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La pluri personalità nella Divinità (2°parte)

La pluralità di Dio nella Torah 

I primi cinque libri della Bibbia sono particolari. Non solo, citando i libri dell’Antico Patto essi sono nominati sempre per primi sia da Gesù sia dagli apostoli (Mat. 22:40 e Rom. 3:21), 
ma anche la loro struttura è veramente unica, nella letteratura religiosa. 

Ancora oggi, per gli israeliti, la Torah ha immensamente più valore di ogni altro scritto sacro, compresi i profeti e gli scritti «storici».

Dobbiamo mettere in discussione un’opinione comune: il Pentateuco non è stato tutto scritto personalmente da Mosè, alla maniera dei profeti, come, ad esempio, il libro di Geremia; perché questi scrissero ciò che JHWH voleva, sotto ispirazione della Persona dello Spirito Santo (In Ebraico ruah, femminile). 

Da un’attenta e continua lettura del testo della Torah, si ha quasi l’impressione dell’esistenza di un narratore esterno, rispetto alla descrizione dei fatti, o alla annotazione delle rivelazioni divine affidata al mediatore Mosè. 

Un narratore ignoto, che non sembra essere il Mosè «scrittore» e avente la capacità di leggere nel profondo il cuore dell’uomo. 

Questo si nota nella struttura della narrazione. 

Altre volte, emerge in modo chiaro che Mosè agisca da profeta: come voce di JHWH, come voce della Parola di Dio. Il testo lo evidenzia in modo netto. Mosè
non è «profeta», secondo quanto dice l’Eterno; perché è detto esplicitamente che il profeta ha visioni e sogni, inoltre, l’Eterno parla al profeta per Non così per Mosè. Leggiamo che con Mosè JHWH parla «bocca a bocca» (Numeri 12:8; Esodo 33:11; Deuteronomio 34:10).

Espressioni come: «L’eterno parlò a Mosè» o «L’Eterno disse a Mosè», si trovano almeno 90 volte; esse sembrano precludere l’idea che Mosè non fosse il redattore del testo. 

Alcune di queste espressioni si trovano in Esodo 13:1 - 14:1 - 16:11. Levitico 6:1 - 16:1. 


Torre di Babele, dipinto di Pieter Bruegel del 1563




Se Mosè fosse stato l’autore in prima persona del Pentateuco, avrebbe scritto: «L’Eterno mi disse», o «La parola dell’Eterno mi fu rivolta» (Ezechiele 21:1) e «Così mi ha detto l’Eterno» (Geremia 17:9). 

Altre espressioni come: «Poi Mosè fece» (Levitico 8:24), o «Quindi Mosè fece» (Levitico 8:6), confermano che il redattore fosse un altro. 

Ci si può lasciare ingannare dal fatto che l’uso della terza persona è normale nella Torah ma, come molti studiosi fanno notare, dato
che in ebraico non esiste il «plurale di maestà», ciò che per noi è normale, diventa significativo. 

Quando leggiamo che l’Eterno ordina a Mosè di scrivere (Esodo 17:14; 24:4; 34:27. Deuteronomio 31:9; 31:22), comprendiamo che Mosè fungesse da tramite, ma non sempre da autore.

Se leggiamo tutto di seguito, soprattutto i libri Esodo, Levitico e Numeri, ci rendiamo conto che qualcun altro sta descrivendo gli avvenimenti relativi al popolo di Israele. La preghiera che Mosè rivolge a JHWH, può essere rivelatrice al riguardo:«“Ciò nonostante ora, ti prego, perdona il loro peccato; se no deh, cancellami dal tuo libro che hai scritto!” 

Ma l’Eterno rispose a Mosè: “Colui che ha peccato contro di me, quello cancellerò dal mio libro!”» (Esodo 32:32-33)
Difficile sapere a quale libro Mosè potesse riferirsi, anche perché non aveva la conoscenza dell’apostolo Giovanni il quale nell’Apocalisse parla di un libro di Dio, ma la spiegazione più logica è che si riferisse a un libro il quale vedeva scrivere da JHWH. Quale poteva essere, se non parte del libro del Pentateuco?

