Translate

GESÙ È PARTECIPE DELLA STESSA NATURA DIVINA DEL PADRE

 GESÙ È PARTECIPE DELLA STESSA NATURA DIVINA DEL PADRE

Proprio perché Gesù è partecipe della stessa Natura del Padre, Egli ha più volte fatto affermazioni che paiono assurde, se non comprese in questa particolare prospettiva.

«Gesù gli disse: “Io sono la via, la verità e la vita; nessuno viene al Padre se non per mezzo di me. Se mi aveste conosciuto, avreste conosciuto anche mio Padre; fin da ora lo conoscete e l’avete visto.”

Filippo gli disse: “Signore, mostraci il Padre e ci basta.”

Gesù gli disse: “Da tanto tempo io sono con voi e tu non mi hai ancora conosciuto, Filippo? Chi ha visto me, ha visto il Padre; come mai dici: ‘Mostraci il Padre?’ Non credi che io sono nel

Padre e che il Padre è in me? Le parole che io vi dico, non le dico da me stesso. Il Padre che dimora in me è colui che fa le opere.

Credetemi che io sono nel Padre e che il Padre è in me, se no, credetemi a motivo delle opere stesse.”» (Giovanni 14:6-11)

Come sempre le affermazioni di Gesù devono essere comprese rettamente.

Gesù non è il Padre; perciò Filippo gli chiede di vedere il Padre.

Gesù, però, dichiara che chi ha visto Lui, ha visto il Padre. Come è possibile?

La risposta di Gesù era riferita alla Sua Natura e non alla Sua Persona.

Gesù si identifica con il «Padre», evidentemente, intendendo come paterna la propria Natura divina, che Egli condivide con «Suo» Padre.

Quindi, la Natura del Cristo è «paterna», in quanto divina, creatrice, esattamente paterna ed eterna come quella del Padre Suo. Per questo Gesù disse «Io e il Padre siamo uno» (Giovanni 10:30). A.T. Robertson rivela che «“Uno” (hen) è neutro, non maschile (heis): non una persona, ma un’essenza o natura.» Il Padre e il Figlio sussistono in un'unica essenza divina, sebbene restino due persone distinte nella divinità. I passi dell’A.T. dove il credente, riferendosi a JHWH, impiega il termine Padre, devono essere compresi in quest’ottica.

«Poiché tu sei nostro padre, anche se Abrahamo non ci conosceva e Israele ci ignora. Tu, o Eterno, sei nostro padre nostro Redentore, da sempre è il tuo nome.» (Isaia 63:16)

«Tuttavia, o Eterno, tu sei nostro padre; noi siamo l’argilla e tu colui che ci formi; noi tutti siamo opera delle tue mani.» (Isaia 64:7)

Le relazioni riguardo all’Elohim, che i cristiani chiamano trinitarie (relazioni divine: generazione, filiazione, spirazione attiva e passiva…), erano sconosciute fino alla rivelazione del Figlio fattosi uomo. L’Antico

Patto introduce e fa conoscere JHWH quale rivelatore principale di Dio, anziché la Persona del Padre, come noi pensiamo un po’ troppo affrettatamente. Degno di nota, è che non si trova mai un credente dell’A.T. il quale invochi Dio come Padre, intendendo riferirsi alla prima delle tre persone trinitarie. Non poteva. La rivelazione del Figlio è rivelata in Isaia 9:5-6;

Proverbi 30:4; Salmo 2; Osea 11:1. Ciò che ha scandalizzato i giudei, è stato il fatto che Gesù violasse il sabato e si dichiarasse Dio. Ecco la testimonianza di Giovanni nel suo vangelo:

«Per questo i Giudei perseguitavano Gesù e cercavano di ucciderlo, perché faceva queste cose di sabato. Ma Gesù rispose loro: “Il Padre mio opera fino ad ora, e anch’io opero.” Per questo i Giudei cercavano ancor più di ucciderlo, perché non solo violava il sabato, ma addirittura chiamava Dio suo Padre, facendosi uguale a Dio. Allora Gesù rispose e disse loro: “In verità, in verità vi dico che il Figlio non può far nulla da se stesso, se non quello che vede fare dal Padre; le cose infatti che fa il Padre, le fa ugualmente anche il Figlio. Poiché il Padre ama il Figlio e gli mostra tutte le cose che egli fa; e gli mostrerà opere più grandi di queste, affinché voi ne siate meravigliati. Infatti come il Padre risuscita i morti e dà loro la vita, così anche il Figlio dà la vita a chi vuole. Poiché il Padre non giudica nessuno, ma ha dato tutto il giudizio al Figlio, affinché tutti onorino il Figlio come onorano il Padre, chi non onora il Figlio, non onora il Padre che lo ha mandato.”» (Giovanni 5:16-23)

Possiamo comprendere lo stupore dei giudei. Alla luce di quello che abbiamo studiato nell’Antico Patto, essendo coscienti che esista una pluralità personale nella Deità, poteva Gesù essere ritenuto colpevole di bestemmia?

Se Gesù ha attestato di essere JHWH, non era possibile che in questa pluralità nella Deità vi fosse un Padre? Possiamo anche simpatizzare con la reazio ne dei giudei, ma com’è possibile che ancora oggi alcuni non credano all’esistenza di una molteplicità in seno all’unica deità d’Israele? Tutto questo non si accorda con ciò di cui abbiamo preso atto nell’Antico Patto? Non aveva, Isaia, profetizzato che il Cristo sarebbe stato chiamato «Padre»?

