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La predestinazione 2°parte







Che l'uomo sia libero di scegliere o rifiutare, è dimostrato pure nella parabola delle nozze, dove l'invito era rivolto a tutti, ma alcuni non vollero andare (Matteo 22:3). Anche nella lettera agli Ebrei viene ricordato che la buona novella era stata udita da tutti ma la parola della predicazione non giovò nulla perché non fu assimilata per fede (Ebrei 4:2). Giovanni sottolinea nel suo Evangelo, che Dio ha amato il mondo, cioè tutti noi, per i quali Egli ha dato il suo Figlio, affinché chiunque crede abbia la vita eterna. Ma la condanna è questa: l'uomo ha amato, preferito, o scelto, le tenebre più della luce. Ora il giudizio è questo: la luce è venuta nel mondo e gli uomini hanno amato le tenebre più che la luce, perché le loro opere erano malvagie (Giovanni 3:17). Così, proprio da questa sua assolutamente libera scelta, l’uomo elegge la propria condanna (Giovanni 3:17). E se aggiungiamo le parole di Gesù quando disse che "il cuore di questo popolo si è fatto insensibile: sono diventati duri d'orecchi e hanno chiuso gli occhi, per non rischiare di vedere con gli occhi e di udire con gli orecchi, e di comprendere con il cuore e di convertirsi, perché io li guarisca" (Matteo 13.15), non vi sono dubbi sulla responsabilità umana. Gli occhi non sono stati chiusi da Dio, ma nella loro libertà gli uomini li hanno chiusi. Se Dio ordina all'uomo di amare e di credere, significa che egli sia libero anche di non amare e di non credere. In caso contrario il comandamento non avrebbe senso. La salvezza e la condanna eterna, sono il risultato di una scelta da parte dell'uomo.

- Gerusalemme, Gerusalemme, che uccidi i profeti e lapidi coloro che ti sono mandati! Quante volte ho voluto raccogliere i tuoi figli come la gallina raccoglie i suoi pulcini sotto le ali, e voi non avete voluto! (Matteo 23.37)

- Uomini di collo duro ed incirconcisi di cuore e di orecchi, voi resistete sempre allo Spirito Santo; come fecero i vostri padri, così fate anche voi. (Atti 7.51)

Dio tratta l'uomo peccatore come un interlocutore responsabile, perciò ripetutamente invita ed esorta gli uomini a decidere per la loro sorte eterna. Nel momento in cui non decidono, hanno già deciso. (Luca 11.23) L'armonia scritturale non ci permette altre conclusioni.

 

E' vero che troviamo scritto nella Parola di Dio che Gesù è venuto per portare i peccati di molti (Ebrei 9:28; Matteo 20:28), e per questo alcuni sono rimasti sconcertati dalla natura apparentemente restrittiva di questa espressione, dando così l'impressione che il suo sacrificio non sia stato compiuto per tutti. Questi passi non fanno altro che confermare ciò che abbiamo già valutato: Gesù "ha dato sé stesso come prezzo di riscatto per tutti" (1Timoteo 2:6). Dio non imputa più a tutti gli uomini i loro falli; ma il suo sacrificio è valevole solo per coloro che lo accettano. L’espressione "molti" non è esclusiva (molti, ma non tutti), ma inclusiva (la totalità consistente di molti). In questo senso gli scrittori, ispirati dallo Spirito Santo, affermano che Gesù è morto "per molti".

Quando Gesù dice che il suo sangue è sparso "per molti", non significa solamente per qualcuno, ma per la moltitudine, malgrado il suo gran numero". (Alfred Kuen – Come interpretare la Bibbia – IBE-EDIZIONI. Febbraio 1997, pag 24) 

 

