TESTIMONIANZE DI CRISTO DELLA SUA PRESENZA NELL’ANTICO PATTO
Le asserzioni di Gesù, circa la sua presenza nell’Antico Patto, non sono sempre vaghe. Egli fa ulteriori affermazioni ben precise.
IN RIFERIMENTO AD ABRAMO
In un’ennesima discussione con i giudei, Gesù asseriva di dare la vita eterna. I giudei risposero: «“Sei tu più grande del padre nostro Abrahamo, il quale è morto? Anche i profeti sono morti; chi pretendi di essere?”. Gesù rispose: “Se io glorifico me stesso, la mia gloria non è nulla. E il mio Padre che mi glorifica, quello che voi dite essere vostro Dio. Ma voi non l’avete conosciuto, io però lo conosco e se dicessi di non conoscerlo, sarei un bugiardo come voi; ma io lo conosco e osservo la sua parola. Abrahamo, vostro padre, giubilò nella speranza di vedere il mio giorno; lo vide e se ne rallegrò”. I Giudei dunque gli dissero: “Tu non hai ancora cinquant’anni e Abrahamo ti ha visto?”. Gesù disse loro: “In verità, in verità io vi dico: Prima che Abrahamo fosse nato, io sono” [oppure, “prima che Abramo fosse prodotto in vita, io sono”]» (Giovanni 8:53-58) Gesù afferma di essere stato visto da Abramo (secondo diversi codici), e di avere esistenza anteriore a quella del patriarca, vissuto circa 2000 anni prima. Vari studiosi delle Scritture sono perplessi riguardo a questa affermazione di Gesù perché non trovano nella Bibbia nessun elemento riferito alla Persona del Cristo al tempo di Abrahamo, mentre decine e decine sono i riferimenti a JHWH. «Quando Abramo ebbe novantanove anni, JHWH gli apparve [cioè si lasciò vedere]» (Genesi 17:1) Proprio nello stesso capitolo, abbiamo un riferimento nel quale Abramo parla con JHWH, e ride: «Allora Abrahamo si prostrò con la faccia a terra e rise.» (Genesi 17:17) Proprio perché è JHWH, Gesù ha potuto affermare non solo di essere Dio, ma di essere anche Colui al quale Abramo si è rivolto e ha creduto. Per questo, quando i giudei cercavano di ucciderlo, Gesù rispose: «Abrahamo non fece questo» (Giovanni 8:40). I Giudei, avendo compreso che Gesù stava attestando di essere JHWH, decisero di lapidarlo. Uno studioso così commenta l’espressione di Gesù «Amen amen dico a voi: prima che Abrahamo fosse nato, io sono»: «Introdotto da un duplice Amen, il più forte giuramento, il nostro Signore dichiara il nome impronunciabile dell’Essere Divino.»
