Leggiamo nuovamente dell’incontro tra Mosè e JHWH, in Esodo 3:1-2, per apprendere nuove verità. «Or Mosè pascolava il gregge di Jethro suo suocero, sacerdote di Madian; egli portò il gregge oltre il deserto e giunse alla montagna di DIO, all’Horeb. E apparve mal´ak di JHWH a lui in una fiamma di fuoco in mezzo il roveto» (traduzione interlineare dall’ebraico) Mosè vedeva l’Angelo dell’Eterno che stava nel roveto perché gli era «apparso», cioè si era fatto vedere.
Se da questa lettura comprendiamo che JHWH fosse presente in una fiamma, allora la scena descritta in questo brano è la seguente: Mosè vede un uomo, una figura soprannaturale avvolta da una fiamma di fuoco in mezzo ad un roveto, un roveto che bruciava senza consumarsi.
Mosè si avvicina, e quest’uomo lo invita a togliersi le scarpe perché si trovava alla presenza dell’Elohim dei suoi padri.
Per questo, Mosè «si nascose la faccia perché aveva paura di guardare Dio» (Esodo 3:6), era spaventato dalla presenza di Dio e non da ciò che vedeva.
Prima di morire, Mosè testimonierà di «colui che stava nel roveto» (Deuteronomio 33:16), indicandolo come «l’Io sono colui che sono» (Esodo 3:14).
Questa è l’esposizione dell’episodio in questione, così come la riportarono i primi cristiani.
Ecco la testimonianza di Stefano. «Passati quarant’anni, l’angelo del Signore gli apparve [si lasciò vedere] nel deserto del monte Sinai, nella fiamma di fuoco di un roveto.
Alla vista di ciò, Mosè rimase stupito di quel che vedeva, e come si avvicinava per osservare, udì la voce del Signore, che diceva: “Io sono il Dio dei tuoi padri, il Dio di Abrahamo, il Dio di Isacco e il Dio di Giacobbe.” Ma Mosè, tremando tutto, non ardiva alzare lo sguardo. Allora il Signore gli disse: “Togliti i calzari dai piedi, perché il luogo sul quale stai è terra santa.
Ho certamente visto l’afflizione del mio popolo in Egitto e ho udito i loro sospiri, e sono disceso per liberarli; or dunque vieni, io ti manderò in Egitto”
Egli li condusse fuori, operando segni e prodigi nel paese di Egitto, nel Mar Rosso e nel deserto, per quarant’anni. Questi è quel Mosè che disse ai figli d’Israele: Il Signore Dio vostro susciterà per voi, tra i vostri fratelli, un profeta come me. Ascoltatelo!.
Questi è colui che nell’assemblea nel deserto fu con l’angelo che gli parlava sul monte Sinai e con i nostri padri; e ricevette le parole viventi per trasmetterle a noi» (Atti 7:30-38)
L’uomo del roveto dichiara di essere sceso per liberare il popolo dalla mano degli Egiziani (Neemia 9:13).
Il verbo «scendere» è significativo. Egli non ha detto: «sono venuto», ma «sceso», indicando, con tale verbo, di provenire dall’alto. Come del resto disse Gesù, quando testimoniò: «Io sono disceso dal cielo…» (Giovanni 6:38,51).
Inoltre, l’uomo del roveto promette che sarebbe stato con Mosè di persona. «Verrò io di persona con te.» (v.14. Mariani e Garofalo) Giustamente Mosè gli chiede di rivelargli la Sua personalità ed Egli si rivela come IO SONO, cioè colui che è l’eterno presente.
Da questo momento in poi, Mosè parlerà con JHWH «bocca a bocca» (Esodo 33:11 e Numeri 12:8), espressione, da considerarsi alla lettera, anche perché nel testo originale è la stessa riferita a Sedekia, quando parlò con il re di Babilonia a «bocca a bocca» (Geremia 32:4).
Mosè stava con JHWH nell’assemblea, nel deserto, parlava con Lui e contemplava la sembianza di JHWH o, come rende la Bibbia di Salvatore Garofalo, «contemplava la forma di Jahve.»
Quando Mosè benedisse i figli di Israele, rivolgendosi a Giuseppe dirà «Il favore di colui che Dimorante di roveto [ebraico] venga sul capo di Giuseppe» (Deuteronomio 33:16), e quando testimonierà del suo incontro con JHWH, ricorderà quest’avvenimento, usando espressioni tipicamente umane.