Prendiamo in esame la singolarità della Torah. Al capitolo 20, in Esodo, JHWH si rivela a Mosè. «Allora DIO pronunziò tutte queste parole, dicendo: “Io sono JHWH, il tuo DIO”, che ti ha fatto uscire dal paese d’Egitto, dalla casa di schiavitù…»

In questo capitolo, JHWH dà i dieci comandamenti e, in seguito, tutta una serie di leggi. JHWH rivela, in prima
persona, tutte le cose che vuole riferire al Suo servo. Poi, se si segue il discorso, mai interrotto, ci si accorge che JHWH
parla in terza persona di… Elohim. 

Altre volte, troviamo l’aggiunta «… e dì loro…» «… allora il suo padrone lo farà avvicinare a DIO e lo farà accostare alla porta o allo stipite; quindi il suo padrone gli forerà l’orecchio con un punteruolo; ed egli lo servirà per sempre» (Esodo 21:6)

«Se però non gli ha teso alcun agguato, ma DIO glielo ha fatto
cadere in mano, io ti assegnerò un luogo dove egli possa rifugiarsi» (Esodo 21:13)

Come possiamo notare, se ci atteniamo prettamente al testo, senza far ricorso a dottrine o interpretazioni, magari giuste, ma, certamente, «umane» o di scuola, la Scrittura è alquanto eloquente: JHWH parla, per bocca di Mosè, riferendosi all’Elohim. 
Non solo. Da questo punto della redazione in poi, fino alla fine di Numeri, siamo di fronte ad un unico discorso dell’Eterno, scandito fra la prima e la terza persona; fra JHWH e Elohim e, ancora, un non meglio identificato Signore (nome comune). 

Ciò è talmente macroscopico che, come avviene talvolta quando le cose sono troppo evidenti, non ce ne accorgiamo, se non stiamo attenti al testo letto consecutivamente; ma non possiamo di certo concederci una interpretazione, che vada oltre il testo. 

È significativo anche il brano di Esodo 23:14-21, nel quale è sempre JHWH che parla.

«Tre volte all’anno mi celebrerai una festa. Osserverai la festa
degli azzimi. Per sette giorni mangerai pane senza lievito, come ti ho ordinato al tempo stabilito nel mese di Abib, perché in quello tu uscisti dall’Egitto; e nessuno comparirà davanti a me a mani vuote. 

Osserverai anche la festa della mietitura. delle primizie del tuo lavoro, di quello che hai seminato nei campi; e la festa della raccolta. alla fine dell’anno quando raccoglierai dai campi i frutti del tuo lavoro.

 Tre volte all’anno tutti i tuoi maschi compariranno davanti al Signore, l’Eterno.

 Non offrirai il sangue della mia vittima col pane lievitato; e il grasso dei sacrifici della mia festa non rimarrà fino al mattino. Porterai alla casa dell’Eterno, il tuo DIO, le primizie dei primi frutti della terra. 

Non cuocerai il capretto nel latte di sua madre. Ecco, io mando un Angelo davanti a te per vegliare su di te lungo la via, e per farti entrare nel luogo che ho preparato. 

Stai attento davanti a lui e ubbidisci alla sua voce; non ribellarti a lui, perché egli non perdonerà le vostre trasgressioni, poiché il mio nome è in lui.»

JHWH parla in modo tale da contemplare nel discorso un altro soggetto di natura divina, pur dichiarando che Dio sia l’Unico Signore! Chi legge, è obbligato a considerare almeno due soggetti: JHWH e Dio.

L’alternanza fra la prima e la seconda persona non è casuale.
Consideriamo Esodo 24:1-2.

«Poi Dio disse a Mosè: Sali all’Eterno, tu ed Aaronne, Nadab e Abihu e settanta degli anziani d’Israele, e adorate da lontano; poi Mosè si avvicinerà all’Eterno; ma gli altri non si avvicineranno, né salirà il popolo con lui»

Il testo è realmente strano, ma molto chiaro se teniamo conto delle considerazioni di prima. Come si può spiegare il passaggio repentino dalla prima alla terza persona? La cosa non può passare inosservata.

