Queste riflessioni mettono in evidenza che la fede dei cristiani non sia nata duemila anni fa; e che neppure sia così illogica, come sostengono gli oppositori.
Nel mondo, tre sono le religioni monoteiste accomunate da un’unica origine: l’Ebraica, l’Islamica, e la Cristiana. Mentre la religione Ebraica e quella Islamica professano un monoteismo assoluto, i Cristiani professano un monoteismo plurale: credono, sì, in un unico Dio, ma in Tre Persone,uguali e distinte.
Per comprendere la differenza tra monoteismo assoluto e monoteismo plurale, possiamo prendere ad esempio la differenza che passa tra una mela e un grappolo d’uva.
Quando parliamo di una mela, abbiamo l’idea di una singola cosa; mentre, evocando l’immagine di un grappolo d’uva, abbiamo sì l’immagine di una singola cosa, ma composta di tanti acini.
È evidente che ogni esempio teso a far comprendere la Natura del Dio trino sia limitato, perché in natura, nulla è paragonabile all’unità di Dio; però, l’esempio della mela e del grappolo d’uva rende l’idea, che in natura esistano l’unità assoluta e l’unità composta.
Da dove è nata l’idea dei cristiani di credere in un unico Dio, in Tre Persone coessenziali, consustanziali e coeterne? Dalla fede Ebraica professata dagli ebrei, i quali, tuttavia e tuttora, continuano a professare un monoteismo assoluto.
Non poteva essere diversamente, perché la fede cristiana è l’unica fede traente le proprie radici in un’altra fede: l’ebraica.Perciò, la fede dei cristiani non è nata duemila anni fa, ma essa è il proseguimento della fede Ebraica.
Non dobbiamo dimenticare che Gesù e gli Apostoli fossero ebrei ed essi non avrebbero mai creduto ad una fede che non fosse quella rivelata ai Padri.
Essi non avrebbero mai rinnegato la fede in JHWH, il loro Dio; fede che si perdeva nella notte dei tempi.
Predicando un’altra fede, Gesù e gli Apostoli avrebbero voluto affermare che la fede dei loro Padri fosse sbagliata. Non rimane che accettare la fede Cristiana come la prosecuzione e il compimento della fede Ebraica.
Il termine «polideità» è stato coniato per esprimere una molteplicità numerica (di Persone uguali come natura, ma distinte come Persone) nelle relazioni in seno alla Deità (la Natura unica di Dio), in altre parole, una pluripersonalità nella Divinità.
Il termine rivela una molteplicità e una vita comunitaria, nell’unico Dio. Come abbiamo considerato, due dei tre nomi della Divinità di Israele, Elohim e Adonaj, sono plurali. Grammaticalmente, Elohim è plurale in ebraico; ed essendo tale, si dovrebbe tradurre letteralmente «Dii».
In effetti, quando è riferita ad una divinità straniera, i traduttori hanno reso la parola Elohim al plurale, cioè con dèi.
Se osserviamo bene, questa specie di «plurale majestatis» ha dell’incredibile in una realtà di assoluto monoteismo; ammesso che, al momento della redazione dei testi, si avesse il concetto di assoluto monoteismo.
Del resto, i traduttori, compreso il Diodati, hanno dato davvero poca importanza alla forma plurale nella lingua ebraica, forse per l’imbarazzo che ne provavano.