Un esempio, può aiutare a comprendere meglio quest'ultimo aspetto. Nel 1943 i militari tedeschi, in seguito ad una rappresaglia da parte dei partigiani, presero 22 ostaggi innocenti con la minaccia di fucilarli, affinché il vero colpevole, si costituisse. Un vicebrigadiere dei carabinieri, di nome Salvo D'Acquisto, si accusò, pur innocente, come unico responsabile dell'atto di sabotaggio. Gli ostaggi furono liberati; ma se qualcuno avesse rifiutato il sacrificio del vicebrigadiere, il nobile gesto del milite sarebbe stato inutile a salvargli la vita. In questo modo, si sarebbe potuto affermare che Salvo D'Acquisto era morto per molti, anche se il suo sacrificio era stato valevole per tutti. Oppure, per chi sia in grado di afferrare anche il contrario, Salvo D'Acquisto era morto per tutti, anche se il suo sacrificio era stato efficace solo per molti. Un’affermazione non esclude l’altra, poiché tutte e due sostengono la stessa verità: il sacrificio di Salvo D'Acquisto è valso per tutti, ma reso operante solo per chi lo ha accettato. Così, anche se la capacità insita nell’espiazione di Cristo è infinita, la sua efficacia raggiunge soltanto coloro che l’accettano per fede. Come disse qualcun altro: "Il raggio d'applicazione dell'opera redentrice di Cristo non è determinato da una delimitazione della sua efficacia ad un numero predeterminato di eletti, bensì è potenzialmente universale. Il fattore determinante che ne delimita l'applicazione è il rifiuto di alcuni di credere."

 

Perché alcuni credono altri no? Non vi è forse un disegno divino eterno già predeterminato prima della fondazione del mondo? Sono domande più che invitabili, e alle quali si può rispondere con molti ragionamenti umani, ma un'altra domanda può aiutare a rispondere: "Perché chi ode il vangelo non lo comprende, mentre per altri porta molto frutto?" Secondo Gesù perché uno non la comprende, un altro perché è scandalizzato, un altro ancora perché è soffocato dall'inganno e dalle ricchezze di questo mondo, mentre un quarto la ritiene in un cuore onesto e buono e porta frutto con perseveranza. (Luca 8.12-15) Difficile dire, se non impossibile, che tutto questo sia il risultato di un disegno inevitabile divino eterno già predeterminato, perché l'esistenza umana sarebbe tutto una messa in scena di una commedia, o tragedia, alla quale l'uomo deve ubbidire incondizionatamente. Se così fosse, quando un giovane dice ad una ragazza: "Ti amo", o lo dice un genitore al figlio, la ragazza e il figlio dovrebbero prendere tale espressione proveniente da un programma di un computer.        

 

Non si può ignorare il pensiero di chi riflette diversamente. Ecco uno stralcio sul tema "La gestione del nostro orgoglio" di Maurice Roverts apparso su "Passaggio" di aprile 2004.

"La nuova nascita non è altro che l’esercizio di una benevola pulsione dell’infinita energia di Dio che agisce all’interno del caos delle facoltà decadute dell’uomo al fine di ricomporle, di massima, a ciò che erano prima della Caduta. La nuova nascita precede la fede in noi. Dichiarare, come in molti hanno fatto, che per essere salvati dobbiamo credere è un’assurdità, sarebbe come dire che una lampadina deve accendersi prima che l’interruttore sia girato. Nell’uomo non è la fede l’energia che produce la nuova nascita e non rappresenta neppure la condizione che Dio richiede per compiere la Sua potente opera. Al contrario, la fede è l’evidenza che la nuova nascita è già avvenuta nell’animo umano. In questo senso fu scritto "…non viene da noi; è un dono di Dio (Efesini 2:8). E impossibile che la fede esista prima che Dio faccia rivivere l’anima perché la fede è un atto dell’anima vivificata. La fede, come altre grazie dell’evangelo, è, nell’uomo, il frutto dello Spirito antecedente l’azione. Definire la fede come un’azione possibile al peccatore non ancora salvato significa conferire con onnipotenza dignità alla volontà decaduta dell’uomo e, nello stesso tempo, insultare Dio nostro Signore. Questa è la teoria della nuova nascita, ed elementare per un cristiano correttamente istruito, ma non è così elementare o facile per lui comprendere come questa dottrina operi".