IN RIFERIMENTO A ISAIA
Nel suo vangelo, Giovanni di tanto in tanto riporta un proprio commento. Eccone uno: «Sebbene avesse fatto tanti segni davanti a loro, non credevano in lui, affinché si adempisse la parola detta dal profeta Isaia: “Signore, chi ha creduto alla nostra predicazione? E a chi è stato rivelato il braccio del Signore?”. Perciò non potevano credere, perché Isaia disse ancora: “Egli ha accecato i loro occhi e ha indurito il loro cuore, perché non vedano con gli occhi, non intendano col cuore, non si convertano e io non li guarisca”. Queste cose disse Isaia, quando vide la sua gloria e parlò di lui.» (Giovanni 12:37-41) Giovanni afferma esplicitamente che Isaia ebbe una prefania cristica e parlò di Lui. Dove troviamo scritto che Isaia ebbe una prefigurazione del Cristo, e parlò di Lui? Leggiamo al capitolo 6, di Isaia: «Nell’anno della morte del re Uzziah, io vidi il Signore assiso sopra un trono alto ed elevato, e i lembi del suo manto riempivano il tempio. Sopra di lui stavano dei serafini; ognuno di essi aveva sei ali: con due si copriva la faccia, con due si copriva i piedi e con due volava. L’uno gridava all’altro e diceva: “Santo, santo, santo è l’Eterno degli eserciti. Tutta la terra è piena della sua gloria.” Gli stipiti della porta furono scossi dalla voce di colui che gridava, mentre il tempio si riempì di fumo. Allora io dissi: “Ahimé! Io sono perduto, perché sono un uomo dalle labbra impure e abito in mezzo a un popolo dalle labbra impure; eppure i miei occhi hanno visto il Re, l’Eterno degli eserciti.” Allora uno dei serafini volò verso di me, tenendo in mano un carbone ardente, che aveva preso con le molle dall’altare. Con esso mi toccò la bocca e disse: “Ecco, questo ha toccato le tue labbra, la tua iniquità è rimossa e il tuo peccato è espiato.” Poi udii la voce del Signore che diceva: “Chi manderò e chi andrà per noi?” Io risposi: “Eccomi, manda me!”» (Isaia 6:1-9) Isaia non vide Dio Padre, né parlò di Lui, come comunemente si pensa, ma vide JHWH, che l’evangelista Giovanni testimonia di essere il Cristo.
UNA ULTERIORE TESTIMONIANZA IN RIFERIMENTO A SATANA
Vi è un’altra testimonianza rilasciata da Gesù in merito a se stesso. Essa riguarda la sua preesistenza. «Or i settanta tornarono con allegrezza, dicendo: “Signore, anche i demoni ci sono sottoposti nel nome tuo.” Ed egli disse loro: “Io vedevo Satana cadere dal cielo come una folgore. Ecco, io vi ho dato il potere di calpestare serpenti e scorpioni, e su tutta la potenza del nemico, e nulla potrà farvi del male. Tuttavia non vi rallegrate del fatto che gli spiriti vi sono sottoposti, ma rallegratevi piuttosto perché i vostri nomi sono scritti nei cieli”» (Luca 10:17-20) Non solo Gesù afferma la sua preesistenza rispetto ad ogni altro uomo, ma anche rispetto ad ogni essere angelico dei quali Satana è l’autorità. Chi non scorgeva la presenza di Cristo nell’Antico Patto, come poteva credere in Lui? Gesù parlava di se stesso come il preannunciato dall’Antica Alleanza. Non solo. Quando Gesù raccontò l’episodio di Lazzaro, di fronte all’invocazione del ricco di mandare qualcuno dai morti per testimoniare della perdizione eterna, rispose: «Se non ascoltano Mosè e i profeti, non crederanno neppure se uno risuscitasse dai morti» (Luca 16:31). Ascoltare Mosè e i profeti, significava credere in JHWH. Chi non crede che Gesù sia JHWH, non ha altra possibilità per credere nel Dio d’Israele. Dobbiamo aver fiducia più nelle parole di Gesù che nella nostra logica. In effetti, Gesù Cristo è risuscitato dai morti, ma neppure questo straordinario evento ha smosso dall’incredulità coloro che non volevano credere. Secondo alcuni studiosi, l’attestazione più categorica di Gesù circa la sua Divinità, confermata dalla Scrittura, si trova in Matteo 22:41-44: «Ora, essendo i farisei riuniti, Gesù chiese loro: “Che ve ne pare del Cristo? Di chi è figlio?.” Essi gli dissero: “Di Davide.” Egli disse loro: “Come mai dunque Davide, per lo Spirito, lo chiama Signore, dicendo: ‘Il Signore ha detto al mio Signore: Siedi alla mia destra, finché io abbia posto i tuoi nemici come sgabello dei tuoi piedi’? Se dunque Davide lo chiama Signore, come può essere suo figlio?”»
