L’unico Dio ?
La fede dei cristiani è basata,
da sempre, sulla Parola di Dio, la Bibbia. Il termine Bibbia deriva dal greco
che significa "Raccolta di libri". Infatti, la Bibbia non è un unico
libro, ma è composta, per quanto riguarda il canone protestante ed ebraico, di
sessantasei libri. Questi libri non sono stati scritti in questi giorni,
neppure da alcuni anni o secoli, ma da alcuni millenni. Infatti, il più giovane
libro della Bibbia ha quasi duemila anni. Inoltre essi non sono stati scritti
da persone della nostra cultura, ma da persone che avevano una cultura
semitica, cioè orientale. Questi dati, comportano tutta una serie di problemi
uno tra i quali è comprendere il significato delle loro parole e quindi delle
loro espressioni.
Facciamo un esempio. Ammesso che io non abbia mai
letto niente di ciò che è scritto nella Bibbia e inizi a leggere il vangelo di
Matteo, incontro subito, alle prime parole, grosse difficoltà di comprensione.
"Libro della generazione di Gesù
Cristo, figlio di Davide. Chiunque legge una simile proposizione
senza preconcetti, comprende, come me, che Gesù Cristo è figlio di Davide. Non
vi sono dubbi. Per cui, con questa comprensione non posso che affermare, e
insegnare, se ho tale compito, che Davide aveva un figlio di nome Gesù Cristo.
Un’altra persona, più afferrata nella cultura ebraica, sostiene che la mia
comprensione di tale proposizione non corrisponde alla verità. Ma io, che ho
letto senza ombra di dubbio che Gesù Cristo è Figlio di Davide, continuo a
sostenere che non posso sbagliarmi, perché ho letto e sta scritto,
che Gesù Cristo è figlio di Davide. Inevitabilmente, ne nasce una controversia.
Questo, in linea di principio, è ciò che succede in certi ambienti, dove la
Bibbia, cioè la Parola di Dio, è l’unica fonte in materia di fede e di
condotta. Si cita la Parola di Dio per sostenere opinioni e dottrine, ma il
contenuto delle loro esposizioni a volte non corrisponde a ciò che la Parola di
Dio vuole sostenere. Posso per tutta la vita predicare con la più profonda
convinzione che Gesù Cristo è Figlio di Davide, senza per questo rendere
ragione alla Parola di Dio. E’ vero che Gesù Cristo è figlio di Davide, ma non
nel senso che Davide aveva un figlio di nome Gesù Cristo. Secondo la cultura
ebraica, Gesù Cristo viene definito Figlio
di Davide perché discendente dal ceppo genealogico del re d’Israele,
oppure, perché appartenente alla stessa fede. Per questo, Gesù Cristo non viene
solo definito figlio di Davide, ma anche figlio di Abramo. Il termine figlio
nella Scrittura è polisemico, cioè ha più significati, e chi legge la Parola di
Dio deve tenerne conto per non incorrere errori che potrebbero essere fatali.
