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Il Dio che prova i suoi figli

 





Il Dio che prova i suoi figli

Non c’è nella vita esperienza più brutta della delusione. Due sposi che per 30 o 40 anni convivono armoniosamente insieme e poi ad un tratto si divorziano; un figlio nubile che ad un tratto prende una sbandata affettiva e va a convivere con una donna sposata con dei figli; un amico al quale confidavi ogni cosa e ad un tratto ti tradisce; un affare del quale ti avevano assicurato l’esisto che ad un tratto fallisce, sono delusioni da non poco. La vita è imprevedibile. 

Tutto è possibile. 

Perché queste delusioni? 

Le risposte potrebbero essere tante, ma la Parola di Dio le riassume con una sola valutazione. Il cuore è ingannevole più di ogni altra cosa e insanabilmente maligno; chi lo può conoscere? Io, l’Eterno, investigo il cuore, metto alla prova la mente per rendere a ciascuno secondo le sue vie secondo il frutto delle sue azioni. (Geremia 17:9-10)  

Il cuore, che rappresenta la sede della volontà e dei desideri, è terribilmente maligno e senza possibilità di guarigione, perciò inevitabilmente le valutazioni e le scelte sono spesso sbagliate. Questo spiega perché nella vita l’essere umano spesso si illude di fare un bella scelta per poi rimanerne deluso. 

Come è possibile evitare gli errori di una delusione? 

Agli uomini è impossibile perché solo Dio conosce veramente la sua creatura, e questo è normale perché solo Dio è onnisciente. Però, nonostante che il Dio trino sappia ogni cosa, il profeta Geremia presenta l’Eterno come il Dio che investiga la volontà e i desideri dell’uomo e mette alla prova i suoi pensieri per retribuirlo adeguatamente. 

Questo modo di agire dell’Eterno non deve essere sottovalutato perché la divinità degli ebrei e dei cristiani, pur essendo trascendente, onnipotente e onnisciente, agisce a livello umano mettendo alla prova l’uomo, come se egli non sapesse ciò che già sa. 

In definitiva, l’Eterno Dio si compiace di verificare con i fatti il suo giudizio. E questo non tanto per se stesso, ma per l’uomo. Se io affermo con competenza che un corda non può sollevare più di dieci chili dimostrerò a chi mi ascolta che sostengo la verità appendendo alla corda venti chili. L’esperienza non l’ho fatta per me, ma per chi mi ascolta. Così, il Dio trino delle Scritture mette del continuo l’uomo alla prova affinché si conosca. Giobbe ne sapeva qualcosa. Ecco il suo lamento. Che cosa è l’uomo perché tu lo renda grande e presti a lui attenzione, e lo visiti ogni mattina mettendolo alla prova ad ogni istante? (Giobbe 7:17-18)

 

In che modo il Dio trino mette alla prova l’uomo? 

Certamente in mille modi e in mille maniere, ma noi esamineremo sette aspetti, e cioè 1) chiedendoci le cose più preziose, 2) mediante il bisogno che vediamo, 3) ci prova mediante l’afflizione della vita, 4) mediante la sofferenza a causa di Cristo, 5) per mezzo della lode, 6) mediante i falsi profeti, 7) e mediante la società nella quale viviamo.

Che il Dio trino chieda agli uomini le cose che ritengono più preziose lo vediamo per esempio attraverso un episodio della vita di Abrahamo. 

Dopo queste cose DIO mise alla prova Abrahamo e gli disse: "Abrahamo!". Egli rispose: "Eccomi". E DIO disse: "Prendi ora tuo figlio, il tuo unico figlio, colui che tu ami, Isacco, va’ nel paese di Moriah e là offrilo in olocausto sopra uno dei monti che io ti dirò". (Genesi 22:1) 

Non vi è dubbio che per Abrahamo la cosa più preziosa fosse suo figlio Isacco perché in lui erano poste tutte le promesse del suo casato e delle benedizioni che l’Eterno aveva fatte, eppure l’Eterno gli chiese di uccidere in sacrificio suo figlio. Perché Cristo fece questa richiesta così apparentemente insensata? Perché voleva vedere (anche se ovviamente lo sapeva), se Abrahamo amava il suo Dio più dei doni ricevuti. Non è forse così anche per noi? La salute, il lavoro, la famiglia, il rapporto con il prossimo, non sono beni inestimabili? Eppure, essi sono strumenti di prova per dimostrare se sono messi al secondo posto rispetto all’ubbidienza di Cristo.

Che Dio provi l’uomo tramite le necessità altrui, lo vediamo nell’episodio della moltiplicazione dei pani. 

Dopo queste cose, Gesù se ne andò all’altra riva del mare di Galilea, cioè di Tiberiade. E una grande folla lo seguiva, perché vedevano i segni che egli faceva sugli infermi. Ma Gesù salì sul monte e là si sedette con i suoi discepoli. Or la Pasqua, la festa dei Giudei, era vicina. Gesù dunque, alzati gli occhi e vedendo che una grande folla veniva da lui, disse a Filippo: "Dove compreremo del pane perché costoro possano mangiare?". Or diceva questo per metterlo alla prova, perché egli sapeva quello che stava per fare. (Giovanni 6:1-6)

 Gesù voleva che Filippo fosse cosciente della necessità del prossimo. E’ di moda e molto più facile dare del denaro a gente sconosciuta, adottare bambini a distanza, ma il Dio delle Scritture vuole che noi ci occupiamo del nostro prossimo che si trovi nel bisogno, come gli orfani e delle vedove a noi vicini. Le vere necessità del nostro prossimo sono una continua prova dell’amore che dichiariamo di avere per Dio. 

 

L’Eterno Dio ci prova mediante l’afflizione della vita. 

Lo disse Lui stesso tramite il profeta Isaia.