Secondo questo modo di interpretare il piano della salvezza di Dio per l’umanità, l’individuo sarebbe totalmente depravato da non essere in grado di scegliere la grazia di Dio. Bisogna fare molta attenzione all’uso di quest’espressione ed attribuirle solamente il suo significato originale. "Depravazione totale" definisce il fatto che il principio del male ha invaso ogni parte della natura umana, con il risultato di non esservi ora alcuna parte di essa che possa agire o pensare rettamente. Questo è vero. Il rilievo posto dal calvinista sul fatto che la salvezza dipenda unicamente dalla grazia di Dio, corrisponde indubbiamente alla verità. Questo però non toglie all’uomo la responsabilità di rispondere al vangelo della grazia. Anche perché vi è una verità antropologica che non deve essere dimenticata. L'uomo è stato creato a immagine e somiglianza di Dio, e in nessuna parte della Bibbia, dopo il peccato di Adamo, è scritto che tale immagine sia stata cancellata, né totalmente, né parzialmente. In definitiva, vi è la sovranità di Dio che vuole che tutti gli uomini siano salvati perché Cristo è morto per tutti, ma vi è altresì la responsabilità di ubbidire all’impulso dello Spirito Santo. Come disse Bernardo di Cleirvaoux: "Togli via la volontà libera e non vi sarà più nulla da salvare; togli via la grazia e non vi sarà nulla con cui salvare". 

 

Inoltre, dobbiamo sempre ricordare che una verità posta all’estremo diventa una eresia. Secondo il calvinismo se "la nuova nascita precede la fede", se "la fede è l’evidenza che la nuova nascita è già avvenuta nell’animo umano", non si è più salvati mediante la fede, ma per elezione, e questo non può nel modo più assoluto essere accettato perché va contro il grande principio evangelico che siamo salvati per grazia, mediante la fede. Il principio base del Calvinismo lo esprime molto bene Benjamin B. Warfield nel libro "Il piano della salvezza", Alfa & Omega, 2001. "Calvinista è chi ritiene, in piena coscienza, che il Signore Iddio, nelle sue azioni salvifiche, non si occupi dell’umanità in senso generale, ma solo dei particolari individui che sono effettivamente salvati. E’ questo l’unico e solo modo per rendere piena giustizia e diritto sia al cristianesimo propriamente detto… sia all’evangelicalismo". Perciò, sono solo coloro che sono già effettivamente salvati, cioè predestinati, che hanno la grazia di ricevere le azioni salvifiche di Dio.  

In merito poi a ciò che è scritto in Efesini 2:8-9 occorre rilevare un errore di interpretazione da parte dei calvinisti. Il testo è il seguente. Voi infatti siete stati salvati per grazia, mediante la fede, e ciò non viene da voi, è il dono di Dio, non per opere, perché nessuno si glori. Da una lettura attenta, il dono di Dio al quale Paolo si riferisce non è la fede, come se questa sia data ad alcuni e ad altri no, ma è l’essere salvati per grazia per mezzo della fede che è un dono di Dio. Perciò, la salvezza è una dono perché non è per opere, ed è pure un dono perché occorre solo un atto di fede. Affermare poi che la fede sia un dono distribuito da Dio solo ai predestinati è molto difficile accettarlo dato che anche i demoni hanno fede (Giacomo 2:19).

 

Infine, il pensiero di sottofondo nel messaggio della predestinazione delle chiese riformate è che la salvezza si ottenga mediante le opere. Dato che si è salvati mediante una elezione, come posso sapere di essere stato predestinato alla salvezza? Vi è solo una risposta: mediante la santificazione o "perseveranza dei santi". Questa è la ragione dell’insistenza dei calvinisti di essere santi come dimostrazione di essere stati eletti. Che un figlio di Dio si debba santificare è una verità lapalissiana, ma una cosa è il desiderio di santità come risposta all’amore di Dio di essere stati già salvati (Romani 12:1-3), altra è santificarsi per accertarsi o come conferma dell’elezione. Le opere di coloro che si credono predestinati hanno un fine, mentre chi crede di essere stato salvato per fede, le opere sono una risposta all’amore di Cristo (2Corinzi 5:14-15). Per i calvinisti la base della certezza della salvezza non sono le promesse di Dio, ma i loro frutti spirituali. Questo li allinea con ogni forma di religione, compresi i cattolici e Testimoni della Torre di Guardia i quali sperano di essere salvati per opere. Infatti, molti calvinisti vengono agitati dal dubbio e dalla paura di non essere stati predestinati. Come disse qualcuno: "Il calvinismo ha una notevole quantità di argomentazioni teologiche confuse".