Vi è un’altra problematica. Quando frequentavo le
elementari la maestra, perché imparassimo, ci faceva leggere pagine intere di
alcuni racconti. Di tanto in tanto chiedeva ad alcuni alunni che cosa avevano
capito e a volte alcuni di questi non sapevano rispondere. Sapevano leggere, ma
non comprendevano ciò che leggevano. Un fatto non eccezionale. Da vari anni ho
il piacere di insegnare la Parola di Dio ad alcuni ragazzi dai tredici ai
vent’anni d’età. Spesso leggiamo alcuni episodi descritti in essa e ho notato
che alcuni leggono abbastanza speditamente, ma quando chiedo a loro che cosa
hanno letto, devono rileggere di nuovo per potermi rispondere. Dunque capire
ciò che si legge non è da tutti. Per questo diventa più che mai urgente non
solo leggere la Bibbia, ma comprenderla. Comprendere la Scrittura è
indispensabile per poter compiere la volontà di Dio, per poterla insegnare
correttamente, per vivere bene e soprattutto perché si evitano quegli scontri
di opinioni così frequenti tra i figli di Dio. Non vi è dubbio che i figli di
Dio leggano le Scritture, non vi è dubbio che amino il loro Salvatore, non vi è
dubbio che desiderino onorare Gesù Cristo, eppure, quante divisioni e duelli su
versetti e dottrine! E questo perché la loro comprensione delle Scritture è
diversa. Ancora una volta dobbiamo onestamente chinare il capo davanti ad una
verità lapalissiana: noi non siamo fedeli alla Scrittura, ma alla comprensione
che abbiamo di essa. L’errore di comprensione relativo a un termine poco usato,
pur distorcendo il pensiero della Scrittura procura un danno limitato; ma nel
caso di un termine usato non solo decine di volte, o centinaia, ma migliaia di
volte, la comprensione errata di un vocabolo può portare a stravolgere
completamente ciò che la Parola di Dio ci vuole comunicare. Uno di questi
termini usati migliaia di volte nella Scrittura come nel nostro linguaggio, è
la parola Dio. Noi diciamo "Io credo in Dio", "Che Dio ti
benedica", "Dio mi ha parlato". Poiché in tutte queste
espressioni il soggetto è Dio, secondo il concetto che abbiamo di Dio, cambia
anche il significato di ciò che stiamo dicendo. Se ad esprimerle è un cristiano
ha un significato, se invece è un musulmano. ne acquisisce un altro nonostante
ostinatamente si continui a sostenere che abbiamo lo stesso Dio. Non possiamo,
perciò, ammettere compromessi per ciò che riguarda l’unico Dio.
Diciamo subito che la parola Dio nell’Antico
Testamento non ha assolutamente lo stesso significato che le attribuiamo noi
oggi. Infatti, mentre nell’ambito del mondo monoteista la parola Dio ha
il significato di Creatore, Essere Supremo, Padre, nella mente di un ebreo
dell’epoca aveva un significato sicuramente più "povero", per quanto
fosse ovviamente riferito a un essere superiore. Una simile affermazione lascia
senz’altro sbalorditi perché nelle nostre Bibbie troviamo scritto la parola Dio,
non solo decine di volte, neppure centinaia, ma migliaia di volte. Infatti, già
l’ultima delle tre parole iniziali del primo libro della Bibbia, il Genesi, è
il termine Dio. "Nel principio Dio creò i cieli e la terra".
E’ vero che la parola Dio nell’Antico Testamento si trova circa tremila
volte, ma si tratta di una traduzione imprecisa, o sarebbe meglio dire che è la
traduzione propria di un termine che nella storia del pensiero umano ha assunto
un improprio significato. Come leggiamo anche nel glossario di alcune Bibbie,
nella lingua originale dell’Antico Testamento, l’ebraico, il termine relativo è
Elohim, cioè un sostantivo esclusivamente plurale la cui esatta
traduzione si rende con "Dei" o, più corretto, Dii, un plurale
generico, e il cui significato è divinità". Il fatto che tale
termine fosse un plurale ci induce a pensare che per gli ebrei la parola Elohim
non fosse indicativa di una persona come erroneamente immaginiamo, ma
che questo termine plurale fosse teso a indicare un qualcosa che non è in
quest’epoca ancora distintamente definito, ma che pare si voglia anticipare.
