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L'Io Sono nel vangelo di Giovanni.

L'Io Sono nel vangelo di Giovanni 1:1.

GIOVANNI 4:26 «Gesù le disse: “Io sono, colui che ti parla”» Gesù non stava sostenendo di essere lui stesso il Cristo, come invece vari traduttori hanno voluto far comprendere, traducendo «sono io». 
Con tale risposta, Gesù ha voluto far comprendere alla samaritana di essere JHWH, la Divinità dall’Antico Patto. 
 GIOVANNI 6:20 «Ma egli disse loro: “Sono io, non temete”» Traducendo «sono io», i traduttori impediscono al lettore una corretta comprensione di ciò che è avvenuto sul lago. Dicendo: «Io sono», Gesù si presenta come JHWH, la Divinità d’Israele. Solo a questo punto, Pietro, secondo il racconto di Matteo, chiede di andare a lui. Chi non avrebbe chiesto questo?

 GIOVANNI 8:24 «… se non credete che io sono, morirete nei vostri peccati» Con questa affermazione, Gesù è stato categorico: chi non crede che Egli sia JHWH, non può essere perdonato dai suoi peccati. 

GIOVANNI 8:28 «Quando avrete innalzato il Figlio dell’uomo, allora conoscerete che io sono…» Gesù profetizza che avrebbero creduto in lui come JHWH, solo dopo la sua crocifissione.

 GIOVANNI 8:58 «Gesù disse loro: “In verità, in verità vi dico: prima che Abraamo fosse nato, io sono”» Parrebbe che Gesù, affermando «Io sono», abbia commesso un errore di grammatica; infatti, egli avrebbe dovuto dire: «Io ero». La sua, però, era un’affermazione della propria Divinità e l’attestazione di essere lui stesso, Colui che era nel pruno.

 GIOVANNI 13:19 «… affinché quando sarà accaduto, voi crediate che io sono» Gesù profetizza il suo tradimento per confermare la propria Divinità. 
Nella Bibbia Diodati 1981, si legge: «Ve lo dico fin d’ora prima che avvenga, affinché quando sarà avvenuto, crediate che io sono il Cristo», ma il traduttore non ha compreso il pensiero di Gesù. Gesù non stava affermando di essere il Cristo, ma JHWH. 

GIOVANNI 18:5 «Gli risposero: “Gesù il Nazareno!” Gesù disse loro: “Io sono”» Gesù stava dicendo ai soldati e alle guardie che Egli, il Nazareno, era JHWH. 

GIOVANNI 18:6 «Appena Gesù ebbe detto loro: “Io sono”, indietreggiarono e caddero in terra» Le persone che volevano arrestare Gesù dopo la sua risposta, indietreggiarono, cadendo dalla paura. Perché? Paura in chi? Essi avevano compreso che Gesù avesse attestato di essere JHWH, la loro Divinità. 

GIOVANNI 18:8 «Gesù rispose: “Vi ho detto che io sono; se dunque cercate me, lasciate andare questi”» Per la terza volta Gesù afferma la sua Divinità attestando di essere JHWH, cercando di rendere i presenti coscienti di quello che stavano facendo. Dicendo Gesù: «Io sono», secondo lo studioso biblico Raymond Brown «Non si trova nella tradizione dei vangeli allusione più chiara alla deità.» Io aggiungo: non allusione, ma dichiarazione. 

USO IN FORMA DI PREDICATO 

Giovanni «Io sono il pane della vita» (6:35) 
«Io sono il pane che è disceso dal cielo» (6:41) 
«Io sono il pane della vita» (6:.48) 
«Io sono il pane vivente» (6:51) 
«Io sono la luce del mondo» (8:12)
 «Io sono il testimone di me stesso» (8:18) 
«Io sono la porta delle pecore» (10:7)
 «Io sono la porta» (10:9)
 «Io sono il buon pastore» (10:11) 
«Io sono il buon pastore» (10:14) 
«Io sono la resurrezione e la vita» (11:25)
 «Io sono la via la verità e la vita» (14:6) 
«Io sono la vera vita» (15:1) 
«Io sono la vite» (15:5) 
Apocalisse: «Io sono l’alfa e l’omega» (1:18) 
«Io sono il primo, l’ultimo e il vivente» (1:17)
 «Io sono colui che investiga le reni e il cuore» (2:23) 
«Io sono la radice e la progenie di Davide» (22:16) 