Riscontriamo lo stesso schema redazionale in Esodo 30:11-12.
«L’Eterno parlò ancora a Mosè, dicendo: Quando farai il conto dei figli d’Israele, per il loro censimento, ognuno di essi darà all’Eterno il riscatto della propria vita, quando saranno contati, perché non siano colpiti da qualche piaga, quando farai il loro censimento»

L’Eterno ordina di dare un riscatto all’Eterno.

Nel prossimo studio parleremo ancora di versi come questi citati.

La pluri personalità nella Divinità (1°parte)

Queste riflessioni mettono in evidenza che la fede dei cristiani non sia nata duemila anni fa; e che neppure sia così illogica, come sostengono gli oppositori.

Nel mondo, tre sono le religioni monoteiste accomunate da un’unica origine: l’Ebraica, l’Islamica, e la Cristiana. Mentre la religione Ebraica e quella Islamica professano un monoteismo assoluto, i Cristiani professano un monoteismo plurale: credono, sì, in un unico Dio, ma in Tre Persone,uguali e distinte. 

Per comprendere la differenza tra monoteismo assoluto e monoteismo plurale, possiamo prendere ad esempio la differenza che passa tra una mela e un grappolo d’uva. 

Quando parliamo di una mela, abbiamo l’idea di una singola cosa; mentre, evocando l’immagine di un grappolo d’uva, abbiamo sì l’immagine di una singola cosa, ma composta di tanti acini. 

È evidente che ogni esempio teso a far comprendere la Natura del Dio trino sia limitato, perché in natura, nulla è paragonabile all’unità di Dio; però, l’esempio della mela e del grappolo d’uva rende l’idea, che in natura esistano l’unità assoluta e l’unità composta.

Da dove è nata l’idea dei cristiani di credere in un unico Dio, in Tre Persone coessenziali, consustanziali e coeterne? Dalla fede Ebraica professata dagli ebrei, i quali, tuttavia e tuttora, continuano a professare un monoteismo assoluto. 

Non poteva essere diversamente, perché la fede cristiana è l’unica fede traente le proprie radici in un’altra fede: l’ebraica.Perciò, la fede dei cristiani non è nata duemila anni fa, ma essa è il proseguimento della fede Ebraica. 

Non dobbiamo dimenticare che Gesù e gli Apostoli fossero ebrei ed essi non avrebbero mai creduto ad una fede che non fosse quella rivelata ai Padri. 

Essi non avrebbero mai rinnegato la fede in JHWH, il loro Dio; fede che si perdeva nella notte dei tempi. 

Predicando un’altra fede, Gesù e gli Apostoli avrebbero voluto affermare che la fede dei loro Padri fosse sbagliata. Non rimane che accettare la fede Cristiana come la prosecuzione e il compimento della fede Ebraica.

Il termine «polideità» è stato coniato per esprimere una molteplicità numerica (di Persone uguali come natura, ma distinte come Persone) nelle relazioni in seno alla Deità (la Natura unica di Dio), in altre parole, una pluripersonalità nella Divinità. 

Il termine rivela una molteplicità e una vita comunitaria, nell’unico Dio. Come abbiamo considerato, due dei tre nomi della Divinità di Israele, Elohim e Adonaj, sono plurali. Grammaticalmente, Elohim è plurale in ebraico; ed essendo tale, si dovrebbe tradurre letteralmente «Dii». 

In effetti, quando è riferita ad una divinità straniera, i traduttori hanno reso la parola Elohim al plurale, cioè con dèi.

Se osserviamo bene, questa specie di «plurale majestatis» ha dell’incredibile in una realtà di assoluto monoteismo; ammesso che, al momento della redazione dei testi, si avesse il concetto di assoluto monoteismo.

Del resto, i traduttori, compreso il Diodati, hanno dato davvero poca importanza alla forma plurale nella lingua ebraica, forse per l’imbarazzo che ne provavano. 

