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La pluri personalità nella Divinità (3°parte)

La pluralità nella Torah


Abbiamo un altro testo importante, in Esodo 33:18-19.

«Allora Mosè disse: Deh!, fammi vedere la tua gloria! L’Eterno gli rispose: Io farò passare davanti a te tutta la mia bontà e proclamerò il nome dell’Eterno davanti a te. Farò grazia a chi farò grazia e avrò pietà di chi avrò pietà»

In questo brano epifanico, la differenza è evidentissima, perché è JHWH a rispondere a Mosè, che Gli ha chiesto di manifestarsi. Egli risponde che proclamerà il Nome… di JHWH, quasi si trattasse di una terza persona! È da notare che JHWH si sta esprimendo in prima persona singolare  (Io!), ma conclude la teofania in terza persona! Si potrebbe pensare che, parlare di se stessi in terza persona, sia questione di cultura del popolo d’Israele, ma l’Eterno si pronuncia anche in prima persona. (vedi Levitico 7:14; 23:1 e 10; 25:118, 42, 54. Tutto il capitolo 26)

«L’Eterno parlò ancora a Mosè, dicendo: “Di’ ad Aaronne e ai suoi figli che si astengano dalle cose sante a me consacrate dai figli d’Israele e non profanino il mio santo nome. Io sono
l’Eterno. Di’ loro: Qualunque uomo della vostra stirpe che nelle future generazioni si avvicinerà in stato di impurità alle cose sante che i figli d’Israele consacrano all’Eterno, sarà sterminato dalla mia presenza. Io sono l’Eterno”» (Levitico 22:1-3)

«I sacerdoti osserveranno dunque ciò che ho comandato, altrimenti porteranno la pena del loro peccato e moriranno per aver profanato le cose sante. Io sono l’Eterno che li santifico» (Levitico 22:9)

Tutto il libro del Levitico si presenta in questa forma. È JHWH che parla in prima persona riferendosi a JHWH, o a Elohim in terza persona.

Nel capitolo 22, troviamo l’ordine di «offrire all’Eterno» per tre volte (versetti 22, 24, 29), al quale fa seguito la seguente conclusione: «Osserverete dunque i miei comandamenti e li metterete in pratica.

Io sono l’Eterno. Non profanerete il mio santo nome, ma sarò santificato in mezzo ai figli d’Israele. Io sono l’Eterno che vi santifico, che vi ha fatto uscire dal paese d’Egitto per essere vostro DIO. Io sono l’Eterno» (Levitico 22:31-33)

Qualcuno ha fatto notare che nel libro del Levitico abbiamo 310 citazioni di JHWH, ma non è mai citato né Elohim, né Adonaj. Questa peculiarità potrà essere un ulteriore tema di studio.

Leggiamo ancora nel libro Numeri.

«L’Eterno parlò ancora a Mosè e ad Aaronne, dicendo: “Questo è lo statuto della legge che l’Eterno ha comandato, dicendo: Di’ ai figli d’Israele che ti portino una giovenca rossa, senza macchia, senza difetti, e su cui non è mai stato posto alcun giogo”» (Numeri 19:1-2)

«Poiché io do come eredità ai Leviti le decime che i figli d’Israele presenteranno all’Eterno come offerta elevata; per questo ho detto loro: “Non avranno alcuna eredità tra i figli d’Israele”» (Numeri 18:24)

«L’Eterno parlò ancora a Mosè, dicendo: “Da’ quest’ordine ai figli d’Israele e di’ loro: Avrete cura di presentarmi al tempo stabilito la mia offerta, il cibo dei miei sacrifici fatti col fuoco, come odore soave a me”. E dirai loro: “Questo è il sacrificio fatto col fuoco, che offrirete all’Eterno: due agnelli al giorno di un anno senza difetti, come olocausto perpetuo”» (Numeri 28:2-3)

«Allora l’Eterno scese in una colonna di nuvola, si fermò all’ingresso della tenda e chiamò Aaronne e Miriam; ambedue si fecero avanti. L’Eterno quindi disse: “Ascoltate ora le mie parole!

Se vi è tra di voi un profeta, io, l’Eterno, mi faccio conoscere a lui in visione, parlo con lui in sogno. Ma non così con il mio servo Mosè, che è fedele in tutta la mia casa. Con lui io parlo faccia a faccia, facendomi vedere, e non con detti oscuri; ed egli contempla la sembianza dell’Eterno. Perché dunque non avete temuto di parlare contro il mio servo, contro Mosè?”» (Numeri 12:5-8)

Quest’ultimo versetto è di un’evidenza macroscopica. È l’Eterno a riprendere Maria e Aaronne, dicendo che Mosè vede la sembianza di JHWH.