Un esempio, lo troviamo in Esodo 33:14-15, quando leggiamo in italiano «L’Eterno rispose: “La mia presenza andrà con te, e ti darò riposo”. Mosè allora gli disse: “Se la tua presenza non viene con me, non farci partire di qui.”» Mentre l’interlineare ebraico rende: «E disse: “Facce mie cammineranno e darò riposo a te”. E disse a lui: “Se non facce tue camminanti non far salire noi da qui.”» E ancora: «.. poi ritirerò palmo mio e vedrai spalle mie, ma facce mie non si potranno vedere.»«Non farai alleanza alcuna con loro, né coi loro dei [Elohim]…tu serviresti ai loro dei [Elohim] e questo ti sarebbe un laccio» (Esodo 23:32-33) «Chi sacrifica ad altri dei [agli Elohim], all’infuori del solo Eterno, sarà sterminato» (Esodo 22:20)Troviamo il termine Elohim nel primo versetto della Bibbia.«Nel principio Dio [Elohim - Divinità, autorità] creò i cieli e la terra
La Stele di Mesha riporta il primo riferimento (840 p.e.v.) al Dio Israelita Yahweh
Se poi pensiamo che già nel primo versetto della Bibbia troviamo un soggetto plurale il cui verbo di riferimento è coniugato al singolare, possiamo immaginare l’imbarazzo di chi non voglia considerare la possibilità di un Dio pluripersonale, visto che non si tratta, ovviamente, di un errore.
Vi sono varie interpretazioni di questo versetto; ma nessuna di queste è soddisfacente perché tutte creano più problemi di quanti ne risolvano.Dobbiamo rimarcare un dato che proviene dalla filologia e confermante la pluripersonalità in seno all’unica Divinità d’Israele.
Nella Bibbia ebraica, la definizione del nome della Divinità è espressa in prima persona ’ehyeh asher ehyeh. La LXX rende l’espressione con: «Io Sono l’esistente».
Alcuni studiosi hanno avanzato l’ipotesi che la formula fosse originariamente in terza persona e recitasse Ehyeh o Jahweh col verbo hawah, forma arcaica del verbo «essere», cioè «Noi siamo quello che siamo.»(Esodo 33:23). A prima vista, JHWH usa un plurale senza senso o inadatto, ma questa deduzione non è possibile.
Prima di tutto, perché usa anche il verbo in prima persona («toglierò palmo mio»), poi, come prenderemo in esame, è più che appropriato perché quando Mosè chiederà in seguito di vederNe la gloria, JHWH risponderà nello stesso modo e, cioè, che non era possibile.
Infatti, è la pluralità di Dio (palesata nell’espressione «facce mie») che nessuno ha mai visto (Giovanni 1:18; 1Giovanni 4:12), ma non la persona di JHWH.La stessa pluralità preceduta da un verbo in prima persona, si trova nella Bibbia interlineare anche nel cantico che JHWH ha insegnato a Mosè, al capitolo 32: «Guardate ora ché io, io Egli, e non elohim con me».
In questo caso il Diodati rende «Ora vedete che io, io sono Lui, e che non vi è altro Dio accanto a me». (Deuteronomio 32:39) Senza una rivelazionetrinitaria e senza la rivelazione delle due Nature di Cristo, come si può capire ciò che si legge?Proprio perché vi è una pluripersonalità nell’unica Divinità d’Israele, anche in seguito, troviamo espressioni in forma plurale, riferite all’unico Dio.«Poi DIO disse:
“Facciamo l’uomo a nostra immagine e a nostra somiglianza, ed abbia dominio sui pesci del mare, sugli uccelli del cielo, sul bestiame e su tutta la terra, e su tutti i rettili che strisciano sulla terra” Così DIO creò l’uomo a sua immagine; lo creò a immagine di DIO; li creò maschio e femmina» (Genesi 1:26-27)È l’Elohim, la Deità, che dichiara di creare «l’uomo»; e anche che per poterlo creare simile a se stesso Egli deve crearlo maschio e femmina, cioè una pluralità di personalità.
Subito dopo, apprendiamo che l’autore materiale di questa pluralità, è JHWH: «L’Eterno Dio formò [plasmò] l’uomo...» (Genesi 2:7). Questa espressione, mette in evidenza che non è stato Dio, cioè l’Elohim, a creare l’uomo (idea alimentata dalla errata traduzione «Dio il SIGNORE formò l’uomo»), ma JHWH quale Dio.
L’affermazione «DIO creò l’uomo a sua immagine; lo creò a immagine di DIO», va intesa così «JHWH creò l’uomo a sua immagine, lo creò a immagine della Divinità.» Questo particolare, in seguito ci servirà per comprendere il messaggio del vangelo.