Un esempio, lo troviamo in Esodo 33:14-15, quando leggiamo in italiano «L’Eterno rispose: “La mia presenza andrà con te, e ti darò riposo”. Mosè allora gli disse: “Se la tua presenza non viene con me, non farci partire di qui.”» Mentre l’interlineare ebraico rende: «E disse: “Facce mie cammineranno e darò riposo a te”. E disse a lui: “Se non facce tue camminanti non far salire noi da qui.”» E ancora: «.. poi ritirerò palmo mio e vedrai spalle mie, ma facce mie non si potranno vedere.»«Non farai alleanza alcuna con loro, né coi loro dei [Elohim]…tu serviresti ai loro dei [Elohim] e questo ti sarebbe un laccio» (Esodo 23:32-33) «Chi sacrifica ad altri dei [agli Elohim], all’infuori del solo Eterno, sarà sterminato» (Esodo 22:20)Troviamo il termine Elohim nel primo versetto della Bibbia.«Nel principio Dio [Elohim - Divinità, autorità] creò i cieli e la terra




La Stele di Mesha riporta il primo riferimento (840 p.e.v.) al Dio Israelita Yahweh



Se poi pensiamo che già nel primo versetto della Bibbia troviamo un soggetto plurale il cui verbo di riferimento è coniugato al singolare, possiamo immaginare l’imbarazzo di chi non voglia considerare la possibilità di un Dio pluripersonale, visto che non si tratta, ovviamente, di un errore.


Vi sono varie interpretazioni di questo versetto; ma nessuna di queste è soddisfacente perché tutte creano più problemi di quanti ne risolvano.Dobbiamo rimarcare un dato che proviene dalla filologia e confermante la pluripersonalità in seno all’unica Divinità d’Israele. 

Nella Bibbia ebraica, la definizione del nome della Divinità è espressa in prima persona ’ehyeh asher ehyeh. La LXX rende l’espressione con: «Io Sono l’esistente». 

Alcuni studiosi hanno avanzato l’ipotesi che la formula fosse originariamente in terza persona e recitasse Ehyeh o Jahweh col verbo hawah, forma arcaica del verbo «essere», cioè «Noi siamo quello che siamo.»(Esodo 33:23). A prima vista, JHWH usa un plurale senza senso o inadatto, ma questa deduzione non è possibile. 

Prima di tutto, perché usa anche il verbo in prima persona («toglierò palmo mio»), poi, come prenderemo in esame, è più che appropriato perché quando Mosè chiederà in seguito di vederNe la gloria, JHWH risponderà nello stesso modo e, cioè, che non era possibile. 

Infatti, è la pluralità di Dio (palesata nell’espressione «facce mie») che nessuno ha mai visto (Giovanni 1:18; 1Giovanni 4:12), ma non la persona di JHWH.La stessa pluralità preceduta da un verbo in prima persona, si trova nella Bibbia interlineare anche nel cantico che JHWH ha insegnato a Mosè, al capitolo 32: «Guardate ora ché io, io Egli, e non elohim con me».

 In questo caso il Diodati rende «Ora vedete che io, io sono Lui, e che non vi è altro Dio accanto a me». (Deuteronomio 32:39) Senza una rivelazionetrinitaria e senza la rivelazione delle due Nature di Cristo, come si può capire ciò che si legge?Proprio perché vi è una pluripersonalità nell’unica Divinità d’Israele, anche in seguito, troviamo espressioni in forma plurale, riferite all’unico Dio.«Poi DIO disse: 

“Facciamo l’uomo a nostra immagine e a nostra somiglianza, ed abbia dominio sui pesci del mare, sugli uccelli del cielo, sul bestiame e su tutta la terra, e su tutti i rettili che strisciano sulla terra” Così DIO creò l’uomo a sua immagine; lo creò a immagine di DIO; li creò maschio e femmina» (Genesi 1:26-27)È l’Elohim, la Deità, che dichiara di creare «l’uomo»; e anche che per poterlo creare simile a se stesso Egli deve crearlo maschio e femmina, cioè una pluralità di personalità. 

Subito dopo, apprendiamo che l’autore materiale di questa pluralità, è JHWH: «L’Eterno Dio formò [plasmò] l’uomo...» (Genesi 2:7). Questa espressione, mette in evidenza che non è stato Dio, cioè l’Elohim, a creare l’uomo (idea alimentata dalla errata traduzione «Dio il SIGNORE formò l’uomo»), ma JHWH quale Dio.