 

Se in merito a questo tema si aggiunge, per concludere, la riflessione di Danilo Valla, l’argomento della predestinazione viene chiuso definitivamente.

"Il termine italiano predestinazione viene dal latino Predestinatio, usato da Gerolamo per tradurre in latino il termine greco pro-orizo, che non ha nessuna connotazione collegata al destino o al fatto di "destinare qualcuno a un compito o a una particolare situazione". Pro vuol dire "prima", e orizo (dal quale deriva l’italiano "orizzonte"), vuol dire "delineare", "segnare un confine". Il problema della predestinazione è un falso problema, introdotto da Gerolamo e portato all’estremo dai calvinisti. Romani 8.29-30 andrebbe tradotto così "Egli che li ha preconosciuti, li ha separati perché fossero conformi all’immagine del suo Figlio… e quelli che ha separati sono quelli che ha chiamato, che ha giustificato, che ha glorificato". (Il libro del 2006 – Danilo Valla – Domenica 29 gennaio)

Con questa visione del termine predestinazione, ci si accorge che alla fine le opinioni dei calvinisti sono castelli di sabbia.

 

In conclusione, possiamo affermare che il soggetto della predestinazione è un bellissimo argomento, perché ha lo scopo di dare certezza quanto al destino glorioso del cristiano. Infatti, la predestinazione non riguarda propriamente la salvezza, ma le conseguenze di essa, l'obiettivo ai quali sono stati destinati i figli di Dio. E la conseguenza di una data azione non si sceglie. Se davanti a me ho un bicchiere di latte e di veleno sono libero di scegliere cosa bere, ma non sono libero di scegliere le conseguenze della mia scelta. Se berrò il veleno sono predestinato a morire, se berrò del latte sono predestinato a nutrirmi. Se l’Eterno Dio mi ha predestinato (sia nel senso destinato prima, sia ne senso separato) prima della fondazione del mondo a farmi Suo figlio e Suo erede, a rendermi conforme all'immagine di Cristo, a conoscere la sua volontà, io adoro e benedico il mio Signore per la predestinazione.


Un buon contributo a questo argomento si trova su "Il Cristiano" di Gennaio 1999.

Altri accenni utili in "L’epistola agli ebrei di Thomas Hewitt, edizioni GBU- Febbraio 1986, pag74, 75, 81, 96

Per la posizione calvinista il numero 17 di "Studi di teologia" – anno IX e "Il piano della salvezza", Benjamin B. Warfield, Alfa & Omega, 2001.

La predestinazione 1°parte

 










La predestinazione

Il soggetto della predestinazione è un bellissimo argomento; ma il Diavolo, spesso, lo trasforma in un problema per turbare la vita dei figli di Dio. Vi sono vari modi per affrontare l'argomento della predestinazione: leggere e studiare che cosa altri hanno esposto su quest’argomento, e poi pronunciarsi su ciò di cui si è più convinti; oppure, lasciare da parte ogni interpretazione, più o meno giusta, e leggere e rileggere la Parola di Dio, chiedendo a Lui la luce per comprendere i Suoi propositi. Nell'esporre quanto dirò, seguo la seconda strada; anche, perché mi sembra la più saggia. Un giorno, un giovane andò in una capitaneria di porto, e chiese di guidare un traghetto che faceva servizio lungo un fiume. Il capitano del traghetto gli chiese se conosceva tutti gli scogli, e i luoghi, dove l'acqua era bassa. Il giovane rispose: "No, ma so dove non ci sono ostacoli, e passo di lì". Il capitano l'assunse. Molti credenti, forse, conoscono i vari ostacoli intorno all'argomento della predestinazione, forse conoscono varie interpretazioni; ma ne conosco pochissimi che, messisi in preghiera davanti a Dio, avendo chiesto a Lui la sapienza, abbiano ricevuto, in seguito, una chiara rivelazione intorno a quest’argomento.

