DIO è Spirito
Appena l’uomo parla di Dio, si accorge con
terrore che parla di tutt’altro!
Molto probabilmente, l’affermazione più conosciuta intorno alla Natura
di Dio è la seguente: "Dio è Spirito". Essendo il principio base che
definisce la Natura di Dio, essa è la pietra angolare dalla quale sviluppare
tanti altri concetti e dottrine. Così, se tale affermazione è interpretata
correttamente saremo in grado di fare giusti ragionamenti, diversamente, le
argomentazioni che seguiranno saranno inevitabilmente inesatte. E’ come per
colui che allaccia il primo bottone di un abito: se esso è allacciato
correttamente anche tutti gli altri saranno nel giusto posto; altrimenti,
sbagliare con il primo bottone fa sì che anche tutti gli altri siano in
posizione sbagliata. Diventa quindi fondamentale comprendere che cosa intenda
la Scrittura affermando "Dio è Spirito".
Per comprendere in modo corretto una proposizione,
dobbiamo analizzarne singolarmente ogni parola che la formuli. Affermando che
il "rapporto è rotto", devo definire che cosa intendo con i termini
"rapporto" e per "rotto". Posso riferirmi al rapporto di
una bicicletta, come ad un rapporto fraterno. Nel caso del rapporto di una
bicicletta mi riferirò alla "rottura" di un materiale metallico; nel
caso di un rapporto fraterno, invece, mi riferirò ad un problema di relazione
umana. Così, per la giusta comprensione di una proposizione è indispensabile
comprendere rettamente ogni parola della quale questa sia composta. Come non è
possibile esprimere un concetto giusto con parole sbagliate, così non è
possibile avere una corretta comprensione di un’affermazione attribuendo un
senso sbagliato ai termini che la compongono.
Dio è Spirito.
Questa proposizione è composta di tre parole. Il soggetto di quest’affermazione è la prima parola: "Dio". Questo termine non è il nome della divinità, ma una NATURA, una definizione. Affermando di credere in Dio si sottintende di credere in una divinità, ma senza specificare l’identità della suddetta. A chi riferisce Giovanni la parola "Dio"? Un musulmano non avrebbe difficoltà a rispondere: per lui Dio, cioè la sua divinità, è Allah. Confessando però, la propria fede come un’unica divinità nella quale sussistono il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo, un cristiano cosa dovrebbe rispondere? La parola "Dio" è riferita al Padre, allo Spirito, o al Figlio? Essendo, il Padre, Dio; essendo, lo Spirito Santo, Dio; ed essendo Dio pure il Figlio, giacché tutti e tre sussistono nella stessa Natura, a quale Persona della Trinità si riferisce l’apostolo Giovanni? Questi interrogativi mostrano quanto sia difficile per i cristiani stabilire una definizione del termine "Dio". Proprio per questo, è stato detto che quando gli uomini parlano di Dio, cercando di stabilire la verità a riguardo della Sua identità, si accorgono con terrore di parlare di tante cose, che però esulano dal nocciolo della questione vera e propria.