Esprimendosi in questo modo, Gesù stava sostenendo di essere Lui, Colui che parlava nel pruno; di essere la Divinità d’Israele, di essere JHWH, di essere l’incarnazione di JHWH. Si potrebbe obiettare che l’espressione ego eimi fosse ricorrente al tempo di Gesù; questa è una verità, perché la usarono sia gli apostoli, sia Giuda, sia il cieco nato (Matteo 26:22, 25; Giovanni 9:9). 
Non vi è però dubbio su un fatto: dopo duemila anni, è possibile interpretare erroneamente l’espressione di Gesù «Io sono», ma non è possibile dubitare che i contemporanei di Gesù l’avessero fraintesa. 
I suoi nemici e i giudei per questa espressione lo volevano lapidare, udendola, erano caduti all’indietro e, infine, lo hanno crocifisso. Se i giudei hanno condannato Gesù a morte perché aveva detto: «Io sono», significa che, sulla bocca di Gesù, non risultava un’affermazione normale.
 Essa attestava che egli fosse JHWH, il loro Dio. Per questo infatti, è stato condannato. «I Giudei gli risposero, dicendo: “Noi non ti lapidiamo per nessuna opera buona, ma per bestemmia, e perché tu che sei uomo ti fai Dio”» (Giovanni 10:33).
 L’affermazione «IO SONO» espressa da Gesù, non ha paragoni nella storia delle religioni. 
Egli non ha solo detto di essere Dio, cosa che potrebbe anche fare qualsiasi squilibrato, ma ha sostenuto di essere il Dio già presente in tutto l’Antico Patto. Questo, nessuno lo ha mai detto. Gesù Cristo non è, dunque, il più grande uomo mai esistito, come affermano i denigratori della Trinità: ma è JHWH stesso. Se Gesù Cristo non è JHWH, allora, è stato l’uomo più squilibrato, bugiardo e ingannatore del genere umano. Ma la Sua vita e le Sue parole hanno testimoniato la veridicità della sua dichiarazione in merito alla propria identità. 
Non ci resta che prendere sul serio il solenne avvertimento di Gesù: «… vi ho detto che voi morirete nei vostri peccati, perché se non credete che io sono, voi morirete nei vostri peccati.» La nostra salvezza dipende dall’opinione che abbiamo di Gesù. Possiamo credere che Egli sia il Maestro (come molte religioni orientali), oppure il Messia, (come gli ebrei messianici, che in Gesù vi vedono «l’unto», cioè la risposta, data da Dio alle speranze messianiche di Israele), oppure il Figlio di Dio (come i cattolici, gli ortodossi e i protestanti), ma restare comunque perduti. Chi crede che Gesù Cristo sia JHWH, il DIO dell’Antico Patto il quale si è fatto carne in un uomo e confida in Lui solo come suo personale Salvatore, ha con certezza i peccati perdonati. 
Queste riflessioni mettono in evidenza una verità poco colta e predicata. Si tratta della conversione di Paolo. Di questo avvenimento possiamo dire che Paolo non scrisse mai di suo pugno la propria conversione; ma è stato Luca, nel corso del libro degli Atti, ad aver descritto per tre volte il fatto riguardante l’apostolo dei gentili: una volta, narrandone personalmente; le altre due volte, riportando le parole stesse di Paolo in merito. 