Si legge infatti che i dieci comandamenti, a differenza degli altri precetti scritti da Mosè, erano stati scritti con il dito di Dio (Esodo 31:18; Deuteronomio 9:10) e che JHWH glieli consegnò (Deuteronomio 10:4) o, che glieli diede (Deuteronomio 5:22).
Se da questa lettura comprendiamo che JHWH fosse presente in una fiamma, allora la scena descritta in questo brano è la seguente: Mosè vede un uomo, una figura soprannaturale avvolta da una fiamma di fuoco in mezzo ad un roveto, un roveto che bruciava senza consumarsi.
Mosè si avvicina, e quest’uomo lo invita a togliersi le scarpe perché si trovava alla presenza dell’Elohim dei suoi padri.
Per questo, Mosè «si nascose la faccia perché aveva paura di guardare Dio» (Esodo 3:6), era spaventato dalla presenza di Dio e non da ciò che vedeva.
Prima di morire, Mosè testimonierà di «colui che stava nel roveto» (Deuteronomio 33:16), indicandolo come «l’Io sono colui che sono» (Esodo 3:14).
Questa è l’esposizione dell’episodio in questione, così come la riportarono i primi cristiani.
Ecco la testimonianza di Stefano. «Passati quarant’anni, l’angelo del Signore gli apparve [si lasciò vedere] nel deserto del monte Sinai, nella fiamma di fuoco di un roveto.
Alla vista di ciò, Mosè rimase stupito di quel che vedeva, e come si avvicinava per osservare, udì la voce del Signore, che diceva: “Io sono il Dio dei tuoi padri, il Dio di Abrahamo, il Dio di Isacco e il Dio di Giacobbe.” Ma Mosè, tremando tutto, non ardiva alzare lo sguardo. Allora il Signore gli disse: “Togliti i calzari dai piedi, perché il luogo sul quale stai è terra santa.
Ho certamente visto l’afflizione del mio popolo in Egitto e ho udito i loro sospiri, e sono disceso per liberarli; or dunque vieni, io ti manderò in Egitto”
Egli li condusse fuori, operando segni e prodigi nel paese di Egitto, nel Mar Rosso e nel deserto, per quarant’anni. Questi è quel Mosè che disse ai figli d’Israele: Il Signore Dio vostro susciterà per voi, tra i vostri fratelli, un profeta come me. Ascoltatelo!.
Questi è colui che nell’assemblea nel deserto fu con l’angelo che gli parlava sul monte Sinai e con i nostri padri; e ricevette le parole viventi per trasmetterle a noi» (Atti 7:30-38)
L’uomo del roveto dichiara di essere sceso per liberare il popolo dalla mano degli Egiziani (Neemia 9:13).
Il verbo «scendere» è significativo. Egli non ha detto: «sono venuto», ma «sceso», indicando, con tale verbo, di provenire dall’alto. Come del resto disse Gesù, quando testimoniò: «Io sono disceso dal cielo…» (Giovanni 6:38,51).
Inoltre, l’uomo del roveto promette che sarebbe stato con Mosè di persona. «Verrò io di persona con te.» (v.14. Mariani e Garofalo) Giustamente Mosè gli chiede di rivelargli la Sua personalità ed Egli si rivela come IO SONO, cioè colui che è l’eterno presente.
Da questo momento in poi, Mosè parlerà con JHWH «bocca a bocca» (Esodo 33:11 e Numeri 12:8), espressione, da considerarsi alla lettera, anche perché nel testo originale è la stessa riferita a Sedekia, quando parlò con il re di Babilonia a «bocca a bocca» (Geremia 32:4).
Mosè stava con JHWH nell’assemblea, nel deserto, parlava con Lui e contemplava la sembianza di JHWH o, come rende la Bibbia di Salvatore Garofalo, «contemplava la forma di Jahve.»
Quando Mosè benedisse i figli di Israele, rivolgendosi a Giuseppe dirà «Il favore di colui che Dimorante di roveto [ebraico] venga sul capo di Giuseppe» (Deuteronomio 33:16), e quando testimonierà del suo incontro con JHWH, ricorderà quest’avvenimento, usando espressioni tipicamente umane.
Si legge infatti che i dieci comandamenti, a differenza degli altri precetti scritti da Mosè, erano stati scritti con il dito di Dio (Esodo 31:18; Deuteronomio 9:10) e che JHWH glieli consegnò (Deuteronomio 10:4) o, che glieli diede (Deuteronomio 5:22).