Per amore del mio nome differirò la mia ira, e per amore della mia gloria la frenerò per non sterminarti. Ecco, io ti ho raffinato, ma non come l’argento; ti ho provato nel crogiuolo dell’afflizione. Per amore di me stesso, per amore di me stesso faccio questo; come potrei infatti lasciar profanare il mio nome? Non darò la mia gloria ad alcun altro". (Isaia 48:9-11) 

Non vi è verifica più certa delle nostra fede e del nostro amore di quando ci si trova nel crogiolo dell’afflizione. Quando si aggiunge afflizione al dolore, quando si è stanchi di gemere, quando non vi è riposo,  (Geremia 45:3) sembra proprio che ogni professione di fede, di amore e di speranza vengano meno. In quei momenti si prova una debolezza estrema, ma nonostante tutto, questa è la prova più salutare che ci sia.

Oltre alle afflizioni normali della vita, vi è la prova della nostra fede causa la nostra fedeltà a Cristo. 

Ne sapevano qualcosa i primi ebrei cristiani. 

Carissimi, non lasciatevi disorientare per la prova di fuoco che è in atto in mezzo a voi per provarvi, come se vi accadesse qualcosa di strano. Ma, nella misura in cui partecipate alle sofferenze di Cristo, rallegratevi perché anche nella manifestazione della sua gloria possiate rallegrarvi ed esultare. Se siete vituperati per il nome di Cristo, beati voi, poiché lo Spirito di gloria e lo Spirito di Dio riposa su di voi; da parte loro egli è bestemmiato, ma da parte vostra egli è glorificato. Nessuno di voi abbia a soffrire come omicida o ladro o malfattore, o perché si impiccia negli affari degli altri; ma, se uno soffre come cristiano, non si vergogni, anzi glorifichi Dio a questo riguardo. (1Pietro 4:12-19) 

Pietro era ebreo, i destinatari della lettera erano ebrei, e dato che avevano abbandonato costumi e riti millenari venivano perseguitati e scherniti. Chi sono quei cattolici, protestanti, ortodossi, musulmani, buddisti che decidono di essere scherniti, disprezzati, e perseguitati perché obbediscono senza riverse alla volontà di Cristo? Una prova che si ama Cristo sopra ad ogni cosa non è solo quello di confessarlo, ma anche quella di rifiutare costumi e riti millenari come le preghiere dei morti e ai santi, come rifiutare ogni espressione di venerazione a Maria, la madre di Gesù, come il rosario, il mese mariano, le processioni. Forse, per qualcuno l’abbandono di certi riti e costumi è la prova più dura, ma vale la pena di essere vittoriosi perché vi è la promessa della vita eterna.  

 

Anche essere lodati è una prova da parte di Dio. 

Il crogiolo è per l’argento e la fornace per l’oro, così l’uomo è provato dalla lode che riceve. (Proverbi 27:21) 

Se si credesse a quanto è scritto nella Parola di Dio, sarebbero pochi coloro che cercherebbero la lode. Eppure, quanti si vantano di essere lodati!

Un’altra prova difficile da superare è quella dei falsi profeti. 

"Se sorge in mezzo a te un profeta o un sognatore di sogni che ti proponga un segno o un prodigio, e il segno o il prodigio di cui ti ha parlato si avvera e dice: "Seguiamo altri dèi che tu non hai mai conosciuto e serviamoli", tu non darai ascolto alle parole di quel profeta o di quel sognatore di sogni, perché l’Eterno, il vostro DIO, vi mette alla prova per sapere se amate l’Eterno, il vostro DIO, con tutto il vostro cuore e con tutta la vostra anima. Seguirete l’Eterno, il vostro DIO, lui temerete, osserverete i suoi comandamenti, realmente ubbidirete alla sua voce, lo servirete e rimarrete stretti a lui. (Deuteronomio 13:1-4) 

Spesse volte ci si lamenta perché ci sono troppe religioni, si trova la scusa che ci sono troppi pulpiti che dichiarano di parlare da parte di Dio. 

E’ vero, ma questa confusione di religioni è una prova di Dio per vedere se veramente chi lo ama è disposto ad ubbidire a ciò che è scritto costi quello che costi.

Infine, dalla Scrittura comprendiamo che Dio ci prova mediante la società nella quale viviamo. Così troviamo scritto nel libro dei Giudici in merito al popolo d’Israele. 

Perciò l’ira dell’Eterno si accese contro Israele, ed egli disse: "Poiché questa nazione ha violato il patto che avevo stabilito con i loro padri ed essi non hanno ubbidito alla mia voce, anch’io non scaccerò più davanti a loro alcuna delle nazioni che Giosuè lasciò quando mori; così per mezzo loro metterò alla prova Israele per vedere se si atterranno alla via dell’Eterno e cammineranno per essa come fecero i loro padri, o no". (Giudici 2:20-22) 

Il popolo d’Israele non sostenne la prova di non imitare gli errori religiosi degli altri popoli e alla fine, come vediamo anche oggi, è stato messo da parte. 

Per quanto leggiamo la Bibbia vi è un solo discorso, un solo canto, una sola musica: l’Eterno Dio prova l’uomo in mille modi e in mille maniere, e noi abbiamo visto alcune di queste: tramite le cose più preziose, mediante le necessità altrui, mediante l’afflizione della vita, mediante la sofferenza causa Cristo, per mezzo della lode, mediante i falsi profeti e la società nella quale vive. 

Ma, alla fine, tutte queste prove devono produrre un solo effetto, e cioè quello di ubbidire a ciò che è scritto nella Parola eterna di Dio. Se non abbiamo capito questo non abbiamo capito nulla del messaggio centrale del vangelo.

 

Dio è Spirito


 

DIO è Spirito

Appena l’uomo parla di Dio, si accorge con terrore che parla di tutt’altro!

Molto probabilmente, l’affermazione più conosciuta intorno alla Natura di Dio è la seguente: "Dio è Spirito". Essendo il principio base che definisce la Natura di Dio, essa è la pietra angolare dalla quale sviluppare tanti altri concetti e dottrine. Così, se tale affermazione è interpretata correttamente saremo in grado di fare giusti ragionamenti, diversamente, le argomentazioni che seguiranno saranno inevitabilmente inesatte. E’ come per colui che allaccia il primo bottone di un abito: se esso è allacciato correttamente anche tutti gli altri saranno nel giusto posto; altrimenti, sbagliare con il primo bottone fa sì che anche tutti gli altri siano in posizione sbagliata. Diventa quindi fondamentale comprendere che cosa intenda la Scrittura affermando "Dio è Spirito".