Nel libro degli Atti, al capitolo 26 leggiamo «Essendo noi tutti caduti a terra, udii una voce che mi parlava e mi disse in lingua ebraica: “Saulo, Saulo, perché mi perseguiti? Ti è duro recalcitrare contro i pungoli”. Io dissi: “Chi sei tu, Signore?”. Egli disse: “Io sono Gesù, che tu perseguiti. Ma alzati e stà in piedi, perché per questo ti sono apparso”» (9-19). 
Nel racconto di Luca, Paolo specifica che lungo la strada non solo lui, ma tutti i presenti caddero a terra e che, udendo l’interlocutore dal cielo esprimersi in lingua ebraica, lui ne afferrò appieno le parole, mentre gli altri ne percepirono solo il suono. Poiché il vangelo di Luca fu redatto in greco, leggendone la traduzione nella nostra lingua, noi siamo impossibilitati a cogliere pienamente il senso di ciò che è successo, perché Gesù parlò a Paolo in ebraico, un idioma quindi estraneo sia per l’autore, come per chi legge. 
Quando Paolo chiese alla voce che gli parlava: «Chi sei signore», esprimendosi in ebraico, Gesù pronunciò nientemeno che il nome ineffabile di JHWH, cioè «io sono» (’ehyeh asher ehyeh), per questo Paolo udendo pronunciare questo «nome» in ebraico, capì immediatamente quello che non aveva colto in tutta la sua vita: aveva visto JHWH, la sua Divinità e, inoltre, che questo JHWH era Gesù, colui che egli, quale ebreo e fariseo zelante, perseguitava. 
Per questo, appena fu guarito dalla sua cecità, si mise SUBITO a predicare che Gesù è il Figlio di Dio (Atti 9:20) e il Cristo (Atti 9:22). 
Un’altra nota in merito al verbo essere. Il Diodati, famoso traduttore della Bibbia in italiano, è conosciuto per la sua rigidità al testo sacro, per questo quando nell’originale ebraico vi erano espressioni impossibili da tradurre in lingua italiana corrente, corredava il testo con l’aggiunta di alcune parole e, sempre per fedeltà al testo, le scriveva in corsivo, in modo che al lettore fosse noto il loro ruolo di semplici aggiunte rispetto al testo originale.

Facciamo un esempio con il versetto di Esodo 6:7. «Vi prenderò per mio popolo, e sarò il vostro DIO; e voi conoscerete che io sono l’Eterno, il vostro DIO, che vi sottrae ai duri lavori impostivi dagli Egiziani.» Anche in questo caso, il Diodati, fedele al testo originale ebraico, davanti al nome «Eterno» (JHWH), mette il verbo «sono» in corsivo. Infatti, in ebraico tale verbo non c’è. Lodevole il movente del traduttore, ma purtroppo questo verbo davanti al nome proprio JHWH non è indicato. 
Per quanto ho compreso, il Dio che ha ispirato gli scrittori, quando inseriva il suo nome proprio JHWH non voleva spiegare la sua esistenza o la sua autorità con il verbo «essere», ma usava il suo nome punto e basta. Forse è difficile da spiegare, ma la traduzione interlineare può aiutare. «.. prenderò voi per me come popolo e sarò per voi come elohim e saprete che io, JHWH, elohim vostro, il facente uscire voi da sotto lavori coatti» La differenza è abbastanza notevole e, devo ammettere, che anch’io ho impiegato molto tempo prima che il mio orecchio si abituasse ad una lettura senza il verbo essere davanti al nome JHWH. Inoltre andrebbe tradotto così «Vi prenderò per mio popolo, e sarò il vostro DIO; e voi conoscerete che io, JHWH, vostro DIO, vi sottrae ai duri lavori impostivi dagli Egiziani.» S
e qualcuno non vede nessuna differenza, provi da ora in poi a leggere JHWH senza davanti il verbo essere e, poi, si ricrederà. 