Quando leggiamo la Parola Dio nell’Antico Testamento dobbiamo
attribuirle il significato di Divinità, Essere Divino. In sintesi, quando un
ebreo dell’epoca dichiarava che il suo Elohim era l’Elohim di Israele, non
faceva nella sostanza una dichiarazione diversa da un greco che dicesse che la
sua divinità era Giove. Nel testo ebraico compare anche un altro termine, El,
che viene a sua volta tradotto con la parola Dio, come troviamo scritto ad
esempio in Giudici 16:23 "Ora i principi dei Filistei si radunarono per
offrire un gran sacrificio a Dagon, loro dio, e per rallegrarsi ",
e al capitolo 11 versetto 24 "Non possiedi tu quello che Kemosh, il tuo
dio, ti ha dato di possedere?". Purtroppo chi legge la Bibbia,
anche a causa delle traduzioni improprie, generalmente non riesce a cogliere
questa sfumatura. Ripetiamo che bisogna tener presente che i testi sono
tradotti da persone che hanno subito da generazioni un condizionamento storico
nel pensiero, il quale forma un presupposto di partenza e impedisce di vedere
il reale senso della parola o frase in questione. Questa è la vera causa della
traduzione errata. Troviamo il termine dio scritto diversamente anche
nel secondo comandamento. "Non ti farai scultura alcuna né immagine
alcuna delle cose che sono lassù nei cieli o quaggiù sulla terra o nelle acque
sotto la terra. Non ti prostrerai
davanti a loro e non le servirai, perché io, l'Eterno (JHWH), tuo DIO (Elohim), sono un Dio (El) geloso che punisce l'iniquità dei padri sui figli fino alla terza e
alla quarta generazione di quelli che mi odiano" (Esodo 20:5). Vi è
una curiosità in merito che vale la pena sottolineare. Leggiamo nelle Bibbie
che quando Giacobbe lottò con Dio, cioè l’Eterno, Questi gli pose nome Israele,
perché aveva lottato con Dio (Per questo non ho capito come si possa sostenere
che Giacobbe abbia lottato con un essere angelico). Se teniamo presente
l’ebraico, il nome che l’Eterno diede a Giacobbe, è Isra-el. Quel el
finale, corrisponde a ciò che l’Eterno disse a Giacobbe "Tu hai lottato
con Dio (el) e hai vinto". Per cui Isra, sta che tu hai
lottato, el, sta per Dio. Il nome italianizzato Israele nasconde
una verità meravigliosa. Ancora una volta ciò dimostra che non stiamo spaccando
un versetto o una parola in quattro, ma si tratta di comprendere ciò che
leggiamo.
Che la parola Elohim
abbia il significato di divinità, lo dimostra il fatto che anche le divinità
degli altri popoli venivano chiamate Elohim, cioè con lo stesso termine
usato dagli ebrei per la loro divinità. Prendiamo come esempio l’introduzione
ai dieci comandamenti. "Allora DIO pronunziò tutte queste parole,
dicendo: "Io l'Eterno, DIO tuo, che ti ha fatto uscire dal paese d'Egitto,
dalla casa di schiavitù. Non avrai altri dèi davanti a me". Questa
introduzione merita un piccolo esame. Il capitolo inizia inducendoci a una
presa di coscienza su come dobbiamo capire DIO, cioè l’Elohim, la
Divinità che parla. "Allora DIO pronunziò tutte queste parole".
Poi continua: "Io l'Eterno". La divinità d’Israele, una divinità
definita in modo vago, con un altrettanto vago e comune vocabolo, Elohim, si
presenta però come una persona, io, e con il suo vero nome, cioè JHWH.
Il discorso di JHWH è dunque questo: "Chi ti parla non è una divinità
vaga, impersonale, indefinita, come tutte le altre ma sono io, JHWH, Colui che
ti ha salvato e che ha una identità precisa". Dopo aver mostrato la sua
carta di identità, il suo vero nome, JHWH, l’Elohim di Israele, continua
dicendo "DIO tuo". In definitiva JHWH sta asserendo che lui
ora è diventato la divinità del popolo d’Israele perché lo
ha salvato facendolo uscire mediante opere potenti dal paese di Egitto. Dopo
aver attestato con dimostrazione tangibile dei fatti la propria opera di
Salvatore del popolo, JHWH ordina nel primo comandamento: "Non avrai
altri dèi davanti a me". In ebraico sta scritto "Non avrai
altri Elohim davanti a me", cioè non avere altre divinità oltre me, o
di fronte a me, perché l’Elohim che ti ha salvato e che è degno di adorazione,
sono io, e nessun altro.
Continua....
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