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La predestinazione 2°parte







Che l'uomo sia libero di scegliere o rifiutare, è dimostrato pure nella parabola delle nozze, dove l'invito era rivolto a tutti, ma alcuni non vollero andare (Matteo 22:3). Anche nella lettera agli Ebrei viene ricordato che la buona novella era stata udita da tutti ma la parola della predicazione non giovò nulla perché non fu assimilata per fede (Ebrei 4:2). Giovanni sottolinea nel suo Evangelo, che Dio ha amato il mondo, cioè tutti noi, per i quali Egli ha dato il suo Figlio, affinché chiunque crede abbia la vita eterna. Ma la condanna è questa: l'uomo ha amato, preferito, o scelto, le tenebre più della luce. Ora il giudizio è questo: la luce è venuta nel mondo e gli uomini hanno amato le tenebre più che la luce, perché le loro opere erano malvagie (Giovanni 3:17). Così, proprio da questa sua assolutamente libera scelta, l’uomo elegge la propria condanna (Giovanni 3:17). E se aggiungiamo le parole di Gesù quando disse che "il cuore di questo popolo si è fatto insensibile: sono diventati duri d'orecchi e hanno chiuso gli occhi, per non rischiare di vedere con gli occhi e di udire con gli orecchi, e di comprendere con il cuore e di convertirsi, perché io li guarisca" (Matteo 13.15), non vi sono dubbi sulla responsabilità umana. Gli occhi non sono stati chiusi da Dio, ma nella loro libertà gli uomini li hanno chiusi. Se Dio ordina all'uomo di amare e di credere, significa che egli sia libero anche di non amare e di non credere. In caso contrario il comandamento non avrebbe senso. La salvezza e la condanna eterna, sono il risultato di una scelta da parte dell'uomo.

- Gerusalemme, Gerusalemme, che uccidi i profeti e lapidi coloro che ti sono mandati! Quante volte ho voluto raccogliere i tuoi figli come la gallina raccoglie i suoi pulcini sotto le ali, e voi non avete voluto! (Matteo 23.37)

- Uomini di collo duro ed incirconcisi di cuore e di orecchi, voi resistete sempre allo Spirito Santo; come fecero i vostri padri, così fate anche voi. (Atti 7.51)

Dio tratta l'uomo peccatore come un interlocutore responsabile, perciò ripetutamente invita ed esorta gli uomini a decidere per la loro sorte eterna. Nel momento in cui non decidono, hanno già deciso. (Luca 11.23) L'armonia scritturale non ci permette altre conclusioni.

 

E' vero che troviamo scritto nella Parola di Dio che Gesù è venuto per portare i peccati di molti (Ebrei 9:28; Matteo 20:28), e per questo alcuni sono rimasti sconcertati dalla natura apparentemente restrittiva di questa espressione, dando così l'impressione che il suo sacrificio non sia stato compiuto per tutti. Questi passi non fanno altro che confermare ciò che abbiamo già valutato: Gesù "ha dato sé stesso come prezzo di riscatto per tutti" (1Timoteo 2:6). Dio non imputa più a tutti gli uomini i loro falli; ma il suo sacrificio è valevole solo per coloro che lo accettano. L’espressione "molti" non è esclusiva (molti, ma non tutti), ma inclusiva (la totalità consistente di molti). In questo senso gli scrittori, ispirati dallo Spirito Santo, affermano che Gesù è morto "per molti".

Quando Gesù dice che il suo sangue è sparso "per molti", non significa solamente per qualcuno, ma per la moltitudine, malgrado il suo gran numero". (Alfred Kuen – Come interpretare la Bibbia – IBE-EDIZIONI. Febbraio 1997, pag 24) 

 

Un esempio, può aiutare a comprendere meglio quest'ultimo aspetto. Nel 1943 i militari tedeschi, in seguito ad una rappresaglia da parte dei partigiani, presero 22 ostaggi innocenti con la minaccia di fucilarli, affinché il vero colpevole, si costituisse. Un vicebrigadiere dei carabinieri, di nome Salvo D'Acquisto, si accusò, pur innocente, come unico responsabile dell'atto di sabotaggio. Gli ostaggi furono liberati; ma se qualcuno avesse rifiutato il sacrificio del vicebrigadiere, il nobile gesto del milite sarebbe stato inutile a salvargli la vita. In questo modo, si sarebbe potuto affermare che Salvo D'Acquisto era morto per molti, anche se il suo sacrificio era stato valevole per tutti. Oppure, per chi sia in grado di afferrare anche il contrario, Salvo D'Acquisto era morto per tutti, anche se il suo sacrificio era stato efficace solo per molti. Un’affermazione non esclude l’altra, poiché tutte e due sostengono la stessa verità: il sacrificio di Salvo D'Acquisto è valso per tutti, ma reso operante solo per chi lo ha accettato. Così, anche se la capacità insita nell’espiazione di Cristo è infinita, la sua efficacia raggiunge soltanto coloro che l’accettano per fede. Come disse qualcun altro: "Il raggio d'applicazione dell'opera redentrice di Cristo non è determinato da una delimitazione della sua efficacia ad un numero predeterminato di eletti, bensì è potenzialmente universale. Il fattore determinante che ne delimita l'applicazione è il rifiuto di alcuni di credere."