 

Perché, l'argomento della predestinazione, diventa un problema per molti credenti?

            a) Il principale motivo, a mio avviso, è perché troppe persone ne parlano in modo sbagliato. Per alcuni, la predestinazione non è altro che la scelta di Dio di compiere ciò "che Egli prevede che l'essere umano metterà in atto". Ma, tale opinione, presenta molte lacune.

            b) La seconda ragione è che, parlando di predestinazione, vi sono dei pregiudizi. Infatti, ad una domanda su questo argomento, ho sentito rispondere: "Per comprendere il tema della predestinazione, bisogna essere in cielo", oppure: "La predestinazione è un mistero". Con questo pregiudizio, è chiaro che si precluda la possibilità di ottenere una risposta.

c) La terza ragione, proviene dalla parola stessa "predestinazione". Essa deriva dalla parola greca Prohorizo, cioè predestinare, decidere prima, decidere in antecedenza. Questo verbo, quindi, implica la sovranità di Dio il quale decide ogni cosa, indipendentemente dal volere dell'uomo. Anche quest’aspetto è da collocare nel giusto posto.

 

Che Dio sia sovrano, che regni, e faccia ciò che vuole, sia in cielo sia in terra, è una verità lampante nella Scrittura (Salmo 115:3 e Daniele 4:34-35). E' Dio che decide per l'uomo, se questo debba nascere alto o basso, bianco o nero; se nascere in una famiglia ricca o povera; se nascere in campagna o in città; se nascere sano o malato, ecc... Il credente accetta tutto questo, perché si è sottomesso alla sovranità di Dio il giorno stesso nel quale è diventato un Suo figlio. Ma, quando questa sovranità si applica al piano dalla salvezza dell'uomo, espressa nel concetto "che Dio è sovrano nella creazione", l'argomento posto in questi termini interessa ognuno di noi. E non sono pochi coloro che rimangono turbati o perplessi.

Prima di entrare nel merito dell'argomento valutiamo quali, e quanti, siano i passi della Scrittura, che si riferiscono alla predestinazione. Sono esattamente sei: due in Romani, due in Efesini, uno in Corinzi e uno in Atti. E' da tenere presente che non tutte le Bibbie traducono dal greco la parola Prohorizo con la parola predestinazione. Ecco per esteso i versetti.

1) Efesini 1:5 - " ...avendoci predestinati nel suo amore ad essere adottati per mezzo di Gesù Cristo".

2) Efesini 1: 11 - "In lui siamo anche stati fatti eredi, essendo stati predestinati secondo il proposito di colui che compie ogni cosa secondo la decisione della sua volontà".

3) 1Corinzi 2:6-8 - " ...ma esponiamo la sapienza di Dio misteriosa e nascosta, che Dio aveva prima dei secoli predestinata a nostra gloria".

4) Romani 8:29 - " Perché quelli che ha preconosciuti li ha pure predestinati ad essere conformi all'immagine del Figlio suo".

5) Romani 8:30 - "E quelli che ha predestinati, li ha pure chiamati".

6) Atti 4:28 - "...per fare tutte le cose che la tua volontà e il tuo consiglio avevano predestinato che avvenissero".

Prima di spiegare questi passi, occorre fare una premessa.

Quando, nella Scrittura vi sono asserzioni per noi difficili da comprendere, è saggio interpretarle alla luce delle verità più evidenti, e le conclusioni alle quali giungiamo non devono essere contraddittorie. Per esempio, leggendo: "la donna sarà salvata partorendo figli" (1Timoteo 2:15), qualsiasi interpretazione dessimo a questa locuzione, essa non deve demolire la dottrina della salvezza per grazia mediante la fede. Infatti, Paolo afferma, semplicemente, che la donna eviterà molti errori accudendo ad una famiglia. Oppure, leggendo: "la donna deve stare in silenzio" (1Timoteo 2:11-12), qualsiasi interpretazione attribuissimo al testo, non ci potrà in ogni modo permettere di togliere alle donne la possibilità di pregare o profetizzare (1Corinzi 11:5). Così, prima di interpretare i testi menzionati precedentemente, leggiamo ciò che afferma la Scrittura riguardo alla salvezza.

a) Giovanni 6:40 - Gesù disse: "Questa è la volontà di colui che mi ha mandato: che chiunque viene alla conoscenza del Figlio e crede in Lui abbia vita eterna".

b) 1Timoteo 2:1-4 - Paolo scrive "..Dio, nostro Salvatore, il quale vuole che tutti gli uomini siano salvati, e che vengano alla conoscenza della verità".

c) 2Pietro 3:9 - Pietro scrive "Il Signore...è paziente verso noi, non volendo che alcuno perisca, ma che tutti vengano a ravvedimento".