 UNA CURIOSITÀ 

Gesù il Nazareno, re dei giudei. Questa, posta sul suo capo alla croce, era la scritta che accusava Gesù. Ludwig Schneider, scrive a tal proposito: «Le parole furono affisse alla croce in ebraico, greco e latino, di modo che tutti potessero comprenderle. Per i giudei di allora, il greco non aveva alcun interesse. Il latino naturalmente era solo per i romani, per la decima 

 legione che distrusse Gerusalemme. Ma i giudei lessero il testo ebraico che suona così: Yeshua HaNozri Wumelech Hajehudim. Yeshua = Gesù, Ha-Nozri = il Nazareno, Wu-Melech = e re, Ha-Jehudim = dei Giudei. All’epoca, come tuttora, c’era l’usanza che gli scribi prendessero le lettere iniziali delle parole componenti una frase, per formarne un’altra con un senso diverso. Ecco, perché la traduzione della Bibbia in ebraico è stata, spesso, difficoltosa. Così, improvvisamente, gli scribi che si trovavano al cospetto della croce, si accorsero che le iniziali di Yeshua Hanozri Wumelech Hajehudim, non formavano il tetragramma I.N.R.I. Invece, le lettere iniziali dell’iscrizione in ebraico, altro non erano che il Tetragramma sacro ed impronunciabile: il nome di Dio! Il nome santissimo, che i Giudei non osavano neanche pronunciare e che riscrivevano con “Hascem” o con “Adonaj”, era lì, affisso al legno della maledizione, in quelle quattro lettere: “JHWH.” Molto probabilmente, questa è la ragione per cui i capi dei sacerdoti dei Giudei dissero a Pilato: “Non scrivere: Il re dei Giudei, ma che egli ha detto: Io sono il re dei Giudei” Ma Pilato rispose: “Ciò che ho scritto, ho scritto” (Giovanni 19:21-22) » 

RIEPILOGO 

La Scrittura attribuisce alla Divinità d’Israele tre nomi: Adonaj, Elohim, JHWH. JHWH, Elohim e Adonaj, non sono sinonimi indicanti la stessa personalità divina. Solo JHWH è il vero nome proprio della Divinità d’Israele. La Parola di Dio usa una pluralità di termini per indicare lo stesso ed unico Dio. JHWH è il nome che il Creatore si è dato e che ha rivelato, per la prima volta, a Mosè. La fede dei santi dell’Antico Patto non era in un Elohim vago, ma in JHWH. Il Dio rivelato ad Israele è pluripersonale. Dio ha uno Spirito. JHWH ha uno Spirito. Lo Spirito sia di Dio, sia di JHWH, è una Persona. Gli israeliti, prima della diaspora, credevano in una Divinità espressa al plurale, e che l’espressione di questa pluralità fosse in JHWH. JHWH ha caratteristiche antropomorfiche e antropopatiche. Egli ha un corpo e si è rivelato nell’Angelo dell’Eterno. L’Angelo dell’Eterno era l’immagine sostanziale di Elohim; Egli è la Persona nella pluralità dell’Elohim, alla quale l’essere umano può accedere. L’Antico Patto è l’annuncio (vangelo) dell’opera e del messaggio di JHWH. Giovanni il battista attestava in Gesù il Tetragramma. Gesù Cristo afferma di essere JHWH, con l’espressione: «Io sono».