L’affermazione «DIO creò l’uomo a sua immagine; lo creò a immagine di DIO», va intesa così «JHWH creò l’uomo a sua immagine, lo creò a immagine della Divinità.» Questo particolare, in seguito ci servirà per comprendere il messaggio del vangelo.

La pluralità di Dio è evidente nella trasgressione di Adamo.«E l’Eterno DIO disse: “Ecco, l’uomo è divenuto come uno di noi, perché conosce il bene e il male”» (Genesi 3:22) Con la trasgressione, l’uomo è diventato come uno dei componentidella plurisoggettività dell’Elohim; conseguentemente a tale condizione, era consapevole del bene e del male.

La polideità di Dio è indiscussa nell’episodio della torre di Babele.«Ma l’Eterno discese per vedere la città e la torre che i figli degli uomini stavano costruendo. E l’Eterno disse: “Ecco, essi sono un solo popolo e hanno tutti la medesima lingua; e questo è quanto essi hanno cominciato a fare; ora nulla impedirà loro di condurre a termine ciò che intendono fare. Orsù, scendiamo laggiù e confondiamo la loro lingua, affinché l’uno non comprenda più il parlare dell’altro.” Così l’Eterno li disperse di là sulla faccia di tutta la terra, ed essi cessarono di costruire la città» (Genesi11:5-7)Nel racconto della torre di Babele, abbiamo la stessa peculiarità grammaticale. Nella sua pluralità, Elohim, nella Persona di JHWH, scende e confonde gli uomini.Troviamo la pluralità di Dio anche alla chiamata di Isaia.«Poi udii la voce del Signore che diceva: “Chi manderò e chi andrà per noi?.” Io risposi: “Eccomi, manda me!”» (Isaia 6:8)Una delle tre Persone che sussistono nella pluralità Divina, si chiede chi avrebbe mandato per tutti.

Ormai, non vi sono dubbi: il termine Elohim non è solo il plurale di un nome; esso esprime realmente una molteplicità presente in seno alla Divinità rivelatasi al popolo dell’Eterno. 

La pluripersonalità dell’Elohim, non è evidente solo nelle sue affermazioni, ma anche nei primi cinque libri della legge, la Torah; essendone JHWH stesso, in gran parte, l’autore.

Questo sarà il prossimo argomento che tratteremo.

YHWH e i profeti






JHWH è dunque la Divinità degli Ebrei dell’Antico Patto. «Io ho detto a JHWH: “Tu sei il mio Dio”» (Salmo 140:6). 
È importante comprendere che il popolo di Dio non credeva in una divinità vaga, in un essere impersonale, in una «intelligenza superiore», in un Dio senza volto, ma aveva per Divinità JHWH. Quando i santi dell’Antico Patto parlavano e pregavano il loro Dio comunicavano con JHWH. Da una attenta lettura, noteremo questo.

 ADAMO
«Poi udirono la voce di JHWH DIO che passeggiava nel giardino alla brezza del giorno; e l’uomo e sua moglie si nascosero dalla presenza di JHWH DIO fra gli alberi del giardino. Allora JHWH DIO chiamò l’uomo e gli disse: “Dove sei?”» (Genesi 3:8-9)
È JHWH, Elohim, che chiama Adamo. È dalla fisicità della sua persona che Adamo ed Eva si nascondono.

ABRAMO

«Ed egli credette [aderì] a JHWH, che glielo mise in conto [accreditò] di giustizia. Poi JHWH gli disse: “Io JHWH che ti ho fatto uscire da Ur dei Caldei…”» (Genesi 15:6-8)
Abramo credette non in un Dio indefinito, ma in JHWH; ed egli parlò con Lui. Ciò rende ridicola l’opinione secondo la quale Abramo era musulmano.
La testimonianza del salmista mette fine ad ogni dubbio: i santi dell’Antico Patto non hanno posto fede in una divinità vaga.
«Mosè ed Aaronne furono fra i suoi sacerdoti, e Samuele fra
quelli che invocarono il suo nome, essi invocarono JHWH ed
egli rispose loro» (Salmo 99:6)
I credenti dell’Antico Patto invocarono, come Divinità, JHWH.