Il passo dell’Antico Patto richiamato da Gesù, è il Salmo 110. «L’Eterno dice al mio Signore: “Siedi alla mia destra finché io faccia dei tuoi nemici lo sgabello dei tuoi piedi”» Come tutti i suoi contemporanei, Gesù cita la versione della LXX, ove il greco recita: «Il Signore ha detto al mio Signore», una traduzione che non rende fedelmente il testo originale ebraico. Ciò ostacola una giusta comprensione da parte del lettore. In ebraico, invece, abbiamo: «Oracolo di JHWH al mio adon.» Gesù, con questa citazione e affermazione, mette in evidenza la discendenza davidica del Messia come un fatto incontestabile. Dichiara che il Salmo è stato scritto da Davide, che colui a cui JHWH si rivolge (e che è figlio di Davide) ha l’appellativo di adon, cioè signore di Davide. E tutto ciò, per lo Spirito Santo. Come poteva, Davide, chiamare «signore» suo figlio? Per capire l’espressione «Oracolo di JHWH al mio adon», è necessario sottolineare quattro cose:
1. È un errore di traduzione della LXX rispetto al testo ebraico. Gli evangelisti hanno traslato la stessa traduzione greca della LXX nel loro testo greco.
2. Il testo del Salmo, ripreso da Gesù, richiama la cerimonia d’intronizzazione della casa reale. La «destra» non è uno scranno posto alla destra del Re, sul quale s’insedia il figlio cadetto, bensì è lo stesso trono del padre che, dopo aver accolto in piedi il figlio, gli consegna i segni del potere, lo fa accomodare al proprio posto, facendosi da parte alla sinistra dello scranno stesso (Apocalisse 3:21).
Il cadetto, una volta intronizzato, diventa Re a tutti gli effetti e gli astanti pongono lo sgabello del padre ai suoi piedi.
3. Poiché l’espressione «Oracolo di JHWH al mio adon» fa dedurre che JHWH si riferisca ad un altro, è bene tenere presente la peculiarità di JHWH, già presa in esame nei capitoli precedenti, di esprimersi in terza persona. In effetti JHWH attesta che, nella Sua umanità, Egli sta per essere intronizzato. L’apostolo Pietro asserisce la stessa verità: per meriti umani Gesù è stato costituito, dalla Deità, Signore e Messia. «Sappia dunque con certezza tutta la casa d’Israele che quel Gesù che voi avete crocifisso, Dio lo ha fatto [costituito] Signore e Cristo» (Atti 2:36).
4. La vera intronizzazione di JHWH si è totalmente compiuta nell’ascensione della natura umana del Cristo (l’unico e vero mediatore: l’uomo Gesù Cristo!), il quale riceve il Regno eterno come uomo perché in quanto JHWH, Figlio di Dio, l’aveva sempre avuto. Quindi, contrariamente a quanto alcuni pensano, nell’affermazione «Oracolo di JHWH al mio adon» non esiste una attribuzione del nome JHWH alla prima Persona della Trinità, per la quale sarebbe la Persona del Padre a rivolgersi al Figlio, ma è JHWH stesso, quale Cristo eterno, che si riferisce alla Sua stessa natura umana.
E per aiutare a comprendere questo modo ebraico di parlare, teniamo presente le varie espressioni di Gesù riferite a se stesso «Quando il figlio dell’uomo verrà» (Matteo 25:31; Marco 8:38; Luca 18:8), mettendo in evidenza la sua divinità. Queste riflessioni mettono in evidenza che Gesù ha del continuo testimoniato della Sua Divinità e della Sua presenza nella Torah, più di quanto molti studiosi abbiano compreso. Personalmente ho una forte fiducia che in futuro molti biblisti studieranno questo particolare aspetto.
Come la Scrittura si interpreta con la Scrittura, così il senso delle affermazioni di Gesù non può essere compreso se non alla luce delle Sue stesse parole. JHWH è, dunque, la password di sé stesso. Ma, questa conclusione potrebbe essere ancora opinabile, se i primi giudei cristiani non avessero testimoniato apertamente la presenza di Cristo nella Torah. Questo sarà il prossimo argomento.