 

Perché alcuni credono altri no? Non vi è forse un disegno divino eterno già predeterminato prima della fondazione del mondo? Sono domande più che invitabili, e alle quali si può rispondere con molti ragionamenti umani, ma un'altra domanda può aiutare a rispondere: "Perché chi ode il vangelo non lo comprende, mentre per altri porta molto frutto?" Secondo Gesù perché uno non la comprende, un altro perché è scandalizzato, un altro ancora perché è soffocato dall'inganno e dalle ricchezze di questo mondo, mentre un quarto la ritiene in un cuore onesto e buono e porta frutto con perseveranza. (Luca 8.12-15) Difficile dire, se non impossibile, che tutto questo sia il risultato di un disegno inevitabile divino eterno già predeterminato, perché l'esistenza umana sarebbe tutto una messa in scena di una commedia, o tragedia, alla quale l'uomo deve ubbidire incondizionatamente. Se così fosse, quando un giovane dice ad una ragazza: "Ti amo", o lo dice un genitore al figlio, la ragazza e il figlio dovrebbero prendere tale espressione proveniente da un programma di un computer.        

 

Non si può ignorare il pensiero di chi riflette diversamente. Ecco uno stralcio sul tema "La gestione del nostro orgoglio" di Maurice Roverts apparso su "Passaggio" di aprile 2004.

"La nuova nascita non è altro che l’esercizio di una benevola pulsione dell’infinita energia di Dio che agisce all’interno del caos delle facoltà decadute dell’uomo al fine di ricomporle, di massima, a ciò che erano prima della Caduta. La nuova nascita precede la fede in noi. Dichiarare, come in molti hanno fatto, che per essere salvati dobbiamo credere è un’assurdità, sarebbe come dire che una lampadina deve accendersi prima che l’interruttore sia girato. Nell’uomo non è la fede l’energia che produce la nuova nascita e non rappresenta neppure la condizione che Dio richiede per compiere la Sua potente opera. Al contrario, la fede è l’evidenza che la nuova nascita è già avvenuta nell’animo umano. In questo senso fu scritto "…non viene da noi; è un dono di Dio (Efesini 2:8). E impossibile che la fede esista prima che Dio faccia rivivere l’anima perché la fede è un atto dell’anima vivificata. La fede, come altre grazie dell’evangelo, è, nell’uomo, il frutto dello Spirito antecedente l’azione. Definire la fede come un’azione possibile al peccatore non ancora salvato significa conferire con onnipotenza dignità alla volontà decaduta dell’uomo e, nello stesso tempo, insultare Dio nostro Signore. Questa è la teoria della nuova nascita, ed elementare per un cristiano correttamente istruito, ma non è così elementare o facile per lui comprendere come questa dottrina operi".

Secondo questo modo di interpretare il piano della salvezza di Dio per l’umanità, l’individuo sarebbe totalmente depravato da non essere in grado di scegliere la grazia di Dio. Bisogna fare molta attenzione all’uso di quest’espressione ed attribuirle solamente il suo significato originale. "Depravazione totale" definisce il fatto che il principio del male ha invaso ogni parte della natura umana, con il risultato di non esservi ora alcuna parte di essa che possa agire o pensare rettamente. Questo è vero. Il rilievo posto dal calvinista sul fatto che la salvezza dipenda unicamente dalla grazia di Dio, corrisponde indubbiamente alla verità. Questo però non toglie all’uomo la responsabilità di rispondere al vangelo della grazia. Anche perché vi è una verità antropologica che non deve essere dimenticata. L'uomo è stato creato a immagine e somiglianza di Dio, e in nessuna parte della Bibbia, dopo il peccato di Adamo, è scritto che tale immagine sia stata cancellata, né totalmente, né parzialmente. In definitiva, vi è la sovranità di Dio che vuole che tutti gli uomini siano salvati perché Cristo è morto per tutti, ma vi è altresì la responsabilità di ubbidire all’impulso dello Spirito Santo. Come disse Bernardo di Cleirvaoux: "Togli via la volontà libera e non vi sarà più nulla da salvare; togli via la grazia e non vi sarà nulla con cui salvare". 

 

Inoltre, dobbiamo sempre ricordare che una verità posta all’estremo diventa una eresia. Secondo il calvinismo se "la nuova nascita precede la fede", se "la fede è l’evidenza che la nuova nascita è già avvenuta nell’animo umano", non si è più salvati mediante la fede, ma per elezione, e questo non può nel modo più assoluto essere accettato perché va contro il grande principio evangelico che siamo salvati per grazia, mediante la fede. Il principio base del Calvinismo lo esprime molto bene Benjamin B. Warfield nel libro "Il piano della salvezza", Alfa & Omega, 2001. "Calvinista è chi ritiene, in piena coscienza, che il Signore Iddio, nelle sue azioni salvifiche, non si occupi dell’umanità in senso generale, ma solo dei particolari individui che sono effettivamente salvati. E’ questo l’unico e solo modo per rendere piena giustizia e diritto sia al cristianesimo propriamente detto… sia all’evangelicalismo". Perciò, sono solo coloro che sono già effettivamente salvati, cioè predestinati, che hanno la grazia di ricevere le azioni salvifiche di Dio.  