 MOSÈ

«… JHWH parlò a Mosè e disse: “Io JHWH! Di’ al Faraone, re d’Egitto, tutto quello che io ti dico”» (Esodo 6:29)
L’espressione «L’Eterno parlò [o disse] a Mosè» si trova almeno 80 volte. Non era una Divinità astratta a parlare con Mosè, ma la persona JHWH.

 ISAIA

La visione di Isaia ci rivela ulteriori verità.
«Nell’anno della morte del re Uzziah, io vidi il Signore assiso sopra un trono alto ed elevato, e i lembi del suo manto riempivano il tempio. Sopra di lui stavano dei serafini; ognuno di essi aveva sei ali: con due si copriva la faccia, con due si copriva i piedi e con due volava. L’uno gridava all’altro e diceva: “Santo, santo,santo è l’Eterno degli eserciti. Tutta la terra è piena della sua gloria.” Gli stipiti della porta furono scossi dalla voce di colui che gridava, mentre il tempio si riempì di fumo. Allora io dissi: “Ahimé! Io sono perduto, perché sono un uomo dalle labbra impure e abito in mezzo a un popolo dalle labbra impure; eppure i miei occhi hanno visto il Re, JHWH degli eserciti.” Allora uno dei serafini volò verso di me, tenendo in mano un carbone ardente, che aveva preso con le molle dall’altare. Con esso mi toccò la bocca e disse: “Ecco, questo ha toccato le tue labbra, la tua iniquità
è rimossa e il tuo peccato è espiato.” Poi udii la voce del
Signore che diceva: “Chi manderò e chi andrà per noi?” Io risposi:“Eccomi, manda me!”» (Isaia 6:1-8)

Nell’anno della morte del re Uzziah, Isaia vide JHWH, definito Signore,cioè Padrone, seduto su un trono molto alto. Sopra di Lui, vi erano degli angeli (Serafini) che gridavano la santità di JHWH, Colui che è tre volte santo. Isaia era angosciato per aver visto la persona del Re, il Tetragramma;
ma egli udì la voce di JHWH, che diceva: «Chi manderò e chi
andrà per noi?» JHWH si chiede chi avrebbe mandato per parlare al popolo;ma si domanda pure chi sarebbe andato per loro. JHWH si esprime al plurale. Chi sono dunque questi «loro»? Si tratta di un pluralis majestatis,oppure, effettivamente JHWH si riferisce ad una pluralità presente in seno alla Divinità, nella quale Egli è sussistente?
Risponderemo a questi interrogativi nel prossimo studio.


RIEPILOGO
La Scrittura attribuisce alla Divinità d’Israele tre nomi: Adonaj,Elohim, JHWH.
JHWH, Elohim e Adonaj, non sono sinonimi indicanti la stessa personalità divina.
Solo JHWH è il vero nome proprio della Divinità d’Israele.
La Parola di Dio usa una pluralità di termini indicanti lo stesso ed unico Dio.
JHWH è il nome che il Creatore si è attribuito e che Egli stesso ha rivelato, per la prima volta, a Mosè.
La fede dei santi dell’Antico Patto non era in un Elohim vago, ma in JHWH.
JHWH si presenta come un Dio singolo, ma parla al plurale.

YHWH è l'Elohim dell'Antico Patto (3° Parte)


3° Parte

«E ora, o Israele, che cosa richiede da te JHWH, Elohim tuo, se non di temere JHWH, Elohim tuo, di camminare in tutte le sue vie, di amarlo e di servire JHWH, Elohim tuo, con tutto il tuo cuore e con tutta la tua anima» (Deuteronomio 10:12)

«Ma le mangerai davanti JHWH, Elohim tuo, nel luogo che JHWH, Elohim tuo, sceglierà, tu, tuo figlio e tua figlia, il tuo servo e la tua serva, e il Levita che abiterà entro le tue porte; e gioirai davanti JHWH, Elohim tuo, di ogni cosa a cui metti mano» (Deuteronomio 12:18)

«… JHWH, Elohim tuo, non volle ascoltare Balaam; ma JHWH,Elohim tuo, mutò per te la maledizione in benedizione, perché JHWH, Elohim tuo, ti ama» (Deuteronomio 23:5)

Proprio perché JHWH era la Divinità d’Israele, Egli doveva essere unico in tutto.

