GESÙ È IL SIGNORE
In questa sezione di studio daremo risposta alle
domande, che ci siamo posti
all’inizio della nostra ricerca: «Cosa volevano intendere i primi cristiani
quando attribuivano a Gesù il titolo di
“Signore”?
Era un semplice titolo di rispetto, un altro nome
di Dio, o qualcosa di più profondo?
Cosa vogliamo noi intendere, oggi,
quando affermiamo che Gesù è il Signore?»
Per comprendere la risposta, dobbiamo ricordare
che l’Antico Patto è stato scritto
quasi tutto in Ebraico, mentre il Nuovo Patto in greco.
Perciò, le Bibbie che possediamo nella nostra
lingua sono una traduzione delle lingue originali. Questo dato di fatto ci aiuta a comprendere le difficoltà che
incontreremo nell’esaminare i nomi di Dio.
Abbiamo preso atto che il Creatore, JHWH, si è
rivelato ad un popolo, quello Ebraico.
Noi possiamo trovare la
rivelazione della Sua Persona nei 39 libri scritti, sì, da uomini ebrei, ma da Lui
stesso ispirati.
Dio, quindi, si è espresso nella lingua e secondo
la cultura del popolo ebraico.
Per questo, in ebraico i nomi dati alla
Divinità d’Israele, sono:
· Adonaj,
· Elohim,
· JHWH.
Oggi, noi possediamo questi testi, scritti
originariamente in ebraico, nella loro
traduzione greca. Per comprendere il valore della traduzione dell’Antico
Patto in greco, dobbiamo fare un breve passo a
ritroso nella storia.
Tolomeo Filadelfo (285-247 a.C.), incaricò 72
eruditi ebrei di tradurre tutto
l’Antico Patto in greco volgare (Koiné). Questa traduzione, venne chiamata la LXX (Settanta). Il Pentateuco fu terminato
al tempo di Tolomeo, mentre il
resto dell’Antico Patto finì di essere tradotto verso il 150 a.C. La versione dei settanta (LXX) fu adottata come
testo dell’Antico
Patto da Gesù e dai primi cristiani.
Una prova che sia Gesù, sia i
primi cristiani,
adottassero la LXX come testo autorevole della Parola di Dio, proviene dalla traduzione del versetto 7:14 di Isaia, riportata da Matteo, al
capitolo uno e versetto ventitré, in riferimento a
Maria la madre di Gesù.
Nell’ebraico, nel libro di Isaia, leggiamo:
«Perciò il Signore stesso vi darà un segno: Ecco,
la giovane concepirà, partorirà un
figlio, e lo chiamerà Emmanuele.»
Nelle nostre versioni del vangelo di Matteo
troviamo scritto:
«La vergine sarà incinta e partorirà un figlio, al
quale sarà posto nome Emmanuele,
che tradotto vuol dire: “Dio con noi.”»
La differenza è evidente. In Ebraico abbiamo una
giovane che partorirà,
mentre nelle nostre versioni, abbiamo una vergine.
Come mai quest’apparente
discordanza? Perché le citazioni dell’Antico Patto, riportate nel Nuovo Patto, sono prese dalla versione Septuaginta, che è la più antica
traduzione del testo ebraico in lingua greca.
Nel testo ebraico, abbiamo almah, cioè giovane.
Nella traduzione greca, abbiamo parthénos, cioè vergine.
Questo dimostra che i primi cristiani adottassero,
come Parola di Dio, anche la
versione dei LXX.
In relazione alla nascita miracolosa e unica di
Gesù, è ottima la riflessione di Ravi Zacharias, apologeta, nato in India: «Le prove migliori a favore di
qualsiasi storia improbabile, sono quelle che
provengono da fonti che avrebbero interesse
ad attestarne la falsità. Esistono varie fonti che avevano tutto da perdere nel testimoniare della verità della nascita
da una vergine, eppure
lo hanno fatto […] il sostegno maggiore a favore della verità della nascita di
Gesù da una vergine proviene, incredibilmente,
dall’Islam, che per secoli è stato
in netta opposizione al vangelo cristiano. Infatti il Corano, scritto seicento
anni dopo la nascita di Gesù, afferma
chiaramente che Gesù è nato da una
vergine (Sura 19:19-21). Se non fosse stato vero, a pro di che
affermarlo, dato che l’Islam non
ne traeva certo vantaggio?»
Poiché l’Antico Patto è stato tradotto in greco,
la domanda più ovvia è: «Se i tre
nomi di Dio espressi nella lingua ebraica non si trovano citati come tali in greco, in che modo li hanno tradotti i
settanta eruditi ebrei,Ravi Zacharias, Perché tra i tanti proprio Gesù?, Italia Per Cristo
Editore, Roma.
Nella loro versione? Dato che anche tutto il Nuovo Testamento
ci è pervenuto in greco e in esso
non troviamo nessuna traccia del nome ebraico JHWH, come hanno tradotto in greco, i primi cristiani,
il nome proprio della Divinità
d’Israele?» Dalla risposta che daremo a questa domanda, dipende gran parte della nostra comprensione della
Scrittura.
I tre nomi di Dio in greco sono stati resi con:
· Despota,
«Signore» o «Padrone», che è l’equivalente di Adonaj.
· Theos, «Dio», che è l’equivalente di Elohim.
· Kyrios, « Signore», che è l’equivalente di JHWH.
Troviamo i tre nomi citati assieme solo in un
versetto, nella lettera di Giuda.
«Si sono infatti infiltrati tra di voi certi
uomini, che sono stati da tempo
designati per questa condanna, empi che mutano la grazia del nostro Dio [Theos] in immoralità e negano l’unico Padrone [Despota] Dio e il Signor [Kyrios] nostro Gesù Cristo.» (Giuda 4)
Come abbiamo già accennato, proprio perché i nomi
ebraici della divinità d’Israele
non si trovano nelle traduzioni greche e di conseguenza nelle lingue di altre versioni, dobbiamo cogliere
dietro alle apparenti espressioni
comuni, i nomi riferiti a JHWH. Infatti, quando troviamo scritto Signore Dio (Matteo 4:7, 19; 22:37; Marco 12:29-30;
1Pietro 3:15;
Apocalisse 4:8; 11:17; 16:7; 22:5), altro non è
che la traslazione dell’ebraico
JHWH Elohim.
Prendiamo in esame i tre nomi in greco riferiti
alla Divinità.
1. IL TERMINE SIGNORE (KYRIOS)
Il termine greco Kyrios, «signore», era una parola usata nella LXX per
tradurre JHWH (che era letto dagli ebrei Adonaj - Mio Signore).
Vediamone qualche esempio. Grande Commentario Biblico,
Queriniana, 1974, pag 1827.
Continua...
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