 

Per comprendere in modo corretto una proposizione, dobbiamo analizzarne singolarmente ogni parola che la formuli. Affermando che il "rapporto è rotto", devo definire che cosa intendo con i termini "rapporto" e per "rotto". Posso riferirmi al rapporto di una bicicletta, come ad un rapporto fraterno. Nel caso del rapporto di una bicicletta mi riferirò alla "rottura" di un materiale metallico; nel caso di un rapporto fraterno, invece, mi riferirò ad un problema di relazione umana. Così, per la giusta comprensione di una proposizione è indispensabile comprendere rettamente ogni parola della quale questa sia composta. Come non è possibile esprimere un concetto giusto con parole sbagliate, così non è possibile avere una corretta comprensione di un’affermazione attribuendo un senso sbagliato ai termini che la compongono.

Dio è Spirito.

Questa proposizione è composta di tre parole. Il soggetto di quest’affermazione è la prima parola: "Dio". Questo termine non è il nome della divinità, ma una NATURA, una definizione. Affermando di credere in Dio si sottintende di credere in una divinità, ma senza specificare l’identità della suddetta. A chi riferisce Giovanni la parola "Dio"? Un musulmano non avrebbe difficoltà a rispondere: per lui Dio, cioè la sua divinità, è Allah. Confessando però, la propria fede come un’unica divinità nella quale sussistono il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo, un cristiano cosa dovrebbe rispondere? La parola "Dio" è riferita al Padre, allo Spirito, o al Figlio? Essendo, il Padre, Dio; essendo, lo Spirito Santo, Dio; ed essendo Dio pure il Figlio, giacché tutti e tre sussistono nella stessa Natura, a quale Persona della Trinità si riferisce l’apostolo Giovanni? Questi interrogativi mostrano quanto sia difficile per i cristiani stabilire una definizione del termine "Dio". Proprio per questo, è stato detto che quando gli uomini parlano di Dio, cercando di stabilire la verità a riguardo della Sua identità, si accorgono con terrore di parlare di tante cose, che però esulano dal nocciolo della questione vera e propria.


Può essere di aiuto per comprendere la parola "Dio", un’altra affermazione dell’apostolo Giovanni; anch’essa, altrettanto conosciuta: "Nessuno ha mai visto Dio; l'unigenito Figlio, che è nel seno del Padre, è colui che lo ha fatto conoscere" (Giovanni 1:18). Anche in questo caso, si pone il problema: a quale Persona della Trinità si riferisce Giovanni con la parola Dio? Al Padre, al Figlio, allo Spirito Santo, o a tutti e Tre? Una cosa è certa: JHWH, che è il Dio dell’Antico Testamento, è stato visto e toccato dalle persone, quali Abramo, Giacobbe, Mosè, tanto per citarne alcuni. Giacobbe, addirittura, lottò con Lui. Poiché certe persone continuano a negarne l’evidenza, leggiamo il testo in merito. "Così Giacobbe rimase solo e un uomo lottò con lui fino allo spuntar dell'alba. Quando quest'uomo vide che non lo poteva vincere, gli toccò la cavità dell'anca; e la cavità dell'anca di Giacobbe fu slogata, mentre quello lottava con lui. E quegli disse: "Lasciami andare, perché sta spuntando l'alba". Ma Giacobbe disse: "Non ti lascerò andare, se non mi avrai prima benedetto!". L'altro gli disse: "Qual è il tuo nome?". Egli rispose: "Giacobbe". Allora quegli disse: "Il tuo nome non sarà più Giacobbe, ma Israele, poiché tu hai lottato con DIO e con gli uomini, ed hai vinto". Giacobbe gli disse: "Ti prego, dimmi il tuo nome". Ma quello rispose: "Perché chiedi il mio nome?". E qui lo benedisse. Allora Giacobbe chiamò quel luogo Peniel, perché disse: "Ho visto Dio faccia a faccia, e la mia vita è stata risparmiata" (Genesi 32:24-30).

Non vi sono dubbi: con Giacobbe non ha lottato un essere angelico, ma con un uomo a tutti gli effetti. Quest’uomo gli conferma di aver lottato con Dio. Giacobbe, quindi, riconosce di aver lottato non con un essere angelico, ma con un uomo, che è Dio; e che, nonostante questo, egli non è morto. Possiamo dubitare della nostra comprensione del testo; ma non delle parole di Giacobbe e di Dio stesso. Mosè parlava con JHWH DIO, faccia a faccia; come un uomo parla col proprio amico (Esodo 33:11); anche se non poteva guardare la Sua faccia gloriosa. Coloro che pensano che Dio sia spirito, nel senso che non si può vedere, dovrebbero chiedersi perché JHWH avesse vietato a Mosè di guardare la Sua faccia. Essendo, JHWH immateriale, che senso aveva allora la proibizione di guardare la Sua faccia? Riconoscendo, però che JHWH avesse una faccia, una schiena, delle mani, come descritto nel testo sacro, allora siamo di fronte ad una divinità, la cui corporeità è innegabile. Continuando invece a considerare l’antropomorfismo in senso simbolico, metaforico, com’è possibile allora prendere alla lettera il divieto che Dio non si possa vedere? Se Dio non si può vedere, come interpretare le parole di JHWH rivolte a Maria e ad Aaronne? "Con lui io parlo faccia a faccia, facendomi vedere, e non con detti oscuri; ed egli contempla la sembianza di JHWH (Numeri 12:8). JHWH dichiara che Mosè Lo vedeva. Possiamo noi pensare diversamente?

Il seguente brano della Scrittura è significativo, per chi ne accetti l’interpretazione letterale.