Può essere di aiuto per comprendere la parola "Dio", un’altra affermazione dell’apostolo Giovanni; anch’essa, altrettanto conosciuta: "Nessuno ha mai visto Dio; l'unigenito Figlio, che è nel seno del Padre, è colui che lo ha fatto conoscere" (Giovanni 1:18). Anche in questo caso, si pone il problema: a quale Persona della Trinità si riferisce Giovanni con la parola Dio? Al Padre, al Figlio, allo Spirito Santo, o a tutti e Tre? Una cosa è certa: JHWH, che è il Dio dell’Antico Testamento, è stato visto e toccato dalle persone, quali Abramo, Giacobbe, Mosè, tanto per citarne alcuni. Giacobbe, addirittura, lottò con Lui. Poiché certe persone continuano a negarne l’evidenza, leggiamo il testo in merito. "Così Giacobbe rimase solo e un uomo lottò con lui fino allo spuntar dell'alba. Quando quest'uomo vide che non lo poteva vincere, gli toccò la cavità dell'anca; e la cavità dell'anca di Giacobbe fu slogata, mentre quello lottava con lui. E quegli disse: "Lasciami andare, perché sta spuntando l'alba". Ma Giacobbe disse: "Non ti lascerò andare, se non mi avrai prima benedetto!". L'altro gli disse: "Qual è il tuo nome?". Egli rispose: "Giacobbe". Allora quegli disse: "Il tuo nome non sarà più Giacobbe, ma Israele, poiché tu hai lottato con DIO e con gli uomini, ed hai vinto". Giacobbe gli disse: "Ti prego, dimmi il tuo nome". Ma quello rispose: "Perché chiedi il mio nome?". E qui lo benedisse. Allora Giacobbe chiamò quel luogo Peniel, perché disse: "Ho visto Dio faccia a faccia, e la mia vita è stata risparmiata" (Genesi 32:24-30).
Non vi sono dubbi: con Giacobbe non ha lottato un essere angelico, ma con un uomo a tutti gli effetti. Quest’uomo gli conferma di aver lottato con Dio. Giacobbe, quindi, riconosce di aver lottato non con un essere angelico, ma con un uomo, che è Dio; e che, nonostante questo, egli non è morto. Possiamo dubitare della nostra comprensione del testo; ma non delle parole di Giacobbe e di Dio stesso. Mosè parlava con JHWH DIO, faccia a faccia; come un uomo parla col proprio amico (Esodo 33:11); anche se non poteva guardare la Sua faccia gloriosa. Coloro che pensano che Dio sia spirito, nel senso che non si può vedere, dovrebbero chiedersi perché JHWH avesse vietato a Mosè di guardare la Sua faccia. Essendo, JHWH immateriale, che senso aveva allora la proibizione di guardare la Sua faccia? Riconoscendo, però che JHWH avesse una faccia, una schiena, delle mani, come descritto nel testo sacro, allora siamo di fronte ad una divinità, la cui corporeità è innegabile. Continuando invece a considerare l’antropomorfismo in senso simbolico, metaforico, com’è possibile allora prendere alla lettera il divieto che Dio non si possa vedere? Se Dio non si può vedere, come interpretare le parole di JHWH rivolte a Maria e ad Aaronne? "Con lui io parlo faccia a faccia, facendomi vedere, e non con detti oscuri; ed egli contempla la sembianza di JHWH (Numeri 12:8). JHWH dichiara che Mosè Lo vedeva. Possiamo noi pensare diversamente?
Il seguente brano della Scrittura è significativo, per chi ne accetti l’interpretazione letterale.
"Poi Mosè ed Aaronne, Nadab e Abihu e settanta
degli anziani d'Israele salirono, e videro il DIO d'Israele. Sotto i suoi
piedi c'era come un pavimento lavorato di zaffiro, della chiarezza del
cielo stesso. Ma egli non stese la sua mano contro i capi dei figli d'Israele;
ed essi videro DIO, e mangiarono e bevvero" (Esodo 24:9-11). Non
possiamo negare l’evidenza del testo. Non solo. Mosè ebbe occasione di vedere
il Dio d’Israele, ma anche i settanta anziani. Se settantaquattro persone
videro Dio, significa che esso è percepibile agli occhi degli uomini. Quindi,
l’affermazione: "Nessuno ha visto Dio", non può essere
compresa nel suo significato più immediato, cioè che Dio non si possa vedere, e
neppure che Dio non sia stato visto; poiché, ripetiamo, JHWH è stato visto e
toccato (Giudici 13:22). Consideriamo, inoltre, che lo stesso Cristo Gesù uomo,
che è Dio, ha vissuto trentatré anni con gli uomini, ed è stato visto e
toccato. Sostenendo ancora il concetto d’incorporeità della Divinità, solo
perché stia scritto che Dio è Spirito, la proposizione allora è
veramente enigmatica. La spiegazione deve perciò essere cercata altrove.