Queste tre asserzioni, fatte da tre persone diverse, hanno in comune un concetto, che esprime tre verità indiscutibili:

1) Si parla della volontà di Dio.

2) Questa volontà è per tutti gli uomini.

3) Questa volontà, per tutti gli uomini, è che siano salvati.

Quindi, per quanto riguarda la salvezza Dio non fa differenze, né distinzioni per nessuno. "..la luce vera, che illumina ogni uomo che viene nel mondo (Giovanni 1:9).

 

Fatta questa premessa, prendiamo in esame i testi in questione. La più elementare domanda per una corretta interpretazione biblica, è chiedersi a chi siano rivolte queste affermazioni. E' proprio per questa elementare regola dell'ermeneutica che i seguaci della "Torre di guardia", e del cattolicesimo, hanno commesso un errore fondamentale nella loro fede. Infatti, i Testimoni della Torre di Guardia quando leggono in Isaia "voi siete i miei testimoni" (43:10), attribuiscono questa asserzione a loro stessi, ma dimenticano che tale promessa è rivolta agli ebrei. Così, i religiosi cattolici romani quando leggono che Gesù disse a Pietro: "Tutto ciò che avrai legato sulla terra sarà legato nei cieli, e tutto ciò che avrai sciolto sulla terra sarà sciolto nei cieli" (Matteo 16:19), interpretano che a Pietro sia stata data una particolare autorità. Dimenticano però che Gesù rivolse le stesse parole a tutti gli uomini (Matteo 18:18); e che questa frase sia citata nel contesto di una relazione personale con il prossimo.

 

Rileggendo quindi i versetti che si riferiscono alla predestinazione, notiamo che quattro di essi sono rivolti ai credenti, uno si riferisce al mistero di Dio, e uno è riferito a Cristo.

Il passo riferito a Cristo è quello degli Atti. Luca riconosce che le sofferenze di Cristo fossero state predestinate da Dio, prima che Egli nascesse. Ciò si accorda con le riflessioni sopraccitate: Dio predestina certe tappe della vita di ogni uomo. Infatti, Salomone ebbe una vita più pacifica che suo padre Davide. Il passo degli Atti non costituisce un problema per ciò che riguarda la salvezza o la perdizione dell'uomo.

In Corinzi, la parola predestinazione non interessa gli individui, ma il mistero che Dio ha voluto rivelare al momento opportuno.

La seconda volta in cui Paolo usa la parola predestinazione nella lettera ai Romani, è per mettere in evidenza che Dio chiama coloro che sono già predestinati. Anche questo testo, quindi, non serve per la ricerca del nostro studio. A questo punto notiamo che i passi in questione per affrontare l’argomento della predestinazione, SONO SOLAMENTE TRE.

 

Poiché i restanti tre versetti sono rivolti a dei salvati, a dei figli di Dio, la seconda domanda che sorge spontanea è: "A che cosa sono stati predestinati i figli di Dio?".

In Efesini 1:5 sono stati "predestinati a essere adottati";

In Efesini 1:11 sono stati "predestinati a essere eredi";

In Romani 8:29 sono stati "predestinati a essere conformi all'immagine di Cristo".

Nulla che abbia a che fare con la salvezza, o la perdizione dell’anima.

Ecco, quindi, le conclusioni che possiamo trarre.

Dopo esserci chiesti quante volte la parola predestinazione si trovi nella Parola di Dio, e a chi fossero rivolte le promesse, ed il loro contenuto, possiamo affermare, senza ombra di dubbio, che:

1) Nella Parola di Dio, la predestinazione non è mai riferita alla salvezza e tantomeno alla perdizione dell'uomo.