"Poi Mosè ed Aaronne, Nadab e Abihu e settanta degli anziani d'Israele salirono, e videro il DIO d'Israele. Sotto i suoi piedi c'era come un pavimento lavorato di zaffiro, della chiarezza del cielo stesso. Ma egli non stese la sua mano contro i capi dei figli d'Israele; ed essi videro DIO, e mangiarono e bevvero" (Esodo 24:9-11). Non possiamo negare l’evidenza del testo. Non solo. Mosè ebbe occasione di vedere il Dio d’Israele, ma anche i settanta anziani. Se settantaquattro persone videro Dio, significa che esso è percepibile agli occhi degli uomini. Quindi, l’affermazione: "Nessuno ha visto Dio", non può essere compresa nel suo significato più immediato, cioè che Dio non si possa vedere, e neppure che Dio non sia stato visto; poiché, ripetiamo, JHWH è stato visto e toccato (Giudici 13:22). Consideriamo, inoltre, che lo stesso Cristo Gesù uomo, che è Dio, ha vissuto trentatré anni con gli uomini, ed è stato visto e toccato. Sostenendo ancora il concetto d’incorporeità della Divinità, solo perché stia scritto che Dio è Spirito, la proposizione allora è veramente enigmatica. La spiegazione deve perciò essere cercata altrove.


Rivolgiamo ora la nostra attenzione alla parola spirito. In vari testi divulgativi che spiegano gli attributi di Dio, Egli è presentato come spirito; nel senso, che Egli è in opposizione alla materia, la quale è limitata e temporanea. E ancora, leggiamo che Dio è Spirito e perciò è incorporeo, invisibile, senza sostanza, senza caratteri fisici, per questo non è oggetto di percezione sensibile. Questa è l’opinione dei più. Ma questa conclusione contrasta fortemente con ciò che leggiamo nell’Antico Testamento.

Il Dio dell’Antico Testamento ha una corporeità, ha camminato nel giardino dell’Eden, ha fatto delle tuniche per Adamo ed Eva, ha mangiato il cibo che Abramo gli ha offerto, ha lottato con Giacobbe, ha camminato davanti al popolo d’Israele. Tutto questo non può essere considerato in senso simbolico, perché renderebbe il testo sacro senza significato. L’unica ragione che c’induca a ritenere che Dio sia senza sostanza, è presupporre a priori che Egli non possa essere altro che tale; ma un’opinione di Dio che sia scaturita unicamente dalla Scrittura ci porta a conclusioni ben diverse. La nostra opinione di Dio deve formarsi non tanto secondo ciò che ci piace, quanto dalla rivelazione che Lui ha fatto di Se stesso. Solo così gli uomini parleranno di Dio in verità, e senza cadere nel terrore di parlare di tutt’altro.

La Scrittura, affermando che Dio è Spirito, non intende sostenere che la natura di DIO, cioè della Trinità, sia immateriale. Soprattutto, per quanto riguarda JHWH, il Dio dell’Antico Testamento, il quale si presenta con una fisicità tale da lottare corpo a corpo con Giacobbe e, poiché in sembianze d’uomo, da essere scambiato per un angelo di Dio (Giudici 13:6).

Può esserci d’aiuto, per comprendere la Natura di Dio, la lingua greca usata dagli scrittori del Nuovo Testamento.

Leggiamo, nel Dizionario dei concetti Biblici del Nuovo Testamento, che, in greco, la parola spirito corrisponde a pneuma. "Pneuma… formato con la radice originaria (pneu-) e il suffisso –ma, indica grosso modo l’effetto del movimento dell’aria, e cioè l’aria mossa come una sostanza particolare, con un riferimento implicito all’energia, alla potenza che agisce in questo movimento. Quindi, pneuma significa, prima di tutto, vento, respiro. Pneuma, è noto fin dall’epoca dei presocratici; con l’andar del tempo ha coagulato un po’ tutti i significati degli altri vocaboli della medesima radice, e, nell’epoca ellenistica, è diventato un termine di una certa importanza, conservando però il significato di "qualcosa di materiale". (Dizionario dei concetti Biblici del Nuovo Testamento. EDIZIONI DEHONIANE BOLOGNA – 1976 pag. 1784).


Questa definizione ci porta a comprendere che la Natura di Dio sia eterna, autosufficiente; ma anche che essa sia in relazione col materiale. E il materiale può essere spirituale. L’aggettivo pneumatikos (spirituale), che ha come radice pneuma, indica l’appartenenza alla sfera celeste, non nel senso d’incorporeo, ma in contrapposizione a ciò che è corrotto. Il corpo spirituale che i credenti riceveranno non sarà immateriale. Quando Gesù risuscitò aveva un corpo spirituale, ma con esso poteva mangiare e poteva essere toccato. Leggendo che Dio è Spirito (In greco pneuma o Teos - Spirito è Dio – mettendo in enfasi, che è lo Spirito ad essere Dio, e non Dio ad essere Spirito), dobbiamo intendere che la Sua Natura è celeste, in contrapposizione non tanto al materiale, ma a ciò che è corrotto dal peccato. Che lo spirituale non sia in contrapposizione alla corporeità, è poi dimostrato anche dalla discesa dello Spirito Santo su Gesù, al momento del suo battesimo. Ecco cosa leggiamo nel vangelo di Luca: "Ora, come tutto il popolo era battezzato, anche Gesù fu battezzato, e mentre stava pregando, il cielo si aprì e lo Spirito Santo scese sopra di lui in forma corporea come di colomba; e dal cielo venne una voce, che diceva: "Tu sei il mio amato Figlio, in te mi sono compiaciuto!" (Luca 3:21-22). Nel vangelo omonimo leggiamo che Giovanni vide lo Spirito scendere su Gesù come discende una colomba (Giovanni 1:32), perché lo Spirito aveva una forma corporea. Leggere l’episodio in modo diverso com’è stato rappresentato da tanti pittori, in altre parole una colomba che discende su Gesù, significa interpretare il testo in modo errato. Forse è difficile trovare una definizione che, come in greco, serva a realizzare mentalmente l’espressione corporea forma; la lingua originale infatti rende l’idea che Giovanni avesse proprio visto la forma visibile di tutto l’essere dello Spirito Santo.