Le asserzioni di Gesù, circa la sua presenza nell’Antico Patto, non sono sempre vaghe. Egli fa ulteriori affermazioni ben precise.
IN RIFERIMENTO AD ABRAMO
In un’ennesima discussione con i giudei, Gesù asseriva di dare la vita eterna. I giudei risposero: «“Sei tu più grande del padre nostro Abrahamo, il quale è morto? Anche i profeti sono morti; chi pretendi di essere?”. Gesù rispose: “Se io glorifico me stesso, la mia gloria non è nulla. E il mio Padre che mi glorifica, quello che voi dite essere vostro Dio. Ma voi non l’avete conosciuto, io però lo conosco e se dicessi di non conoscerlo, sarei un bugiardo come voi; ma io lo conosco e osservo la sua parola. Abrahamo, vostro padre, giubilò nella speranza di vedere il mio giorno; lo vide e se ne rallegrò”. I Giudei dunque gli dissero: “Tu non hai ancora cinquant’anni e Abrahamo ti ha visto?”. Gesù disse loro: “In verità, in verità io vi dico: Prima che Abrahamo fosse nato, io sono” [oppure, “prima che Abramo fosse prodotto in vita, io sono”]» (Giovanni 8:53-58) Gesù afferma di essere stato visto da Abramo (secondo diversi codici), e di avere esistenza anteriore a quella del patriarca, vissuto circa 2000 anni prima. Vari studiosi delle Scritture sono perplessi riguardo a questa affermazione di Gesù perché non trovano nella Bibbia nessun elemento riferito alla Persona del Cristo al tempo di Abrahamo, mentre decine e decine sono i riferimenti a JHWH. «Quando Abramo ebbe novantanove anni, JHWH gli apparve [cioè si lasciò vedere]» (Genesi 17:1) Proprio nello stesso capitolo, abbiamo un riferimento nel quale Abramo parla con JHWH, e ride: «Allora Abrahamo si prostrò con la faccia a terra e rise.» (Genesi 17:17) Proprio perché è JHWH, Gesù ha potuto affermare non solo di essere Dio, ma di essere anche Colui al quale Abramo si è rivolto e ha creduto. Per questo, quando i giudei cercavano di ucciderlo, Gesù rispose: «Abrahamo non fece questo» (Giovanni 8:40). I Giudei, avendo compreso che Gesù stava attestando di essere JHWH, decisero di lapidarlo. Uno studioso così commenta l’espressione di Gesù «Amen amen dico a voi: prima che Abrahamo fosse nato, io sono»: «Introdotto da un duplice Amen, il più forte giuramento, il nostro Signore dichiara il nome impronunciabile dell’Essere Divino.»
IN RIFERIMENTO A ISAIA
Nel suo vangelo, Giovanni di tanto in tanto riporta un proprio commento. Eccone uno: «Sebbene avesse fatto tanti segni davanti a loro, non credevano in lui, affinché si adempisse la parola detta dal profeta Isaia: “Signore, chi ha creduto alla nostra predicazione? E a chi è stato rivelato il braccio del Signore?”. Perciò non potevano credere, perché Isaia disse ancora: “Egli ha accecato i loro occhi e ha indurito il loro cuore, perché non vedano con gli occhi, non intendano col cuore, non si convertano e io non li guarisca”. Queste cose disse Isaia, quando vide la sua gloria e parlò di lui.» (Giovanni 12:37-41) Giovanni afferma esplicitamente che Isaia ebbe una prefania cristica e parlò di Lui. Dove troviamo scritto che Isaia ebbe una prefigurazione del Cristo, e parlò di Lui? Leggiamo al capitolo 6, di Isaia: «Nell’anno della morte del re Uzziah, io vidi il Signore assiso sopra un trono alto ed elevato, e i lembi del suo manto