Come interpretare la testimonianza di JHWH, riferita a Mosè, il quale parlava «con lui a faccia a faccia facendosi vedere»? È una espressione simbolica, o reale? Quando Mosè parlava con JHWH, Lo vedeva veramente faccia a faccia? Tenendo presente che «l’Eterno parlava con Mosè faccia a faccia, come un uomo parla col proprio amico» (Esodo 33:11) e considerando che, nella lingua originale, l’espressione «faccia a faccia» è la stessa usata in relazione all’episodio nel quale Sedekia parla con il re di Babilonia (Geremia 32:4), essa deve essere considerata in senso letterale.

Quando considereremo l’antropomorfismo di JHWH, svaniranno i dubbi sull’interpretazione di tale affermazione.

Di fronte a questa struttura della Torah, non rimane che accettare la realtà dell’esistenza di una pluralità in seno alla Divinità d’Israele. 

Abbiamo rimarcato abbastanza la stranezza del periodare del redattore riguardo al soggetto Dio, utilizzando la prima persona e/o la terza persona. Non possiamo esaminare tutta la Torah, perché ciò porterebbe via molto spazio, perciò termineremo qui le nostre valutazioni.

Alla fine di questo studio, qualcuno potrebbe far notare che anche nel nostro linguaggio usiamo espressioni simili a quella della Torah. 

Un padre dice al figlioletto: «Il papà domani andrà a lavorare.» Il padre usa la terza persona per parlare di se stesso. Valutazione più che giusta, ma ciò non fa che confermare ciò che abbiamo considerato. Rivolgendosi al figlio, il padre si rivela non mediante il proprio nome, ma tramite il termine che ne determina la funzione nella relazione con il figlio; come JHWH, parlando di se stesso, afferma d’essere Dio. 

Se poi il vocabolo che rivela JHWH non fosse rivolto a se stesso, ma a qualcun altro, essendo quest’ulteriore soggetto definito a sua volta Dio, avremmo una più evidente dimostrazione dell’esistenza di una pluripersonalità nel divino.






Sezione del Pentateuco in ebraicoBritish Library Oriental MS. 4.445, contenente la Massorah Magna e Parva. Questo passo contiene Esodo20:1-5.





La struttura dei dialoghi nella Torah non può essere paragonata al plurale majestatis, perché questo è posteriore di almeno milleduecento anni ai dialoghi narrati dalla Torah. Poiché questa struttura è rappresentata dalla prima persona 
plurale usata, in luogo della prima singolare, da personalità
di grande importanza nei discorsi ufficiali, qualcuno potrebbe correttamente far notare che non esista personalità di grado maggiore a Dio stesso; ma il fattore storico non può assolutamente essere sottovalutato perché gli studiosi annotano la presenza dell’uso di tale forma grammaticale già
nell’antica Roma, ma non parlano di tempi antecedenti. 

Considerato che la fondazione della città eterna risale circa al 509 a.C., mentre l’esodo del popolo ebraico guidato da Mosè e la successiva elargizione del decalogo da parte di JHWH avvennero circa nel 1290 a.C., si evince in modo tangibile
l’impossibilità dell’impiego di una tale struttura grammaticale nel pentateuco.

Non abbiamo preso in esame nessun passo del libro della Genesi. Due soli versetti, possono fare da cornice alle nostre riflessioni. «E l’Eterno disse: “Celerò io ad Abrahamo quello che sto per fare poiché Abrahamo deve diventare una nazione grande e potente e in lui saranno benedette tutte le nazioni della terra? Io infatti l’ho scelto, perché ordini ai suoi figli e alla sua casa dopo di lui di seguire la via dell’Eterno, mettendo in pratica la giustizia e l’equità, perché l’Eterno possa compiere per Abrahamo ciò che gli ha promesso”» (Genesi 18:17-19)

«Allora l’Eterno fece piovere dal cielo su Sodoma e Gomorra zolfo e fuoco, da parte dell’Eterno» (Genesi 19:24)
Il redattore nella Genesi descrive gli eventi di JHWH, attribuendoli ad un altro, a… JHWH. JHWH è sia il mandante sia l’esecutore dei fatti.

Questo particolare, apparentemente oscuro, non deve sfuggirci, perché troveremo chiarezza quando studieremo la presenza di Cristo nell’Antico Patto.

La struttura della Torah, invece, oltre a recepire quest’aspetto, inserisce in Esodo, Levitico, Numeri, un altro soggetto plurale che è Elohim.

Senza questa chiara prospettiva, non è possibile comprendere le Scritture del popolo ebraico e la pluripersonalità della Deità dei cristiani.

Dopo queste considerazioni, continuiamo l’avvincente ricerca sul testo biblico, consapevoli che la lettura sarà ricca di chiarezza e di nuove prospettive teologiche e spirituali.

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