La pluralità di Dio è evidente nella trasgressione di Adamo.«E l’Eterno DIO disse: “Ecco, l’uomo è divenuto come uno di noi, perché conosce il bene e il male”» (Genesi 3:22) Con la trasgressione, l’uomo è diventato come uno dei componentidella plurisoggettività dell’Elohim; conseguentemente a tale condizione, era consapevole del bene e del male.
La polideità di Dio è indiscussa nell’episodio della torre di Babele.«Ma l’Eterno discese per vedere la città e la torre che i figli degli uomini stavano costruendo. E l’Eterno disse: “Ecco, essi sono un solo popolo e hanno tutti la medesima lingua; e questo è quanto essi hanno cominciato a fare; ora nulla impedirà loro di condurre a termine ciò che intendono fare. Orsù, scendiamo laggiù e confondiamo la loro lingua, affinché l’uno non comprenda più il parlare dell’altro.” Così l’Eterno li disperse di là sulla faccia di tutta la terra, ed essi cessarono di costruire la città» (Genesi11:5-7)Nel racconto della torre di Babele, abbiamo la stessa peculiarità grammaticale. Nella sua pluralità, Elohim, nella Persona di JHWH, scende e confonde gli uomini.Troviamo la pluralità di Dio anche alla chiamata di Isaia.«Poi udii la voce del Signore che diceva: “Chi manderò e chi andrà per noi?.” Io risposi: “Eccomi, manda me!”» (Isaia 6:8)Una delle tre Persone che sussistono nella pluralità Divina, si chiede chi avrebbe mandato per tutti.
Ormai, non vi sono dubbi: il termine Elohim non è solo il plurale di un nome; esso esprime realmente una molteplicità presente in seno alla Divinità rivelatasi al popolo dell’Eterno.
La pluripersonalità dell’Elohim, non è evidente solo nelle sue affermazioni, ma anche nei primi cinque libri della legge, la Torah; essendone JHWH stesso, in gran parte, l’autore.
Questo sarà il prossimo argomento che tratteremo.
Nel mondo, tre sono le religioni monoteiste accomunate da un’unica origine: l’Ebraica, l’Islamica, e la Cristiana. Mentre la religione Ebraica e quella Islamica professano un monoteismo assoluto, i Cristiani professano un monoteismo plurale: credono, sì, in un unico Dio, ma in Tre Persone,uguali e distinte.
Per comprendere la differenza tra monoteismo assoluto e monoteismo plurale, possiamo prendere ad esempio la differenza che passa tra una mela e un grappolo d’uva.
Quando parliamo di una mela, abbiamo l’idea di una singola cosa; mentre, evocando l’immagine di un grappolo d’uva, abbiamo sì l’immagine di una singola cosa, ma composta di tanti acini.
È evidente che ogni esempio teso a far comprendere la Natura del Dio trino sia limitato, perché in natura, nulla è paragonabile all’unità di Dio; però, l’esempio della mela e del grappolo d’uva rende l’idea, che in natura esistano l’unità assoluta e l’unità composta.
Da dove è nata l’idea dei cristiani di credere in un unico Dio, in Tre Persone coessenziali, consustanziali e coeterne? Dalla fede Ebraica professata dagli ebrei, i quali, tuttavia e tuttora, continuano a professare un monoteismo assoluto.
Non poteva essere diversamente, perché la fede cristiana è l’unica fede traente le proprie radici in un’altra fede: l’ebraica.Perciò, la fede dei cristiani non è nata duemila anni fa, ma essa è il proseguimento della fede Ebraica.
Non dobbiamo dimenticare che Gesù e gli Apostoli fossero ebrei ed essi non avrebbero mai creduto ad una fede che non fosse quella rivelata ai Padri.
Essi non avrebbero mai rinnegato la fede in JHWH, il loro Dio; fede che si perdeva nella notte dei tempi.