riempivano il tempio. Sopra di lui stavano dei serafini; ognuno di essi aveva sei ali: con due si copriva la faccia, con due si copriva i piedi e con due volava. L’uno gridava all’altro e diceva: “Santo, santo, santo è l’Eterno degli eserciti. Tutta la terra è piena della sua gloria.” Gli stipiti della porta furono scossi dalla voce di colui che gridava, mentre il tempio si riempì di fumo. Allora io dissi: “Ahimé! Io sono perduto, perché sono un uomo dalle labbra impure e abito in mezzo a un popolo dalle labbra impure; eppure i miei occhi hanno visto il Re, l’Eterno degli eserciti.” Allora uno dei serafini volò verso di me, tenendo in mano un carbone ardente, che aveva preso con le molle dall’altare. Con esso mi toccò la bocca e disse: “Ecco, questo ha toccato le tue labbra, la tua iniquità è rimossa e il tuo peccato è espiato.” Poi udii la voce del Signore che diceva: “Chi manderò e chi andrà per noi?” Io risposi: “Eccomi, manda me!”» (Isaia 6:1-9) Isaia non vide Dio Padre, né parlò di Lui, come comunemente si pensa, ma vide JHWH, che l’evangelista Giovanni testimonia di essere il Cristo.
UNA ULTERIORE TESTIMONIANZA IN RIFERIMENTO A SATANA
Vi è un’altra testimonianza rilasciata da Gesù in merito a se stesso. Essa riguarda la sua preesistenza. «Or i settanta tornarono con allegrezza, dicendo: “Signore, anche i demoni ci sono sottoposti nel nome tuo.” Ed egli disse loro: “Io vedevo Satana cadere dal cielo come una folgore. Ecco, io vi ho dato il potere di calpestare serpenti e scorpioni, e su tutta la potenza del nemico, e nulla potrà farvi del male. Tuttavia non vi rallegrate del fatto che gli spiriti vi sono sottoposti, ma rallegratevi piuttosto perché i vostri nomi sono scritti nei cieli”» (Luca 10:17-20) Non solo Gesù afferma la sua preesistenza rispetto ad ogni altro uomo, ma anche rispetto ad ogni essere angelico dei quali Satana è l’autorità. Chi non scorgeva la presenza di Cristo nell’Antico Patto, come poteva credere in Lui? Gesù parlava di se stesso come il preannunciato dall’Antica Alleanza. Non solo. Quando Gesù raccontò l’episodio di Lazzaro, di fronte all’invocazione del ricco di mandare qualcuno dai morti per testimoniare della perdizione eterna, rispose: «Se non ascoltano Mosè e i profeti, non crederanno neppure se uno risuscitasse dai morti» (Luca 16:31). Ascoltare Mosè e i profeti, significava credere in JHWH. Chi non crede che Gesù sia JHWH, non ha altra possibilità per credere nel Dio d’Israele. Dobbiamo aver fiducia più nelle parole di Gesù che nella nostra logica. In effetti, Gesù Cristo è risuscitato dai morti, ma neppure questo straordinario evento ha smosso dall’incredulità coloro che non volevano credere. Secondo alcuni studiosi, l’attestazione più categorica di Gesù circa la sua Divinità, confermata dalla Scrittura, si trova in Matteo 22:41-44: «Ora, essendo i farisei riuniti, Gesù chiese loro: “Che ve ne pare del Cristo? Di chi è figlio?.” Essi gli dissero: “Di Davide.” Egli disse loro: “Come mai dunque Davide, per lo Spirito, lo chiama Signore, dicendo: ‘Il Signore ha detto al mio Signore: Siedi alla mia destra, finché io abbia posto i tuoi nemici come sgabello dei tuoi piedi’? Se dunque Davide lo chiama Signore, come può essere suo figlio?”»