In merito poi a ciò che è scritto in Efesini 2:8-9 occorre rilevare un errore di interpretazione da parte dei calvinisti. Il testo è il seguente. Voi infatti siete stati salvati per grazia, mediante la fede, e ciò non viene da voi, è il dono di Dio, non per opere, perché nessuno si glori. Da una lettura attenta, il dono di Dio al quale Paolo si riferisce non è la fede, come se questa sia data ad alcuni e ad altri no, ma è l’essere salvati per grazia per mezzo della fede che è un dono di Dio. Perciò, la salvezza è una dono perché non è per opere, ed è pure un dono perché occorre solo un atto di fede. Affermare poi che la fede sia un dono distribuito da Dio solo ai predestinati è molto difficile accettarlo dato che anche i demoni hanno fede (Giacomo 2:19).

 

Infine, il pensiero di sottofondo nel messaggio della predestinazione delle chiese riformate è che la salvezza si ottenga mediante le opere. Dato che si è salvati mediante una elezione, come posso sapere di essere stato predestinato alla salvezza? Vi è solo una risposta: mediante la santificazione o "perseveranza dei santi". Questa è la ragione dell’insistenza dei calvinisti di essere santi come dimostrazione di essere stati eletti. Che un figlio di Dio si debba santificare è una verità lapalissiana, ma una cosa è il desiderio di santità come risposta all’amore di Dio di essere stati già salvati (Romani 12:1-3), altra è santificarsi per accertarsi o come conferma dell’elezione. Le opere di coloro che si credono predestinati hanno un fine, mentre chi crede di essere stato salvato per fede, le opere sono una risposta all’amore di Cristo (2Corinzi 5:14-15). Per i calvinisti la base della certezza della salvezza non sono le promesse di Dio, ma i loro frutti spirituali. Questo li allinea con ogni forma di religione, compresi i cattolici e Testimoni della Torre di Guardia i quali sperano di essere salvati per opere. Infatti, molti calvinisti vengono agitati dal dubbio e dalla paura di non essere stati predestinati. Come disse qualcuno: "Il calvinismo ha una notevole quantità di argomentazioni teologiche confuse".

 

Se in merito a questo tema si aggiunge, per concludere, la riflessione di Danilo Valla, l’argomento della predestinazione viene chiuso definitivamente.

"Il termine italiano predestinazione viene dal latino Predestinatio, usato da Gerolamo per tradurre in latino il termine greco pro-orizo, che non ha nessuna connotazione collegata al destino o al fatto di "destinare qualcuno a un compito o a una particolare situazione". Pro vuol dire "prima", e orizo (dal quale deriva l’italiano "orizzonte"), vuol dire "delineare", "segnare un confine". Il problema della predestinazione è un falso problema, introdotto da Gerolamo e portato all’estremo dai calvinisti. Romani 8.29-30 andrebbe tradotto così "Egli che li ha preconosciuti, li ha separati perché fossero conformi all’immagine del suo Figlio… e quelli che ha separati sono quelli che ha chiamato, che ha giustificato, che ha glorificato". (Il libro del 2006 – Danilo Valla – Domenica 29 gennaio)

Con questa visione del termine predestinazione, ci si accorge che alla fine le opinioni dei calvinisti sono castelli di sabbia.

 

In conclusione, possiamo affermare che il soggetto della predestinazione è un bellissimo argomento, perché ha lo scopo di dare certezza quanto al destino glorioso del cristiano. Infatti, la predestinazione non riguarda propriamente la salvezza, ma le conseguenze di essa, l'obiettivo ai quali sono stati destinati i figli di Dio. E la conseguenza di una data azione non si sceglie. Se davanti a me ho un bicchiere di latte e di veleno sono libero di scegliere cosa bere, ma non sono libero di scegliere le conseguenze della mia scelta. Se berrò il veleno sono predestinato a morire, se berrò del latte sono predestinato a nutrirmi. Se l’Eterno Dio mi ha predestinato (sia nel senso destinato prima, sia ne senso separato) prima della fondazione del mondo a farmi Suo figlio e Suo erede, a rendermi conforme all'immagine di Cristo, a conoscere la sua volontà, io adoro e benedico il mio Signore per la predestinazione.


Un buon contributo a questo argomento si trova su "Il Cristiano" di Gennaio 1999.

Altri accenni utili in "L’epistola agli ebrei di Thomas Hewitt, edizioni GBU- Febbraio 1986, pag74, 75, 81, 96

Per la posizione calvinista il numero 17 di "Studi di teologia" – anno IX e "Il piano della salvezza", Benjamin B. Warfield, Alfa & Omega, 2001.

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