 

A questo punto, l’asserzione: Dio è Spirito è più comprensibile. Non importa chi ravvisiamo nel sostantivo "Dio", se il Padre, il Figlio, lo Spirito Santo, oppure tutti e tre.

 La proposizione, infatti, si preoccupa di definire la Natura, o l’essenza della Deità; e non una Persona della Trinità. Sarebbe pertanto sbagliato se nell’affermazione noi ravvisassimo, come si fa di consueto, solo il Padre; perché tale interpretazione non si accorda con l’intera rivelazione della Parola di Dio. Possiamo allora comprendere così l’altra proposizione: "Nessuno ha mai visto Dio". In effetti, nessuno ha mai contemplato l’essenza della Deità. Essa è preclusa all’uomo. Ecco perché in seguito Giovanni continua "l'unigenito Figlio, che è nel seno del Padre, è colui che lo ha fatto conoscere". Gesù Cristo, che è una delle Tre Persone della Deità (nel seno del Padre, inteso come Trinità), essendo l'immagine dell'invisibile DIO, ha potuto rivelare la Natura della Deità nella sua pluralità.

E’ vero che Dio è uno; ma solo in quanto a Natura, non a numero.

E’ impossibile a qualunque creatura conoscere appieno la Trinità; Gesù Cristo fatto uomo, ci dà l’accesso alla trascendenza e all’immanenza dell’unico e vero DIO Trino, che è Spirito.

Di Gesù, infatti, sta scritto "Il Signore Spirito è" (2Corinzi 3:17).

 

Con queste riflessioni, le parole di Gesù, rivolte alla Samaritana, assumono un significato nuovo "Ma l'ora viene, anzi è già venuta, che i veri adoratori adoreranno il Padre in spirito e verità, perché tali sono gli adoratori che il Padre richiede. Dio è Spirito, e quelli che lo adorano devono adorarlo in spirito e verità" (Giovanni 4:23-24).

L’ordine di Gesù è che gli adoratori del Dio d’Israele devono adorarLo secondo le Sue caratteristiche. In fondo, ciò che il Padre richiede non è tanto un locale spoglio di immagini nel quale essere adorato senza servirsi di oggetti materiali. Questo sarebbe in contrasto con l’ordine di Gesù di ricordare la Sua morte con del pane e del vino. Se il culto dovesse essere spirituale nel senso di immateriale, gli stessi innari, come gli strumenti musicali, andrebbero vietati. Gesù ha ordinato di esprimere un culto condotto dallo Spirito, sotto l’influenza dello Spirito Santo. I veri adoratori sono condotti dallo Spirito Santo; operano nella sfera d’azione dello Spirito. Dio è Spirito; così i Suoi figli devono essere condotti dalla Sua stessa Natura quando vanno alla Sua presenza.

Non credo che vi sia maggiore onore di questo.

I santi dell'Antico Testamento saranno rapiti insieme alla sposa?

 



I santi dell'Antico Testamento saranno rapiti insieme alla sposa?

Il rapimento è descritto in 1 Tessalonicesi 4: 14-18. In questo brano vengono descritti due diversi gruppi di credenti: quelli che sono cristiani che vivono ancora sulla terra e quelli che sono morti. I cristiani che erano morti sono indicati come "addormentati in Gesù". La parola "addormentato" non significa che dormano nel letto. La stessa parola è usata per Lazzaro che era morto di morte fisica (Giovanni 11: 11-12). Giovanni 11: 13-14 ci dice che quando i discepoli di Cristo Lo sentirono dire che Lazzaro dormiva, pensarono che Lazzaro stesse letteralmente dormendo; ma poi Gesù disse che era morto. Questo è lo stesso significato della parola greca usata qui per "addormentato".

 Poiché, se crediamo che Gesù morì e risuscitò, così pure, quelli che si sono addormentati, Iddio, per mezzo di Gesù, li ricondurrà con esso lui. Poiché questo vi diciamo per parola del Signore: che noi viventi, i quali saremo rimasti fino alla venuta del Signore, non precederemo quelli che si sono addormentati; perché il Signore stesso, con potente grido, con voce d'arcangelo e con la tromba di Dio, scenderà dal cielo, e i morti in Cristo risusciteranno i primi; poi noi viventi, che saremo rimasti, verremo insieme con loro rapiti sulle nuvole, a incontrare il Signore nell'aria; e così saremo sempre col Signore. Consolatevi dunque gli uni gli altri con queste parole. 1 Tessalonicesi 4: 14-18

Il rapimento avverrà quando Gesù stesso con voce d'arcangelo parlerà ei morti in Cristo risorgeranno per primi ei cristiani viventi si uniranno istantaneamente a loro nell'aria e ascenderanno verso l'alto. ( da notare: che non sono gli angeli che suonano la tromba- Apocalisse 8:2-Poi vidi i sette angeli che stanno in piedi davanti a Dio, e furono date loro sette trombe.” Il verso di Tessalonicesi dice: perché il Signore stesso, con potente grido, con voce d'arcangelo e con la tromba di Dio”).

Pertanto, il gruppo che verrà rapito sono le persone che hanno riposto la loro fede in Cristo da quando Gesù è morto sulla croce - sia i morti che coloro che ancora vivranno al momento del rapimento. Questa risurrezione dei morti in Cristo non include i santi dell'Antico Testamento. In questo momento tutti questi cristiani del Nuovo Testamento riceveranno i loro corpi immortali.

Alla seconda venuta di Cristo, quei cristiani che furono rapiti prima della tribolazione verranno con Cristo. In Apocalisse 19: 9-10 ci viene detto che è l'ora della cena delle nozze dell'Agnello.  Questo si riferisce alla festa nuziale e all'unione finale di Cristo e della Chiesa.