«Poiché JHWH, Elohim vostro è il DIO degli dèi, il Signor dei signori, il El, il grande, forte e tremendo, che non usa alcuna parzialità e non accetta regali» (Deuteronomio 10:17)

«Non sono forse io, JHWH? Non v’è altro Elohim fuori di me, un Dio giusto, un Salvatore; non c’è nessuno fuori di me» (Isaia 45:21)

«Per questo sei grande, o JHWH, o DIO. Nessuno è come te e non c’è altro Elohim fuori di te, secondo tutto ciò che abbiamo udito con i nostri orecchi» (2 Samuele 7:22)

«Eppure io sono JHWH, il tuo Elohim fin dal paese d’Egitto; tu non devi riconoscere altro Elohim fuori di me e non c’è altro Salvatore fuori di me» (Osea 13:4)

«Ora vedete che io, io Egli, e non vi è Elohim accanto a me»(Deuteronomio 32:39)

L’ultimo versetto merita una precisazione, perché la traduzione di questo testo è grammaticalmente ostica e i traduttori non sempre hanno rispettato il testo ebraico. 

La Bibbia del Luzzi, la Nuova Riveduta, la Bibbia del Nardoni, la C.E.I., la Mariani, la Concordata, quella del Garofalo, traducono Deuteronomio 32:39 «Ora vedete che io solo sono Dio», oppure, con altre lievi varianti come: «Vedete, ora sono io, io lo sono.» Solo la Bibbia del Diodati, traducendo letteralmente dall’ebraico, rende Deuteronomio 32:39 «Ora vedete che io, io sono Lui




Questo parte del Papiro sta scritto in ebraico YHWH ELOHIM- Deut.10:17




Alla luce di quanto stiamo studiando, questa affermazione è veramente unica. L’espressione di Deuteronomio 32:39, appartiene ad un cantico che JHWH ha messo sulla bocca di Mosè perché lo insegnasse al popolo (Deuteronomio 31:19). 

È JHWH a parlare, affermando di essere Lui e che non vi sia altro Elohim. È dunque JHWH che, per proclamare se stesso, si rapporta con la persona di un altro soggetto. JHWH presenta se stesso come una password, Colui che è accessibile mediante il Suo Nome.

Nell’originale ebraico, troviamo questa espressione anche nel libro di Isaia; ma, anche qui i traduttori non ne hanno rispettato il senso letterale, forse, per riguardo ai canoni della lingua italiana. I testi in questione sono:
Isaia 41:4; 43:10; 43:13; 46:4; 48:12; 52:6. Il Garofalo mette il pronome«Lui», anche, in Esodo 34:29 e 35, e in Numeri 7:89 (Due volte).

JHWH è dunque l’Elohim, la Divinità dell’Antico Patto.
Non solo. Egli ha escluso la possibilità che vi fosse un altro Elohim all’infuori di se stesso.

«Così dice l’Eterno, il re d’Israele e suo Redentore, l’Eterno degli eserciti: “Io sono il primo e sono l’ultimo, e all’infuori di me non c’è Elohim”» (Isaia 44:6)

«Io sono JHWH e non c’è alcun altro; fuori di me non c’è
Elohim...» (Isaia 45:5)

«Perché dall’est all’ovest si riconosca che non c’è nessun Dio
fuori di me. Io sono JHWH e non c’è alcun altro» (Isaia 45:6)

«Eppure io sono l’Eterno, il tuo DIO, fin dal paese d’Egitto; tu non devi riconoscere altro Elohim fuori di me e non c’è altro Salvatore fuori di me» (Osea 13:4)

Non solo. Chi sacrificava ad altre divinità (Elohim) doveva essere ucciso.

«Chi sacrifica agli elohim, all’infuori di JHWH, sarà sterminato» (Esodo 22:20)

I santi dell’Antico Patto, dunque, non ponevano la propria fede in un Dio, un Elohim, vago; al contrario, essi avevano riposto la loro fiducia specificatamente in JHWH. JHWH, quindi, non era solo un nome, era una Persona: la Divinità degli ebrei.