Rivolgiamo ora la nostra attenzione alla parola spirito. In vari testi divulgativi che spiegano gli attributi di Dio, Egli è presentato come spirito; nel senso, che Egli è in opposizione alla materia, la quale è limitata e temporanea. E ancora, leggiamo che Dio è Spirito e perciò è incorporeo, invisibile, senza sostanza, senza caratteri fisici, per questo non è oggetto di percezione sensibile. Questa è l’opinione dei più. Ma questa conclusione contrasta fortemente con ciò che leggiamo nell’Antico Testamento.
Il Dio dell’Antico Testamento ha una corporeità,
ha camminato nel giardino dell’Eden, ha fatto delle tuniche per Adamo ed Eva,
ha mangiato il cibo che Abramo gli ha offerto, ha lottato con Giacobbe, ha
camminato davanti al popolo d’Israele. Tutto questo non può essere considerato
in senso simbolico, perché renderebbe il testo sacro senza significato. L’unica
ragione che c’induca a ritenere che Dio sia senza sostanza, è presupporre a priori
che Egli non possa essere altro che tale; ma un’opinione di Dio che sia
scaturita unicamente dalla Scrittura ci porta a conclusioni ben diverse. La
nostra opinione di Dio deve formarsi non tanto secondo ciò che ci piace, quanto
dalla rivelazione che Lui ha fatto di Se stesso. Solo così gli uomini
parleranno di Dio in verità, e senza cadere nel terrore di parlare di
tutt’altro.
La Scrittura, affermando che Dio è Spirito, non intende sostenere che la natura di DIO, cioè della Trinità, sia immateriale. Soprattutto, per quanto riguarda JHWH, il Dio dell’Antico Testamento, il quale si presenta con una fisicità tale da lottare corpo a corpo con Giacobbe e, poiché in sembianze d’uomo, da essere scambiato per un angelo di Dio (Giudici 13:6).
Può esserci d’aiuto, per comprendere la Natura di Dio, la lingua greca usata dagli scrittori del Nuovo Testamento.
Leggiamo, nel Dizionario dei concetti Biblici del Nuovo Testamento, che, in greco, la parola spirito corrisponde a pneuma. "Pneuma… formato con la radice originaria (pneu-) e il suffisso –ma, indica grosso modo l’effetto del movimento dell’aria, e cioè l’aria mossa come una sostanza particolare, con un riferimento implicito all’energia, alla potenza che agisce in questo movimento. Quindi, pneuma significa, prima di tutto, vento, respiro. Pneuma, è noto fin dall’epoca dei presocratici; con l’andar del tempo ha coagulato un po’ tutti i significati degli altri vocaboli della medesima radice, e, nell’epoca ellenistica, è diventato un termine di una certa importanza, conservando però il significato di "qualcosa di materiale". (Dizionario dei concetti Biblici del Nuovo Testamento. EDIZIONI DEHONIANE BOLOGNA – 1976 pag. 1784).