E l'angelo mi disse: Scrivi: Beati quelli che sono invitati alla cena delle nozze dell'Agnello. E mi disse: Queste sono le veraci parole di Dio.  E io mi prostrai ai suoi piedi per adorarlo. Ed egli mi disse: Guàrdati dal farlo; io sono tuo conservo e de' tuoi fratelli che serbano la testimonianza di Gesù; adora Iddio! Perché la testimonianza di Gesù è lo spirito della profezia.  Apocalisse 19: 9-10

2 Corinzi 11: 2 si riferisce alla chiesa come promessa sposa o fidanzata con Cristo.

Poiché io son geloso di voi d'una gelosia di Dio, perché v'ho fidanzati ad un unico sposo, per presentarvi come una casta vergine a Cristo 2 Corinzi 11: 2

La cena delle nozze avviene prima del regno millenario. 

Quindi in Apocalisse 21: 9 ci viene detto che il matrimonio è completato. 

Cioè, Apocalisse 19: 9-10 è l'arrivo dei santi rapiti. 

Apocalisse 19:14 descrive queste persone come sante in vesti bianche.

 Nota che Apocalisse 3: 5 è una promessa ai cristiani che saranno vestiti di bianco.

E gli eserciti che sono nel cielo, vestiti di lino finissimo, bianco e puro, Lo seguivano su cavalli bianchiApocalisse 19:14

I santi dell'Antico Testamento vengono risuscitati dopo la seconda venuta - non al rapimento.

Dopo la sconfitta delle nazioni del mondo ad Armaghedon (Apocalisse 19: 16-21), l'imprigionamento di Satana avverrà in Apocalisse 20: 1-3. Apocalisse 20: 4, 6 descrive il secondo e il terzo gruppo di persone che risorgeranno.

 Poi vidi dei troni; e a coloro che vi si sedettero fu dato il potere di giudicare. E vidi le anime di quelli che erano stati decollati per la testimonianza di Gesù e per la parola di Dio, e di quelli che non aveano adorata la bestia né la sua immagine, e non aveano preso il marchio sulla loro fronte e sulla loro mano; ed essi tornarono in vita, e regnarono con Cristo mille anni.  Il rimanente dei morti non tornò in vita prima che fosser compiti i mille anni. Questa è la prima risurrezione.  Beato e santo è colui che partecipa alla prima risurrezione. Su loro non ha potestà la morte seconda, ma saranno sacerdoti di Dio e di Cristo e regneranno con lui quei mille anni. Apocalisse 20: 4, 6

Ora facciamo la domanda: "Chi sono quelli seduti sui troni nella prima parte del versetto 4?" 

Il versetto dice: "Poi ho visto i troni, e si sono seduti su di loro, e il giudizio è stato dato a loro". Ma chi sono questi individui? 

La risposta è che questi sono i santi dell'Antico e del Nuovo Testamento. 

Deve includere i santi dell'Antico Testamento poiché Daniele 7:27 dice: E il regno e il dominio e la grandezza dei regni che sono sotto tutti i cieli saranno dati al popolo dei santi dell'Altissimo; il suo regno è un regno eterno, e tutti i domini lo serviranno e gli ubbidiranno'.

Si noti che Apocalisse 20: 4,6 afferma che il regno sarà controllato dai santi dell'Altissimo. Il regno è il regno millenario di Apocalisse 20: 4. Cioè, regneranno con Cristo proprio come gli apostoli e i Cristiani regneranno insieme a Israele (Luca 22: 28-30; 2 Timoteo 2:12; Apocalisse 5: 9-10).

Da quando i Cristiani rapiti, scesero con Cristo alla Seconda Venuta, la frase " Poi vidi dei troni; e a coloro che vi si sedettero fu dato il potere di giudicare " include i santi dell'Antico Testamento. Sia Ezechiele 37: 12-14 che Daniele 12: 1-2 profetizzarono la risurrezione dei santi dell'Antico Testamento.

. Perciò, profetizza e di' loro: Così parla il Signore, l'Eterno: Ecco, io aprirò i vostri sepolcri, vi trarrò fuori dalle vostre tombe, o popolo mio, e vi ricondurrò nel paese d'Israele.  E voi conoscerete che io sono l'Eterno, quando aprirò i vostri sepolcri e vi trarrò fuori dalle vostre tombe, o popolo mio!  E metterò in voi il mio spirito, e voi tornerete alla vita; vi porrò sul vostro suolo, e conoscerete che io, l'Eterno, ho parlato e ho messo la cosa ad effetto, dice l'Eterno'  Ezechiele 37: 12-14

Ezechiele afferma che usciranno dalle loro tombe. Questi corpi saranno autorizzati dallo Spirito Santo a prendere vita. Questa è la risurrezione dei credenti dell'Antico Testamento. Daniele 12: 1-2 profetizzò anche la risurrezione dei santi dell'Antico Testamento.

E in quel tempo sorgerà Micael, il gran capo, il difensore de' figliuoli del tuo popolo; e sarà un tempo d'angoscia, quale non se n'ebbe mai da quando esiston nazioni fino a quell'epoca; e in quel tempo, il tuo popolo sarà salvato; tutti quelli, cioè, che saran trovati iscritti nel libro.  E molti di coloro che dormono nella polvere della terra si risveglieranno: gli uni per la vita eterna, gli altri per l'obbrobrio, per una eterna infamia Daniele 12: 1-2

Pertanto, la prima parte di Apocalisse 20: 4 si riferisce alla risurrezione dei santi dell'Antico Testamento.

I santi della tribolazione vengono poi risuscitati

La prossima risurrezione include i cristiani che sono morti durante la tribolazione. 

Notate che in Apocalisse 20: 4, 6 ci viene detto che coloro che non adorarono la bestia e non ricevettero il marchio della bestia saranno risuscitati. 

Il verso 4 dice che vennero alla vita e regnarono con Cristo per mille anni.

 A questo punto ogni credente dell'Antico e del Nuovo Testamento sarà risorto.

( Da considerare che per Dio che non ha il tempo come lo intendiamo noi..per Lui è la PRIMA RESURREZIONE)

Tutti gli altri risorgono dopo che l'universo è stato distrutto

Un rapido sguardo ad Apocalisse 2:11 rivela che ai cristiani viene data la promessa che non subiranno la seconda morte. Apocalisse 20: 6 e 14 insegna che la seconda morte viene gettata nel lago di fuoco. 