L’espressione «JHWH l’Elohim d’Israele», si trova centinaia di volte nella Scrittura.

«Dopo questo, Mosè ed Aaronne andarono dal Faraone e gli dissero:“Così dice JHWH, Elohim di JiSrä´ël: Lascia andare il mio popolo, perché mi celebri una festa nel deserto”» (Esodo 5:1)

Mosè spiega subito al faraone che, JHWH, era la Divinità del popolo d’Israele.

«Tre volte all’anno comparirà ogni vostro maschio davanti al Signore, JHWH, Elohim di JiSrä´ël:» (Esodo 34:23)

È JHWH stesso che si definisce la Divinità d’Israele.
«In una sola volta Giosuè prese tutti quei re e i loro paesi, perché JHWH, Elohim di JiSrä´ël combatteva per Israele» (Giosuè 10:42)

L’autore del libro di Giosuè mette in evidenza che JHWH, la Divinità del popolo d’Israele, fosse più grande degli altri elohim.

«Poi invocò l’Eterno e disse: “O JHWH, Elohim mio, hai forse colpito di sventura anche questa vedova, che mi ospita, facendole morire il figlio?” Si distese quindi tre volte sul fanciullo e invocò l’Eterno, dicendo: “O JHWH Elohim, ti prego, fa’ che l’anima di questo fanciullo ritorni in lui”» (1Re 17:20-21)

Elia, come tutti i profeti, non si è rivolto a Elohim come il suo JHWH; ma a JHWH come il suo Elohim.

Nella vita, come prima di morire, Davide ha invocato l’Eterno, come il suo Dio.

«Ma io, o JHWH, confido in te; ho detto: “Tu sei il mio
Elohim”» (Salmo 31:14)

Il popolo d’Israele aveva una Divinità: questo Dio era JHWH. Il Tetragramma non rappresentava un titolo dato al Dio d’Israele, non era solo un nome, ma è una Persona. C’è chi vede nel Tetragramma un nome per riferirsi alle Tre Persone della Trinità; se così fosse, tale nome dovremmo ravvisarlo nel nome generico Elohim (Dii) che ci fa pensare ad una pluralità.

Ma JHWH è il nome attribuibile ad una sola Persona della Trinità.




   Qumran fragmento 4Q120 frg20 la trascrizione del  Divino Nome in Greco


Alcuni studiosi fanno notare che in ebraico, il nome Gesù, ordinato dall’angelo a Maria per il figlio ch’ella avrebbe partorito per lo Spirito Santo, significa Jahweh.

 A prima vista, questa sembra una conclusione semplicistica; ma è proprio la mancanza di questo presupposto a mettere
gli studiosi biblici in disaccordo sulla Natura trinitaria. 

Poiché Il Dio trino non può essere compreso rettamente se non nella Sua rivelazione, è evidente che dobbiamo dare la massima importanza a come Egli si è rivelato.

Se la Divinità pluripersonale d’Israele si è rivelata nella persona di JHWH, per non perderci in concetti filosofici ed astratti intorno alle Tre Persone divine, dobbiamo centrare la nostra massima attenzione sulla Persona di JHWH, perché la Natura di Dio può essere compresa solo attraverso
l’interpretazione di JHWH stesso e delle sue azioni.

 Qualsiasi teo-logia che non tenga presente questo presupposto, è destinata ad incorrere in contraddizioni molto serie in relazione alle Tre Persone Divine. Parlerà, sì, di Dio, ma si accorgerà con terrore di parlare di tutt’altro.

Con il passare del tempo, ho compreso che molta confusione in merito alla comprensione di JHWH deriva dal fatto che non si ha una mente trinitaria.

 Purtroppo, la maggioranza dei credenti e dei teologi usano il termine Dio e la scritta JHWH come panacea per dire di tutto e di niente;
mentre una mente e un atteggiamento trinitario potrebbero rivelare tante prospettive nuove. Chi riesce a non confondere la Persona di JHWH con la trinità, pone il piede sulla pietra angolare capace di costruire ragionamenti in armonia con la Scrittura.