L'Io Sono


Abbiamo concluso la nostra ricerca nell’Antico Patto, constatando che esso sia la storia, o il vangelo, di JHWH. 
È JHWH che crea Adamo ed Eva, che fa per loro delle tuniche di pelli, che chiude l’arca, che parla e si fa vedere ad Abramo, che lotta con Giacobbe. 
Troviamo la Sua presenza corporea quando, alla montagna di Dio, Mosè Lo incontra in una fiamma di fuoco. Da quel momento, la presenza fisica di JHWH condurrà Mosè e il popolo d’Israele verso la terra promessa. 
JHWH si fa vedere a Giosuè con una spada sguainata e accompagnerà il popolo di Dio verso la conquista della terra promessa. 
Al tempo dei Giudici, JHWH si fa vedere più volte in una fisicità umana. 
Quando il popolo d’Israele arriva al culmine della potenza politica e militare, l’idolatria si infiltra nella fede del popolo di Dio; conseguentemente JHWH manda, a più riprese, dei profeti, affinché il popolo si distolga dall’insano cammino. Il popolo non ascolta ed è deportato in terra straniera. Dopo il ritorno nella terra natia, nel 536 prima di Cristo, JHWH manda i profeti Aggeo, Zaccaria, Malachia, per indurre il popolo a seguire il vero Dio.
 L’ultimo dei profeti, Malachia, profetizzerà quattrocento anni prima di Cristo, che JHWH avrebbe mandato il messaggero a preparare la via davanti a Lui. 
Dopo il profeta Malachia, JHWH Dio tace per 400 anni. 
Nessun profeta alza la voce proclamando con la solita autorità: «Così dice JHWH». 
Queste espressioni rendono la Bibbia un testo unico. 
La Sacra Scrittura è l’unico testo sacro della letteratura religiosa di tutto il mondo ad aver la pretesa di affermare che, in essa, sia Dio a parlare in prima persona. 
La dicitura: «Così dice JHWH», si trova più di 300 volte nella Bibbia, conferendole un’autorità, nel campo della fede, che non ha paragoni. 
Ma, ecco, che leggiamo nel vangelo secondo Luca: «Or nell’anno quindicesimo del regno di Tiberio Cesare, mentre Ponzio Pilato era governatore della Giudea, Erode tetrarca della Galilea, suo fratello Filippo tetrarca dell’Iturea e della regione della Traconitide e Lisania tetrarca dell’Abilene, sotto i sommi sacerdoti Anna e Caiafa, la parola di Dio fu indirizzata a Giovanni, figlio di Zaccaria, nel deserto» (Luca 3:1-2) 

In un periodo ben preciso della storia, Giovanni il battista riceve da Dio una rivelazione (rhema). 
Egli rompe il lungo silenzio con una testimonianza che ha dell’incredibile. «E questa è la testimonianza di Giovanni, quando i Giudei gli inviarono da Gerusalemme dei sacerdoti e dei leviti per domandargli: “Chi sei tu?”. Egli lo dichiarò e non lo negò, e dichiarò: “Io non sono il Cristo”, Allora essi gli domandarono: “Chi sei dunque? Sei tu Elia?.” Egli disse: “Non lo sono!”. “Sei tu il profeta?.” Ed egli rispose: “No!”. Essi allora gli dissero: “Chi sei tu, affinché diamo una risposta a coloro che ci hanno mandato? Che dici di te stesso?”. Egli rispose: “Io sono la voce di colui che grida nel deserto: Raddrizzate la via del Signore, come disse il profeta Isaia”. Or coloro che erano stati mandati venivano dai farisei; essi gli domandarono e gli dissero: “Perché dunque battezzi, se tu non sei il Cristo, né Elia, né il profeta?”. Giovanni rispose loro. dicendo: “Io battezzo con acqua, ma in mezzo a voi sta uno che non conoscete. Egli è colui che viene dopo di me e che mi ha preceduto, a cui io non sono degno di sciogliere il legaccio dei sandali”» (Giovanni 1:19-27) Giovanni rivelò ai giudei l’esistenza di Qualcuno in mezzo a loro, a loro sconosciuto, il quale era più grande di lui (Nessuno nato da donna è più grande di Giovanni il battista - Luca 7:28-, neppure Maria, la madre di Gesù). 