Ma come è già stato detto, i cristiani non sperimenteranno la seconda morte. 

La prossima risurrezione avviene dopo il regno millenario e dopo che Dio ha distrutto l'universo (Apocalisse 20:11). 

È la risurrezione di ogni miscredente morto. 

Quindi vengono giudicati e inviati all'inferno o al Lago di Fuoco.

 E vidi i morti, grandi e piccoli, che stavan ritti davanti al trono; ed i libri furono aperti; e un altro libro fu aperto, che è il libro della vita; e i morti furon giudicati dalle cose scritte nei libri, secondo le opere loro.  E il mare rese i morti ch'erano in esso; e la morte e l'Ades resero i loro morti, ed essi furon giudicati, ciascuno secondo le sue opere. E la morte e l'Ades furon gettati nello stagno di fuoco. Questa è la morte seconda, cioè, lo stagno di fuoco. E se qualcuno non fu trovato scritto nel libro della vita, fu gettato nello stagno di fuoco. Apocalisse 20: 12-15

Conclusione:

Pertanto, abbiamo un quadro completo di chi è risorto prima e dopo. Apocalisse 20: 4 si riferisce al tempo in cui i santi dell'Antico Testamento sono risorti. 

 

Le due nature di Gesù


 

Le due nature di Gesù Cristo

Un importante sviluppo della cristianità dei primi secoli fu costituito dalla diffusione di molteplici interpretazioni del messaggio di Cristo e dalla riflessione teologica, incentrata particolarmente sul tema del rapporto tra Dio Padre e Gesù, nell’ambito della divinità. E poiché le verità oggi professate dai cristiani non erano ancora state espresse in calibrate formule dottrinali, le diverse culture locali lasciarono spazio a diverse cristologie, le quali suscitarono discussioni e controversie molto accese, che furono poi avviate a soluzione – anche se non definitivamente – soltanto dai grandi concili ecumenici (cioè universali), del quarto e quinto secolo. Nel quarto concilio ecumenico di Calcedonia, svoltosi nel 451, un anziano monaco di nome Eutiche, era pervenuto alla guida morale dei monaci di Costantinopoli. Egli andava insegnando che le due nature di Gesù, quella umana e quella divina, erano distinte prima dell’incarnazione; ma che dopo questo evento, si sarebbe dovuto parlare di una sola natura. Il suo insegnamento era: "Confesso che nostro Signore avesse due nature prima della loro unione, ma che ne avesse una sola dopo l’unione". Ne conseguiva che l’umanità di Gesù non era da considerarsi uguale alla nostra, bensì divinizzata. La dottrina non mancò di esercitare una cospicua forza di attrazione anche perché, secondo essa, il credente assimilandosi a Cristo, veniva conseguentemente a realizzare una sua propria divinizzazione. Un pensiero decisamente platonico. Le discussioni e le controversie sollevate dalla predicazione di Eutiche determinarono la necessità di sollecitare un pronunciamento definitivo, il quale fu espresso con il Concilio di Calcedonia, voluto da Marciano, successore di Teodosio II, che si tenne nel 451, nella chiesa di sant’Eufemia. Vi parteciparono più di cinquecento vescovi (dei quali solo cinque occidentali, tra cui due legali papali). L’imperatore prese parte con la moglie Pulcheria, sorella di Teodosio II, che tenne a volte perfino la presidenza dell’assise. Le sessioni condussero alla riconferma delle decisioni conciliari di Nicea (325), Costantinopoli (381) e di Efeso 431) oltre alla condanna di Eutiche e del vescovo egiziano Dioscuro. Fu approvato un bilanciato pronunciamento teologico composto dal papa di Roma Leone I, che servì di base a una professione di fede che condannava a un tempo le dottrine di Nestorio e di Eutiche:

·         Noi insegniamo e professiamo un unico e identico Cristo… in due nature, non confuse e non trasformate, non divise e non separate, poiché l’unione delle due nature non ha soppresso la loro differenza, anzi, ciascuna natura ha conservato le sue proprietà e si è unita all’altra in un'unica persona e in un’unica ipostasi".

Dunque, in Gesù la natura divina e quella umana sussistevano (senza confusione, né trasformazione, né divisione, né separazione) unite in una sola persona e in un solo individuo. Da allora i sostenitori di questa formula furono chiamati duofisiti, mentre coloro che non vollero accettarla monofisiti.             

 

Benché ormai siano state espresse in calibrate formule dottrinali le due nature di Gesù, a mio avviso, questa problematica sussiste ancora. Sussiste, non nei termini di Nestorio e Eutiche, ma velatamente in certe affermazioni, una delle quali recita che Gesù non poteva peccare. Apparentemente questa interpretazione sembra onorare l'opera di Cristo; ma, per quanto mi riguarda, mette proprio in discussione le due nature di Gesù. Chi afferma che Gesù non poteva peccare, si rifà a ciò che è scritto nella lettera di Giacomo "Dio non può essere tentato dal male", per cui, essendo Dio, Gesù non poteva peccare. (vedi – Aggiungi alla fede la conoscenza – GBU, 1994, pag 173) Se con questa interpretazione si vuole salvare il concetto dell’aseità di Dio, cioè che Egli è autosufficiente, non dominato da passioni, non soggetto ai limiti dell’uomo, allora, dal momento che Gesù è Dio, egli non doveva soffrire né la fame, né la sete, né il sonno, perché Dio non è soggetto ai limiti umani. Ma Gesù, in quanto uomo nato dal seme di Davide (Lc 1.31-33), era limitato come ogni altro essere umano. Attribuire a Gesù l’incapacità di peccare perché era Dio, significa negarne la natura umana uguale a quella di ogni altro uomo, significa dimenticare che era soggetto a debolezza (Eb. 5.2). Se Gesù non poteva peccare, come poteva essere un uomo a tutti gli effetti ed essere il secondo Adamo? Se Adamo, creato senza il peccato, ha potuto peccare e se Gesù è il secondo Adamo, dotato della stessa natura senza peccato, allora, Gesù aveva realmente la possibilità di peccare anche se era positivamente santo e  giusto (Atti 3.14). Gesù era un uomo, anzi, il vero UOMO. E’ opportuno rileggere lo scritto di Paolo, che molto probabilmente era un inno dei primi cristiani, in una versione che mi sembra molto appropriata.