Predicando un’altra fede, Gesù e gli Apostoli avrebbero voluto affermare che la fede dei loro Padri fosse sbagliata. Non rimane che accettare la fede Cristiana come la prosecuzione e il compimento della fede Ebraica.
Il termine «polideità» è stato coniato per esprimere una molteplicità numerica (di Persone uguali come natura, ma distinte come Persone) nelle relazioni in seno alla Deità (la Natura unica di Dio), in altre parole, una pluripersonalità nella Divinità.
Il termine rivela una molteplicità e una vita comunitaria, nell’unico Dio. Come abbiamo considerato, due dei tre nomi della Divinità di Israele, Elohim e Adonaj, sono plurali. Grammaticalmente, Elohim è plurale in ebraico; ed essendo tale, si dovrebbe tradurre letteralmente «Dii».
In effetti, quando è riferita ad una divinità straniera, i traduttori hanno reso la parola Elohim al plurale, cioè con dèi.
Se osserviamo bene, questa specie di «plurale majestatis» ha dell’incredibile in una realtà di assoluto monoteismo; ammesso che, al momento della redazione dei testi, si avesse il concetto di assoluto monoteismo.
Del resto, i traduttori, compreso il Diodati, hanno dato davvero poca importanza alla forma plurale nella lingua ebraica, forse per l’imbarazzo che ne provavano.
Un esempio, lo troviamo in Esodo 33:14-15, quando leggiamo in italiano «L’Eterno rispose: “La mia presenza andrà con te, e ti darò riposo”. Mosè allora gli disse: “Se la tua presenza non viene con me, non farci partire di qui.”» Mentre l’interlineare ebraico rende: «E disse: “Facce mie cammineranno e darò riposo a te”. E disse a lui: “Se non facce tue camminanti non far salire noi da qui.”» E ancora: «.. poi ritirerò palmo mio e vedrai spalle mie, ma facce mie non si potranno vedere.»«Non farai alleanza alcuna con loro, né coi loro dei [Elohim]…tu serviresti ai loro dei [Elohim] e questo ti sarebbe un laccio» (Esodo 23:32-33) «Chi sacrifica ad altri dei [agli Elohim], all’infuori del solo Eterno, sarà sterminato» (Esodo 22:20)Troviamo il termine Elohim nel primo versetto della Bibbia.«Nel principio Dio [Elohim - Divinità, autorità] creò i cieli e la terra
La Stele di Mesha riporta il primo riferimento (840 p.e.v.) al Dio Israelita Yahweh
Se poi pensiamo che già nel primo versetto della Bibbia troviamo un soggetto plurale il cui verbo di riferimento è coniugato al singolare, possiamo immaginare l’imbarazzo di chi non voglia considerare la possibilità di un Dio pluripersonale, visto che non si tratta, ovviamente, di un errore.
Vi sono varie interpretazioni di questo versetto; ma nessuna di queste è soddisfacente perché tutte creano più problemi di quanti ne risolvano.Dobbiamo rimarcare un dato che proviene dalla filologia e confermante la pluripersonalità in seno all’unica Divinità d’Israele.
Nella Bibbia ebraica, la definizione del nome della Divinità è espressa in prima persona ’ehyeh asher ehyeh. La LXX rende l’espressione con: «Io Sono l’esistente».
Alcuni studiosi hanno avanzato l’ipotesi che la formula fosse originariamente in terza persona e recitasse Ehyeh o Jahweh col verbo hawah, forma arcaica del verbo «essere», cioè «Noi siamo quello che siamo.»(Esodo 33:23). A prima vista, JHWH usa un plurale senza senso o inadatto, ma questa deduzione non è possibile.
Prima di tutto, perché usa anche il verbo in prima persona («toglierò palmo mio»), poi, come prenderemo in esame, è più che appropriato perché quando Mosè chiederà in seguito di vederNe la gloria, JHWH risponderà nello stesso modo e, cioè, che non era possibile.
