Abbiamo concluso la nostra ricerca nell’Antico Patto, constatando che esso sia la storia, o il vangelo, di JHWH.
È JHWH che crea Adamo ed Eva, che fa per loro delle tuniche di pelli, che chiude l’arca, che parla e si fa vedere ad Abramo, che lotta con Giacobbe.
Troviamo la Sua presenza corporea quando, alla montagna di Dio, Mosè Lo incontra in una fiamma di fuoco. Da quel momento, la presenza fisica di JHWH condurrà Mosè e il popolo d’Israele verso la terra promessa.
JHWH si fa vedere a Giosuè con una spada sguainata e accompagnerà il popolo di Dio verso la conquista della terra promessa.
Al tempo dei Giudici, JHWH si fa vedere più volte in una fisicità umana.
Quando il popolo d’Israele arriva al culmine della potenza politica e militare, l’idolatria si infiltra nella fede del popolo di Dio; conseguentemente JHWH manda, a più riprese, dei profeti, affinché il popolo si distolga dall’insano cammino. Il popolo non ascolta ed è deportato in terra straniera. Dopo il ritorno nella terra natia, nel 536 prima di Cristo, JHWH manda i profeti Aggeo, Zaccaria, Malachia, per indurre il popolo a seguire il vero Dio.
L’ultimo dei profeti, Malachia, profetizzerà quattrocento anni prima di Cristo, che JHWH avrebbe mandato il messaggero a preparare la via davanti a Lui.
Dopo il profeta Malachia, JHWH Dio tace per 400 anni.
Nessun profeta alza la voce proclamando con la solita autorità: «Così dice JHWH».
Queste espressioni rendono la Bibbia un testo unico.
La Sacra Scrittura è l’unico testo sacro della letteratura religiosa di tutto il mondo ad aver la pretesa di affermare che, in essa, sia Dio a parlare in prima persona.
La dicitura: «Così dice JHWH», si trova più di 300 volte nella Bibbia, conferendole un’autorità, nel campo della fede, che non ha paragoni.
Ma, ecco, che leggiamo nel vangelo secondo Luca: «Or nell’anno quindicesimo del regno di Tiberio Cesare, mentre Ponzio Pilato era governatore della Giudea, Erode tetrarca della Galilea, suo fratello Filippo tetrarca dell’Iturea e della regione della Traconitide e Lisania tetrarca dell’Abilene, sotto i sommi sacerdoti Anna e Caiafa, la parola di Dio fu indirizzata a Giovanni, figlio di Zaccaria, nel deserto» (Luca 3:1-2)
In un periodo ben preciso della storia, Giovanni il battista riceve da Dio una rivelazione (rhema).
Egli rompe il lungo silenzio con una testimonianza che ha dell’incredibile. «E questa è la testimonianza di Giovanni, quando i Giudei gli inviarono da Gerusalemme dei sacerdoti e dei leviti per domandargli: “Chi sei tu?”. Egli lo dichiarò e non lo negò, e dichiarò: “Io non sono il Cristo”, Allora essi gli domandarono: “Chi sei dunque? Sei tu Elia?.” Egli disse: “Non lo sono!”. “Sei tu il profeta?.” Ed egli rispose: “No!”. Essi allora gli dissero: “Chi sei tu, affinché diamo una risposta a coloro che ci hanno mandato? Che dici di te stesso?”. Egli rispose: “Io sono la voce di colui che grida nel deserto: Raddrizzate la via del Signore, come disse il profeta Isaia”. Or coloro che erano stati mandati venivano dai farisei; essi gli domandarono e gli dissero: “Perché dunque battezzi, se tu non sei il Cristo, né Elia, né il profeta?”. Giovanni rispose loro. dicendo: “Io battezzo con acqua, ma in mezzo a voi sta uno che non conoscete. Egli è colui che viene dopo di me e che mi ha preceduto, a cui io non sono degno di sciogliere il legaccio dei sandali”» (Giovanni 1:19-27) Giovanni rivelò ai giudei l’esistenza di Qualcuno in mezzo a loro, a loro sconosciuto, il quale era più grande di lui (Nessuno nato da donna è più grande di Giovanni il battista - Luca 7:28-, neppure Maria, la madre di Gesù).
Inoltre, Giovanni dichiarò che questa Persona, per quanto venisse dopo di lui, l’avesse preceduto e che, a questa Persona, egli non era degno di sciogliere il legaccio dei sandali.