Inoltre, Giovanni dichiarò che questa Persona, per quanto venisse dopo di lui, l’avesse preceduto e che, a questa Persona, egli non era degno di sciogliere il legaccio dei sandali. 
Chi era, dunque, questa unica e straordinaria Persona?
 Il giorno dopo, Giovanni, vedendo Gesù, disse: «Questi è colui del quale dissi: “Dopo di me viene un uomo che mi ha preceduto, perché era prima di me”» (Giovanni 1:29-30). 
Giovanni attestò che Gesù fosse l’uomo al quale non era degno di sciogliere il legaccio dei calzari e che era prima di lui. 
Nel greco, l’espressione è ancora più significativa: «… in mezzo a voi è stato chi voi non conoscete» (Giovanni 1:26) Esprimendosi al passato prossimo, Giovanni dichiara che, colui che è presente, era antecedente. 
Come poteva Gesù, essere già prima di Giovanni, dal momento che era nato, secondo la testimonianza degli evangelisti, sei mesi dopo il battista? E ancora. Come può Cristo Gesù, essere sia la Radice sia la progenie di Davide? (Apocalisse 22:16). 
Gesù non negò mai la testimonianza di Giovanni. Anzi. Riconobbe nel battista, il messaggero inviato per preparare la via davanti a JHWH (Matteo 11:10). «Perché questi è colui del quale è scritto: “Ecco, io mando il mio messaggero davanti alla tua faccia, egli preparerà la tua strada davanti a te.”» Se confrontiamo la profezia di Malachia 3:1 con l’affermazione di Gesù, notiamo come Egli applichi a se stesso questa profezia. Fin dalla sua apparizione sulla terra, Gesù è stato unico. Già, quando fu posto in una mangiatoia, gli angeli lo presentarono come il Salvatore, Cristo, il Signore. 
Ora Giovanni lo presenta come JHWH. 

E Gesù cosa disse di se stesso? 
È vero che Egli non ha mai negato la testimonianza di Giovanni, ma ha mai Egli espresso chiaramente d’essere JHWH, la Divinità d’Israele? 

Secondo alcuni studiosi, Gesù non avrebbe mai detto chiaramente d’essere Dio e gli autori biblici farebbero menzione della sua Divinità pochissime volte. 
Evidentemente, tali studiosi non hanno compreso le parole di Gesù. 
Fin dall’inizio del suo ministero Gesù ha detto espressamente di essere Dio, quando attestava di essere JHWH. 
Per decine di volte nella sua vita terrena Gesù ha espresso la sua Deità, citando la caratteristica di JHWH: IO SONO. 
Per comprendere le asserzioni di Gesù, occorre tenere presente l’episodio dell’incontro di JHWH con Mosè. Quando la Persona di JHWH si lasciò vedere a Mosè in mezzo ad una fiamma di fuoco (Esodo 3:2), leggiamo la seguente descrizione nel libro dell’Esodo: «Allora Mosè disse a DIO: “Ecco, quando andrò dai figli d’Israele e dirò loro: ‘Il DIO dei vostri padri mi ha mandato da voi’, se essi mi dicono ‘Qual’ è il suo nome?’, che risponderò loro?” DIO disse a Mosè: “IO SONO COLUI CHE SONO.” Poi disse: “Dirai così ai figli d’Israele: ‘L’IO SONO mi ha mandato da voi.’” DIO disse ancora a Mosè: “Dirai così ai figli d’Israele: ‘L’Eterno, il DIO dei vostri padri, il DIO di Abrahamo, il DIO d’Isacco e il DIO di Giacobbe mi ha mandato da voi. Questo è il mio nome in perpetuo. Questo sarà sempre il mio nome col quale sarò ricordato per tutte le generazioni’”» (Esodo 3:13-15) 
Mosè non ha chiesto a Colui che gli parlava come si chiamasse, ma Gli ha chiesto chi fosse e JHWH ha risposto di essere «IO SONO». Dunque, la Divinità d’Israele si è rivelata come «L’IO SONO». L’espressione «Io sono», che in ebraico corrisponde al tetragramma e nella prima traduzione in greco dell’Antico Testamento, la nota Septuaginta, fu resa «ego eimì», si trova varie volte nel Nuovo Patto. L’evangelista Giovanni riporta questa espressione di Gesù 27 volte: 23 volte nel suo vangelo e 4 volte nell’Apocalisse. 
Gesù usa questa espressione 9 volte come un assoluto, per asserire esplicitamente la sua identità mediante il corrispondente greco del tetragramma ebraico; le altre volte come predicato, per richiamare indirettamente alla Sua divinità.