Cristo Gesù, pur essendo di natura divina

non considerò un tesoro geloso

la sua uguaglianza con Dio

ma spogliò se stesso

assumendo la condizione di servo

e, divenendo simile agli uomini,

apparso in forma umana,

umiliò sé stesso

facendosi obbediente fino alla morte

e alla morte della croce.

Gesù, simile agli uomini. Non uguale. Simile, perché aveva tutte le caratteristiche in comune con il genere umano, meno una: il peccato.

 

L'autore della lettera agli ebrei scrive in merito a Gesù: "Infatti, noi non abbiamo un sommo sacerdote che non possa simpatizzare con le nostre infermità, ma uno che è stato tentato in ogni cosa come noi, senza però commettere peccato" (Ebrei 4:15). Anche la tentazione di Gesù può essere differentemente spiegata a seconda del proprio presupposto di partenza. Se Gesù non poteva peccare dinnanzi alla tentazione, che meriti ha avuto per ciò che riguarda la Redenzione? E' come un eunuco o un cieco, che non cedono alla tentazione di una bellissima ragazza provocante! Può forse ricevere i meriti come un uomo che può cadere nella tentazione? Se invece Gesù poteva cadere in tentazione, allora è stato l'unico uomo della discendenza di Adamo che poteva peccare e non lo ha fatto, e questo torna a sua gloria. Inoltre, nel rimanere immune dal peccato, Gesù ha dimostrato che un uomo condotto dallo Spirito Santo è in grado di non peccare. Sì! Perché Gesù non ha redento l'umanità con le capacità divine, ma mediante la sua natura umana, sottomessa all'azione della Persona dello Spirito Santo. Se invece Gesù non ha peccato perché era Dio, chi ha riscattato l'umanità? Non l'uomo Dio - Gesù, ma solo Dio! Questa distinzione non è un sofisma, per voler dire quello che si vuole, ma dal momento che in Gesù Cristo sussistono due nature, riconosciute fin dagli albori della cristianità, occorre distinguerle e separarle. Non che in Gesù le due nature siano separate, ma sarebbe assurdo non volerle riconoscere differenti. Una è umana, l’altra è divina. Se non si compie questa differenza, tante parti della Scrittura rimangono nascoste alla nostra comprensione. Facciamo l'esempio della resurrezione di Gesù. In più parti nella Bibbia leggiamo che Dio ha risuscitato Gesù dai morti (Rom 4.29, 10.9, 1Cor 6.14, 15.15), mentre Gesù stesso ha detto chiaramente che nessuno poteva ucciderlo, ma aveva il potere di deporre la sua vita come aveva il potere di riprenderla. E questo secondo l'ordine del Padre suo (Gv 10.18). Vi è forse contraddizione? Chi ha risuscitato Gesù? Dio o Gesù stesso! Se si risponde che è stato Dio a risuscitare Gesù, c'è da chiedersi: "Ma Gesù non è Dio?" Se si risponde che è stato Gesù, allora perché è scritto che è stato Dio a risuscitare Gesù?  Per quanto ho compreso, la risposta è da ricercare nell’ambito di una teologia molto evidente nei primi secoli del cristianesimo, ma che è andata perduta, lasciando così insoluti molti interrogativi. Un piccolo accenno può aiutare a comprendere meglio le due nature di Gesù e può risolvere vari interrogativi.

 

Occorre fare una distinzione: Che la persona divina del LOGOS ha assunto la natura umana. In maniera non confusa,ma nemmeno rigidamente separata.

 

Quindi, quando diciamo: "Cristo Gesù", senza saperlo noi dichiariamo le due nature: quella divina e quella umana. Se riusciamo a fare questa distinzione, possiamo comprendere anche le distinzioni fatte nella parola di Dio. Dal punto di vista divino, Dio (e quindi anche Cristo, che è nel seno del Padre) ha manifestato la volontà del Padre di resuscitare il LOGOS incarnato.

 

Una distinzione, che non deve essere presa in malo modo, perché Gesù stesso spesse volte ha parlato di sé in terza persona, come quando disse: "Quando il figlio dell'uomo verrà…" come se il Figlio dell'uomo fosse un altro! In quel momento Gesù parlava di se stesso, ma vedeva l'evento del suo ritorno, nella sua divinità. Credo che sarebbe auspicabile e molto costruttivo se i cristiani del ventunesimo secolo vedessero le due nature di Cristo in tutta la Scrittura,..il pericolo opposto è Nestorio...il quale divideva Cristo in due persone, cioè divina e umana.

In occidente,a differenza dei santi monaci russi, questa dottrina satanica, è stata riportata alla luce dal filosofo protestante: HEGEL - che dichiarò che il più grande crimine della storia fu la condanna di Nestorio.

Da due secoli tutto l'occidente è avvelenato da questa filosofia che ha portato nei due estremi a destra e a sinistra..al nazismo, al comunismo, all'ateismo, e alla fine della civiltà cristiana in occidente. Che in latino vuol dire: TERRA DELLA MORTE (in latino OCCIDO)

Gli unici che hanno mantenuto l'ortodossia sulle due nature di Cristo, sono i monaci russi.

Questa è una verità  che nessuno può negare.

partendo innanzitutto dall'Antico Testamento, il quale altro non è che una preparazione per accettare il grande mistero (inteso come verità rivelata) dell'incarnazione di Dio. Abbiamo espresse in calibrate formule dottrinali le due nature di Gesù, ora, occorre esprimere in altre calibrate formule come queste due nature si sono manifestate nell'unica persona del LOGOS.

 

Quando  si recupererà in coccidente,quanto i monaci russi hanno conservato, e si prenderà questo impegno, sono sicuro che molti interrogativi spariranno e, con una più piena rivelazione, si annuncerà anche in Italia la verità su Cristo,spazzando via la dottrina e la filosofia  diabolica.