Chi era, dunque, questa unica e straordinaria Persona?
Il giorno dopo, Giovanni, vedendo Gesù, disse: «Questi è colui del quale dissi: “Dopo di me viene un uomo che mi ha preceduto, perché era prima di me”» (Giovanni 1:29-30).
Giovanni attestò che Gesù fosse l’uomo al quale non era degno di sciogliere il legaccio dei calzari e che era prima di lui.
Nel greco, l’espressione è ancora più significativa: «… in mezzo a voi è stato chi voi non conoscete» (Giovanni 1:26) Esprimendosi al passato prossimo, Giovanni dichiara che, colui che è presente, era antecedente.
Come poteva Gesù, essere già prima di Giovanni, dal momento che era nato, secondo la testimonianza degli evangelisti, sei mesi dopo il battista? E ancora. Come può Cristo Gesù, essere sia la Radice sia la progenie di Davide? (Apocalisse 22:16).
Gesù non negò mai la testimonianza di Giovanni. Anzi. Riconobbe nel battista, il messaggero inviato per preparare la via davanti a JHWH (Matteo 11:10). «Perché questi è colui del quale è scritto: “Ecco, io mando il mio messaggero davanti alla tua faccia, egli preparerà la tua strada davanti a te.”» Se confrontiamo la profezia di Malachia 3:1 con l’affermazione di Gesù, notiamo come Egli applichi a se stesso questa profezia. Fin dalla sua apparizione sulla terra, Gesù è stato unico. Già, quando fu posto in una mangiatoia, gli angeli lo presentarono come il Salvatore, Cristo, il Signore.
Ora Giovanni lo presenta come JHWH.
E Gesù cosa disse di se stesso?
È vero che Egli non ha mai negato la testimonianza di Giovanni, ma ha mai Egli espresso chiaramente d’essere JHWH, la Divinità d’Israele?
Secondo alcuni studiosi, Gesù non avrebbe mai detto chiaramente d’essere Dio e gli autori biblici farebbero menzione della sua Divinità pochissime volte.
Evidentemente, tali studiosi non hanno compreso le parole di Gesù.
Fin dall’inizio del suo ministero Gesù ha detto espressamente di essere Dio, quando attestava di essere JHWH.
Per decine di volte nella sua vita terrena Gesù ha espresso la sua Deità, citando la caratteristica di JHWH: IO SONO.
Per comprendere le asserzioni di Gesù, occorre tenere presente l’episodio dell’incontro di JHWH con Mosè. Quando la Persona di JHWH si lasciò vedere a Mosè in mezzo ad una fiamma di fuoco (Esodo 3:2), leggiamo la seguente descrizione nel libro dell’Esodo: «Allora Mosè disse a DIO: “Ecco, quando andrò dai figli d’Israele e dirò loro: ‘Il DIO dei vostri padri mi ha mandato da voi’, se essi mi dicono ‘Qual’ è il suo nome?’, che risponderò loro?” DIO disse a Mosè: “IO SONO COLUI CHE SONO.” Poi disse: “Dirai così ai figli d’Israele: ‘L’IO SONO mi ha mandato da voi.’” DIO disse ancora a Mosè: “Dirai così ai figli d’Israele: ‘L’Eterno, il DIO dei vostri padri, il DIO di Abrahamo, il DIO d’Isacco e il DIO di Giacobbe mi ha mandato da voi. Questo è il mio nome in perpetuo. Questo sarà sempre il mio nome col quale sarò ricordato per tutte le generazioni’”» (Esodo 3:13-15)
Mosè non ha chiesto a Colui che gli parlava come si chiamasse, ma Gli ha chiesto chi fosse e JHWH ha risposto di essere «IO SONO». Dunque, la Divinità d’Israele si è rivelata come «L’IO SONO». L’espressione «Io sono», che in ebraico corrisponde al tetragramma e nella prima traduzione in greco dell’Antico Testamento, la nota Septuaginta, fu resa «ego eimì», si trova varie volte nel Nuovo Patto. L’evangelista Giovanni riporta questa espressione di Gesù 27 volte: 23 volte nel suo vangelo e 4 volte nell’Apocalisse.
Gesù usa questa espressione 9 volte come un assoluto, per asserire esplicitamente la sua identità mediante il corrispondente greco del tetragramma ebraico; le altre volte come predicato, per richiamare indirettamente alla Sua divinità.
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