Dio sia l’Unico Signore! Chi legge, è obbligato a considerare almeno due soggetti: JHWH e Dio.
L’alternanza fra la prima e la seconda persona non è casuale.
Consideriamo Esodo 24:1-2.
«Poi Dio disse a Mosè: Sali all’Eterno, tu ed Aaronne, Nadab e Abihu e settanta degli anziani d’Israele, e adorate da lontano; poi Mosè si avvicinerà all’Eterno; ma gli altri non si avvicineranno, né salirà il popolo con lui»
Il testo è realmente strano, ma molto chiaro se teniamo conto delle considerazioni di prima. Come si può spiegare il passaggio repentino dalla prima alla terza persona? La cosa non può passare inosservata.
Riscontriamo lo stesso schema redazionale in Esodo 30:11-12.
«L’Eterno parlò ancora a Mosè, dicendo: Quando farai il conto dei figli d’Israele, per il loro censimento, ognuno di essi darà all’Eterno il riscatto della propria vita, quando saranno contati, perché non siano colpiti da qualche piaga, quando farai il loro censimento»
L’Eterno ordina di dare un riscatto all’Eterno.
Nel prossimo studio parleremo ancora di versi come questi citati.
I primi cinque libri della Bibbia sono particolari. Non solo, citando i libri dell’Antico Patto essi sono nominati sempre per primi sia da Gesù sia dagli apostoli (Mat. 22:40 e Rom. 3:21),
ma anche la loro struttura è veramente unica, nella letteratura religiosa.
Ancora oggi, per gli israeliti, la Torah ha immensamente più valore di ogni altro scritto sacro, compresi i profeti e gli scritti «storici».
Dobbiamo mettere in discussione un’opinione comune: il Pentateuco non è stato tutto scritto personalmente da Mosè, alla maniera dei profeti, come, ad esempio, il libro di Geremia; perché questi scrissero ciò che JHWH voleva, sotto ispirazione della Persona dello Spirito Santo (In Ebraico ruah, femminile).
Da un’attenta e continua lettura del testo della Torah, si ha quasi l’impressione dell’esistenza di un narratore esterno, rispetto alla descrizione dei fatti, o alla annotazione delle rivelazioni divine affidata al mediatore Mosè.
Un narratore ignoto, che non sembra essere il Mosè «scrittore» e avente la capacità di leggere nel profondo il cuore dell’uomo.
Questo si nota nella struttura della narrazione.
Altre volte, emerge in modo chiaro che Mosè agisca da profeta: come voce di JHWH, come voce della Parola di Dio. Il testo lo evidenzia in modo netto. Mosè
non è «profeta», secondo quanto dice l’Eterno; perché è detto esplicitamente che il profeta ha visioni e sogni, inoltre, l’Eterno parla al profeta per Non così per Mosè. Leggiamo che con Mosè JHWH parla «bocca a bocca» (Numeri 12:8; Esodo 33:11; Deuteronomio 34:10).
Espressioni come: «L’eterno parlò a Mosè» o «L’Eterno disse a Mosè», si trovano almeno 90 volte; esse sembrano precludere l’idea che Mosè non fosse il redattore del testo.
Alcune di queste espressioni si trovano in Esodo 13:1 - 14:1 - 16:11. Levitico 6:1 - 16:1.
Torre di Babele, dipinto di Pieter Bruegel del 1563
Se Mosè fosse stato l’autore in prima persona del Pentateuco, avrebbe scritto: «L’Eterno mi disse», o «La parola dell’Eterno mi fu rivolta» (Ezechiele 21:1) e «Così mi ha detto l’Eterno» (Geremia 17:9).
Altre espressioni come: «Poi Mosè fece» (Levitico 8:24), o «Quindi Mosè fece» (Levitico 8:6), confermano che il redattore fosse un altro.
Ci si può lasciare ingannare dal fatto che l’uso della terza persona è normale nella Torah ma, come molti studiosi fanno notare, dato
che in ebraico non esiste il «plurale di maestà», ciò che per noi è normale, diventa significativo.
Quando leggiamo che l’Eterno ordina a Mosè di scrivere (Esodo 17:14; 24:4; 34:27. Deuteronomio 31:9; 31:22), comprendiamo che Mosè fungesse da tramite, ma non sempre da autore.
Se leggiamo tutto di seguito, soprattutto i libri Esodo, Levitico e Numeri, ci rendiamo conto che qualcun altro sta descrivendo gli avvenimenti relativi al popolo di Israele. La preghiera che Mosè rivolge a JHWH, può essere rivelatrice al riguardo:«“Ciò nonostante ora, ti prego, perdona il loro peccato; se no deh, cancellami dal tuo libro che hai scritto!”