Il passo dell’Antico Patto richiamato da Gesù, è il Salmo 110. «L’Eterno dice al mio Signore: “Siedi alla mia destra finché io faccia dei tuoi nemici lo sgabello dei tuoi piedi”» Come tutti i suoi contemporanei, Gesù cita la versione della LXX, ove il greco recita: «Il Signore ha detto al mio Signore», una traduzione che non rende fedelmente il testo originale ebraico. Ciò ostacola una giusta comprensione da parte del lettore. In ebraico, invece, abbiamo: «Oracolo di JHWH al mio adon.» Gesù, con questa citazione e affermazione, mette in evidenza la discendenza davidica del Messia come un fatto incontestabile. Dichiara che il Salmo è stato scritto da Davide, che colui a cui JHWH si rivolge (e che è figlio di Davide) ha l’appellativo di adon, cioè signore di Davide. E tutto ciò, per lo Spirito Santo. Come poteva, Davide, chiamare «signore» suo figlio? Per capire l’espressione «Oracolo di JHWH al mio adon», è necessario sottolineare quattro cose:
1. È un errore di traduzione della LXX rispetto al testo ebraico. Gli evangelisti hanno traslato la stessa traduzione greca della LXX nel loro testo greco.
2. Il testo del Salmo, ripreso da Gesù, richiama la cerimonia d’intronizzazione della casa reale. La «destra» non è uno scranno posto alla destra del Re, sul quale s’insedia il figlio cadetto, bensì è lo stesso trono del padre che, dopo aver accolto in piedi il figlio, gli consegna i segni del potere, lo fa accomodare al proprio posto, facendosi da parte alla sinistra dello scranno stesso (Apocalisse 3:21).
Il cadetto, una volta intronizzato, diventa Re a tutti gli effetti e gli astanti pongono lo sgabello del padre ai suoi piedi.
3. Poiché l’espressione «Oracolo di JHWH al mio adon» fa dedurre che JHWH si riferisca ad un altro, è bene tenere presente la peculiarità di JHWH, già presa in esame nei capitoli precedenti, di esprimersi in terza persona. In effetti JHWH attesta che, nella Sua umanità, Egli sta per essere intronizzato. L’apostolo Pietro asserisce la stessa verità: per meriti umani Gesù è stato costituito, dalla Deità, Signore e Messia. «Sappia dunque con certezza tutta la casa d’Israele che quel Gesù che voi avete crocifisso, Dio lo ha fatto [costituito] Signore e Cristo» (Atti 2:36).
4. La vera intronizzazione di JHWH si è totalmente compiuta nell’ascensione della natura umana del Cristo (l’unico e vero mediatore: l’uomo Gesù Cristo!), il quale riceve il Regno eterno come uomo perché in quanto JHWH, Figlio di Dio, l’aveva sempre avuto. Quindi, contrariamente a quanto alcuni pensano, nell’affermazione «Oracolo di JHWH al mio adon» non esiste una attribuzione del nome JHWH alla prima Persona della Trinità, per la quale sarebbe la Persona del Padre a rivolgersi al Figlio, ma è JHWH stesso, quale Cristo eterno, che si riferisce alla Sua stessa natura umana.
E per aiutare a comprendere questo modo ebraico di parlare, teniamo presente le varie espressioni di Gesù riferite a se stesso «Quando il figlio dell’uomo verrà» (Matteo 25:31; Marco 8:38; Luca 18:8), mettendo in evidenza la sua divinità. Queste riflessioni mettono in evidenza che Gesù ha del continuo testimoniato della Sua Divinità e della Sua presenza nella Torah, più di quanto molti studiosi abbiano compreso. Personalmente ho una forte fiducia che in futuro molti biblisti studieranno questo particolare aspetto.
Come la Scrittura si interpreta con la Scrittura, così il senso delle affermazioni di Gesù non può essere compreso se non alla luce delle Sue stesse parole. JHWH è, dunque, la password di sé stesso. Ma, questa conclusione potrebbe essere ancora opinabile, se i primi giudei cristiani non avessero testimoniato apertamente la presenza di Cristo nella Torah. Questo sarà il prossimo argomento.
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