Questa definizione ci porta a comprendere che la Natura di Dio sia eterna, autosufficiente; ma anche che essa sia in relazione col materiale. E il materiale può essere spirituale. L’aggettivo pneumatikos (spirituale), che ha come radice pneuma, indica l’appartenenza alla sfera celeste, non nel senso d’incorporeo, ma in contrapposizione a ciò che è corrotto. Il corpo spirituale che i credenti riceveranno non sarà immateriale. Quando Gesù risuscitò aveva un corpo spirituale, ma con esso poteva mangiare e poteva essere toccato. Leggendo che Dio è Spirito (In greco pneuma o Teos - Spirito è Dio – mettendo in enfasi, che è lo Spirito ad essere Dio, e non Dio ad essere Spirito), dobbiamo intendere che la Sua Natura è celeste, in contrapposizione non tanto al materiale, ma a ciò che è corrotto dal peccato. Che lo spirituale non sia in contrapposizione alla corporeità, è poi dimostrato anche dalla discesa dello Spirito Santo su Gesù, al momento del suo battesimo. Ecco cosa leggiamo nel vangelo di Luca: "Ora, come tutto il popolo era battezzato, anche Gesù fu battezzato, e mentre stava pregando, il cielo si aprì e lo Spirito Santo scese sopra di lui in forma corporea come di colomba; e dal cielo venne una voce, che diceva: "Tu sei il mio amato Figlio, in te mi sono compiaciuto!" (Luca 3:21-22). Nel vangelo omonimo leggiamo che Giovanni vide lo Spirito scendere su Gesù come discende una colomba (Giovanni 1:32), perché lo Spirito aveva una forma corporea. Leggere l’episodio in modo diverso com’è stato rappresentato da tanti pittori, in altre parole una colomba che discende su Gesù, significa interpretare il testo in modo errato. Forse è difficile trovare una definizione che, come in greco, serva a realizzare mentalmente l’espressione corporea forma; la lingua originale infatti rende l’idea che Giovanni avesse proprio visto la forma visibile di tutto l’essere dello Spirito Santo.
A questo punto, l’asserzione: Dio è Spirito è
più comprensibile. Non importa chi ravvisiamo nel sostantivo "Dio",
se il Padre, il Figlio, lo Spirito Santo, oppure tutti e tre.
La
proposizione, infatti, si preoccupa di definire la Natura, o l’essenza
della Deità; e non una Persona della Trinità. Sarebbe
pertanto sbagliato se nell’affermazione noi ravvisassimo, come si fa di
consueto, solo il Padre; perché tale interpretazione non si
accorda con l’intera rivelazione della Parola di Dio. Possiamo allora
comprendere così l’altra proposizione: "Nessuno ha mai visto Dio".
In effetti, nessuno ha mai contemplato l’essenza della Deità.
Essa è preclusa all’uomo. Ecco perché in seguito Giovanni continua "l'unigenito
Figlio, che è nel seno del Padre, è colui che lo ha fatto conoscere".
Gesù Cristo, che è una delle Tre Persone della Deità (nel seno del Padre, inteso
come Trinità), essendo l'immagine dell'invisibile DIO, ha potuto rivelare la
Natura della Deità nella sua pluralità.
E’ vero che Dio è uno; ma solo in quanto a Natura,
non a numero.
E’ impossibile a qualunque creatura conoscere
appieno la Trinità; Gesù Cristo fatto uomo, ci dà l’accesso alla trascendenza e
all’immanenza dell’unico e vero DIO Trino, che è Spirito.
Di Gesù, infatti, sta scritto "Il Signore
Spirito è" (2Corinzi 3:17).
Con queste riflessioni, le parole di Gesù, rivolte
alla Samaritana, assumono un significato nuovo "Ma l'ora viene, anzi è
già venuta, che i veri adoratori adoreranno il Padre in spirito e verità,
perché tali sono gli adoratori che il Padre richiede. Dio è Spirito, e
quelli che lo adorano devono adorarlo in spirito e verità"
(Giovanni 4:23-24).
L’ordine di Gesù è che gli adoratori del Dio
d’Israele devono adorarLo secondo le Sue caratteristiche. In fondo, ciò che il
Padre richiede non è tanto un locale spoglio di immagini nel quale essere
adorato senza servirsi di oggetti materiali. Questo sarebbe in contrasto con
l’ordine di Gesù di ricordare la Sua morte con del pane e del vino. Se il culto
dovesse essere spirituale nel senso di immateriale, gli stessi innari, come gli
strumenti musicali, andrebbero vietati. Gesù ha ordinato di esprimere un culto
condotto dallo Spirito, sotto l’influenza dello Spirito Santo. I veri adoratori
sono condotti dallo Spirito Santo; operano nella sfera d’azione dello Spirito. Dio
è Spirito; così i Suoi figli devono essere condotti dalla Sua stessa Natura
quando vanno alla Sua presenza.
Non credo che vi sia maggiore onore di questo.
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