Ma l’Eterno rispose a Mosè: “Colui che ha peccato contro di me, quello cancellerò dal mio libro!”» (Esodo 32:32-33)
Difficile sapere a quale libro Mosè potesse riferirsi, anche perché non aveva la conoscenza dell’apostolo Giovanni il quale nell’Apocalisse parla di un libro di Dio, ma la spiegazione più logica è che si riferisse a un libro il quale vedeva scrivere da JHWH. Quale poteva essere, se non parte del libro del Pentateuco?
Prendiamo in esame la singolarità della Torah. Al capitolo 20, in Esodo, JHWH si rivela a Mosè. «Allora DIO pronunziò tutte queste parole, dicendo: “Io sono JHWH, il tuo DIO”, che ti ha fatto uscire dal paese d’Egitto, dalla casa di schiavitù…»
In questo capitolo, JHWH dà i dieci comandamenti e, in seguito, tutta una serie di leggi. JHWH rivela, in prima
persona, tutte le cose che vuole riferire al Suo servo. Poi, se si segue il discorso, mai interrotto, ci si accorge che JHWH
parla in terza persona di… Elohim.
Altre volte, troviamo l’aggiunta «… e dì loro…» «… allora il suo padrone lo farà avvicinare a DIO e lo farà accostare alla porta o allo stipite; quindi il suo padrone gli forerà l’orecchio con un punteruolo; ed egli lo servirà per sempre» (Esodo 21:6)
«Se però non gli ha teso alcun agguato, ma DIO glielo ha fatto
cadere in mano, io ti assegnerò un luogo dove egli possa rifugiarsi» (Esodo 21:13)
Come possiamo notare, se ci atteniamo prettamente al testo, senza far ricorso a dottrine o interpretazioni, magari giuste, ma, certamente, «umane» o di scuola, la Scrittura è alquanto eloquente: JHWH parla, per bocca di Mosè, riferendosi all’Elohim.
Non solo. Da questo punto della redazione in poi, fino alla fine di Numeri, siamo di fronte ad un unico discorso dell’Eterno, scandito fra la prima e la terza persona; fra JHWH e Elohim e, ancora, un non meglio identificato Signore (nome comune).
Ciò è talmente macroscopico che, come avviene talvolta quando le cose sono troppo evidenti, non ce ne accorgiamo, se non stiamo attenti al testo letto consecutivamente; ma non possiamo di certo concederci una interpretazione, che vada oltre il testo.
È significativo anche il brano di Esodo 23:14-21, nel quale è sempre JHWH che parla.
«Tre volte all’anno mi celebrerai una festa. Osserverai la festa
degli azzimi. Per sette giorni mangerai pane senza lievito, come ti ho ordinato al tempo stabilito nel mese di Abib, perché in quello tu uscisti dall’Egitto; e nessuno comparirà davanti a me a mani vuote.
Osserverai anche la festa della mietitura. delle primizie del tuo lavoro, di quello che hai seminato nei campi; e la festa della raccolta. alla fine dell’anno quando raccoglierai dai campi i frutti del tuo lavoro.
Tre volte all’anno tutti i tuoi maschi compariranno davanti al Signore, l’Eterno.
Non offrirai il sangue della mia vittima col pane lievitato; e il grasso dei sacrifici della mia festa non rimarrà fino al mattino. Porterai alla casa dell’Eterno, il tuo DIO, le primizie dei primi frutti della terra.
Non cuocerai il capretto nel latte di sua madre. Ecco, io mando un Angelo davanti a te per vegliare su di te lungo la via, e per farti entrare nel luogo che ho preparato.
Stai attento davanti a lui e ubbidisci alla sua voce; non ribellarti a lui, perché egli non perdonerà le vostre trasgressioni, poiché il mio nome è in lui.»
JHWH parla in modo tale da contemplare nel discorso un altro soggetto di natura divina, pur dichiarando che Dio sia l’Unico Signore! Chi legge, è obbligato a considerare almeno due soggetti: JHWH e Dio.
L’alternanza fra la prima e la seconda persona non è casuale.
Consideriamo Esodo 24:1-2.
«Poi Dio disse a Mosè: Sali all’Eterno, tu ed Aaronne, Nadab e Abihu e settanta degli anziani d’Israele, e adorate da lontano; poi Mosè si avvicinerà all’Eterno; ma gli altri non si avvicineranno, né salirà il popolo con lui»
Il testo è realmente strano, ma molto chiaro se teniamo conto delle considerazioni di prima. Come si può spiegare il passaggio repentino dalla prima alla terza persona? La cosa non può passare inosservata.
Riscontriamo lo stesso schema redazionale in Esodo 30:11-12.
«L’Eterno parlò ancora a Mosè, dicendo: Quando farai il conto dei figli d’Israele, per il loro censimento, ognuno di essi darà all’Eterno il riscatto della propria vita, quando saranno contati, perché non siano colpiti da qualche piaga, quando farai il loro censimento»
L’Eterno ordina di dare un riscatto all’Eterno.
Nel prossimo studio parleremo ancora di versi come questi citati.
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