2) Non esiste una doppia predestinazione, Non vi è un solo passo della Scrittura, dove si affermi che Dio abbia predestinato alcuni uomini alla perdizione. Dio non ha prenotato dei posti, né in cielo, né all'inferno.

3) Non esiste passo biblico che indichi che l’uomo è incapace di percepire la chiamata di Dio e di rispondere ad essa.

4) La parola predestinazione è applicata, eccetto che per la vita di Cristo, e per il piano di Dio, solo a dei credenti.

5) Dio ha predestinato i credenti, che lo vogliano o no, a certe benedizioni eterne, quali: diventare figli di Dio, essere eredi, essere conformi a Cristo, a conoscere la sapienza di Dio.

6) Sostenere che Dio abbia predestinato alcuni uomini alla perdizione, o alla salvezza, è elaborare un discorso che vada oltre le intenzioni degli autori biblici. E' applicare un termine in modo errato. Sarebbe come voler applicare la parola "santificazione" a coloro che non sono cristiani, o la parola glorificazione a dei demoni. E questo, a mio avviso, è l'errore fondamentale di interpretazione, a causa del quale si giunge a conclusioni che non sono neppure sfiorate nella Parola di Dio.

 

Non è quindi la parola "predestinazione", e tutto il pensiero conseguente, a creare difficoltà. La responsabilità di aver reso questa parola tristemente famosa per la sua problematica, è da imputare a coloro che le fanno dire ciò che essa non stabilisce. Lo studio della predestinazione non presenterebbe alcuna possibilità di errore, se l'inconcepibile e ridicolo pregiudizio dei teologi di ogni tempo non lo avesse imbrogliato, rendendolo tanto irto di difficoltà al punto che la maggior parte dei cristiani indietreggia impaurita. Sono convinto che se nel corso della storia, i cristiani avessero applicato la parola "predestinazione" correttamente, la chiesa avrebbe lodato e adorato Dio, anziché cadere in tristi dispute e nocive divisioni.

Che il sacrificio di Cristo sia valevole per tutti, lo afferma, categoricamente, anche Giovanni nella sua prima lettera: "Figlioli miei, vi scrivo queste cose perché non pecchiate; e se qualcuno ha peccato, noi abbiamo un avvocato presso il Padre: Gesù Cristo, il giusto. Egli è il sacrificio propiziatorio per i nostri peccati, e non soltanto per i nostri, ma anche per quelli di tutto il mondo" (1Gv 2:1-2). "Queste parole", scrive John Stott, "non possono essere forzate così da significare che tutti i peccati sono automaticamente perdonati per la propiziazione di Cristo, ma che un perdono universale è offerto per i peccati di tutto il mondo intero ed è goduto da coloro che ne colgono l'opportunità". Se Dio facesse preferenze per la salvezza, dovremmo concludere che il messaggio dell'Evangelo non è per tutti gli uomini, non è più universale, perché non tutti sarebbero chiamati alla salvezza. La salvezza è considerata, nella Parola di Dio come un'offerta che Egli fa a tutti gli uomini; e questi sono liberi di accettare o rifiutare. E’ difficile se non impossibile spiegare come possa la volontà dell’uomo essere veramente libera per quanto concerne l’accettazione o il rifiuto del vangelo della grazia, se Dio ha preordinato un tipo di elezione alla salvezza che prescinda dalla responsabilità dell’uomo. Se non ci fosse questa libertà, Dio non si rivolgerebbe all'uomo in termini di scegliere o di volere ((Deuteronomio 30:19; Giovanni 5:40; Matteo 23:37); e non sarebbe dispiaciuto della morte dell'empio (Ezechiele 8:23 e 32; Ezechiele 33:11). Gesù disse: "Voi investigate le Scritture, perché pensate di aver per mezzo di esse vita eterna; ed esse sono quelle che testimoniano di me. Ma voi non volete venire a me per avere la vita" (Giovanni 5:40). Gesù non disse a coloro che lo ascoltavano che erano predestinati alla perdizione, ma mise in evidenza la loro responsabilità del rifiuto.

                    ...............Continua..........