Infatti, è la pluralità di Dio (palesata nell’espressione «facce mie») che nessuno ha mai visto (Giovanni 1:18; 1Giovanni 4:12), ma non la persona di JHWH.La stessa pluralità preceduta da un verbo in prima persona, si trova nella Bibbia interlineare anche nel cantico che JHWH ha insegnato a Mosè, al capitolo 32: «Guardate ora ché io, io Egli, e non elohim con me».
In questo caso il Diodati rende «Ora vedete che io, io sono Lui, e che non vi è altro Dio accanto a me». (Deuteronomio 32:39) Senza una rivelazionetrinitaria e senza la rivelazione delle due Nature di Cristo, come si può capire ciò che si legge?Proprio perché vi è una pluripersonalità nell’unica Divinità d’Israele, anche in seguito, troviamo espressioni in forma plurale, riferite all’unico Dio.«Poi DIO disse:
“Facciamo l’uomo a nostra immagine e a nostra somiglianza, ed abbia dominio sui pesci del mare, sugli uccelli del cielo, sul bestiame e su tutta la terra, e su tutti i rettili che strisciano sulla terra” Così DIO creò l’uomo a sua immagine; lo creò a immagine di DIO; li creò maschio e femmina» (Genesi 1:26-27)È l’Elohim, la Deità, che dichiara di creare «l’uomo»; e anche che per poterlo creare simile a se stesso Egli deve crearlo maschio e femmina, cioè una pluralità di personalità.
Subito dopo, apprendiamo che l’autore materiale di questa pluralità, è JHWH: «L’Eterno Dio formò [plasmò] l’uomo...» (Genesi 2:7). Questa espressione, mette in evidenza che non è stato Dio, cioè l’Elohim, a creare l’uomo (idea alimentata dalla errata traduzione «Dio il SIGNORE formò l’uomo»), ma JHWH quale Dio.
L’affermazione «DIO creò l’uomo a sua immagine; lo creò a immagine di DIO», va intesa così «JHWH creò l’uomo a sua immagine, lo creò a immagine della Divinità.» Questo particolare, in seguito ci servirà per comprendere il messaggio del vangelo.
La pluralità di Dio è evidente nella trasgressione di Adamo.«E l’Eterno DIO disse: “Ecco, l’uomo è divenuto come uno di noi, perché conosce il bene e il male”» (Genesi 3:22) Con la trasgressione, l’uomo è diventato come uno dei componentidella plurisoggettività dell’Elohim; conseguentemente a tale condizione, era consapevole del bene e del male.
La polideità di Dio è indiscussa nell’episodio della torre di Babele.«Ma l’Eterno discese per vedere la città e la torre che i figli degli uomini stavano costruendo. E l’Eterno disse: “Ecco, essi sono un solo popolo e hanno tutti la medesima lingua; e questo è quanto essi hanno cominciato a fare; ora nulla impedirà loro di condurre a termine ciò che intendono fare. Orsù, scendiamo laggiù e confondiamo la loro lingua, affinché l’uno non comprenda più il parlare dell’altro.” Così l’Eterno li disperse di là sulla faccia di tutta la terra, ed essi cessarono di costruire la città» (Genesi11:5-7)Nel racconto della torre di Babele, abbiamo la stessa peculiarità grammaticale. Nella sua pluralità, Elohim, nella Persona di JHWH, scende e confonde gli uomini.Troviamo la pluralità di Dio anche alla chiamata di Isaia.«Poi udii la voce del Signore che diceva: “Chi manderò e chi andrà per noi?.” Io risposi: “Eccomi, manda me!”» (Isaia 6:8)Una delle tre Persone che sussistono nella pluralità Divina, si chiede chi avrebbe mandato per tutti.
Ormai, non vi sono dubbi: il termine Elohim non è solo il plurale di un nome; esso esprime realmente una molteplicità presente in seno alla Divinità rivelatasi al popolo dell’Eterno.
La pluripersonalità dell’Elohim, non è evidente solo nelle sue affermazioni, ma anche nei primi cinque libri della legge, la Torah; essendone JHWH stesso, in gran parte, l’autore.
Questo sarà il prossimo argomento che tratteremo.
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