«Poiché un bambino ci è nato, un figlio ci è stato dato. Sulle sue spalle riposerà l’impero, e sarà chiamato Consigliere ammirabile, Dio potente, Padre eterno, Principe della pace.» (Isaia 9:5)

Troviamo ancora l’identificazione di Cristo con il Padre, in una delle più belle promesse di Gesù in relazione alla preghiera.

«Qualsiasi cosa chiediate a me nel nome di me io la farò.» (Giovanni 14:14 - Traduzione dal greco)

Per questo la Nuova Riveduta rende: «Se mi chiederete qualche cosa nel mio nome, io la farò.» Chiedere a Gesù, equivale a chiedere al Padre.

Anche riguardo ai grandi interrogativi dell’uomo intento alla ricerca della strada giusta che conduca a Dio, della verità su Dio e della vita eterna,

Gesù indica se stesso come il Padre.

«Gesù gli disse: “Io sono la via, la verità e la vita; nessuno viene al Padre se non per mezzo di me.”» (Giovanni 14:6)

Se Gesù e il Padre fossero di natura diversa, Egli non avrebbe usato il verbo «viene», ma «va». Andare a Cristo, equivale ad andare al Padre.

Proprio per questo, i primi cristiani ritenevano Cristo Gesù quale Dio stesso (Colossesi 1:15-16). «Egli è l’immagine del Dio invisibile, il primogenito di ogni creatura; poiché in lui sono state create tutte le cose che sono nei cieli e sulla terra, le visibili e le invisibili: troni, signorie, principati, potenze; tutte le cose sono state create per mezzo di lui e in vista di lui»

Paolo considera Gesù Cristo l’agente nella Creazione, l’immagine del Dio invisibile. In greco, la parola immagine deriva dal sostantivo éidos, il cui significato si riferisce alla forma visibile di tutto l’essere. Paolo sta asserendo che Gesù sia il corpo visibile del Dio invisibile (Colossesi 1:15).

 Come disse Ireneo di Lione nel secondo secolo «il Padre è l'invisibile del Figlio, il Figlio è il Visibile del Padre.» Quando in Numeri 12:8, leggiamo che Mosè «contempla la sembianza [en éidei] di JHWH», o «la forma di JHWH», come traduce Garofalo, dobbiamo intendere che Mosè vedesse l’essenza della Divinità in forma visibile.

«Guardate che nessuno vi faccia sua preda con la filosofia e con vano inganno, secondo la tradizione degli uomini, secondo gli elementi del mondo e non secondo Cristo, poiché in lui abita corporalmente tutta la pienezza della Deità.» (Colossesi 2:8-9)

Paolo sostiene che non solo Gesù è il corpo di Dio, ma che nella sua natura umana non corrotta abita tutta la pienezza della Deità (theotetos è un apax). Gesù è a tutti gli effetti uomo-Dio.

«Abbiate in voi lo stesso sentimento che già è stato in Cristo Gesù, il quale, essendo in forma di Dio, non considerò qualcosa a cui aggrapparsi tenacemente l’essere uguale a Dio.» (Filippesi 2:6)

Anche in questo noto brano, Paolo rimarca la Divinità di Gesù. Il gerundio «essendo in forma di Dio» è da intendersi in senso casuale «Gesù Cristo, il quale, dato che era in forma di Dio…» Per questo, altre versioni rendono «Gesù Cristo, egli essendo per natura Dio…» La traduzione può anche essere discutibile, ma il concetto concorda con il resto della Scrittura.

Così commenta, Joseph A. Fitzmyer, la parola «forma», nel Grande Commentario Biblico Queriniana: «Se morphè è intesa in questo inno come un riferimento al possesso da parte di Gesù di quella qualità associata con la manifestazione esteriore di Jahvéh nel V.T., allora si può senz’altro affermare che egli era di condizione divina.»* Grande Commentario Biblico, Queriniana, 1974, pag. 1150

Nonostante l’autore, come tanti altri teologi, non abbia associato JHWH a Cristo, la Divinità di Gesù non può essere messa in discussione se permettiamo alle Scritture di apportare delle correzioni ai nostri presupposti umani.

Può darsi che queste riflessioni non abbiano dissipato totalmente i dubbi e gli interrogativi in relazione alla Trinità. Ciò è comprensibile.

Termino, perciò, con il seguente episodio, letto da qualche parte e che mi sembra molto significativo. Un giorno, un credente diede una copia del vangelo di Giovanni a un musulmano che era studente in legge, cercando di interessarlo. Costui glielo riportò dicendo: «Questo libro narra di un tale che è chiamato “Parola di Dio”, dichiara che egli era con Dio e nel medesimo tempo era Dio stesso. Come può una persona essere con se stessa?» Il credente gli rispose: «Poniamo che né lei né il suo professore sappiate risolvere un problema di matematica. Questa vostra incapacità chiarisce almeno una cosa, e cioè che né lei, né il suo professore avete inventato il problema. Ora, la domanda che lei mi ha fatto è, appunto, un problema non di matematica, ma di teologia: il problema dell’essere e della Natura della

Trinità di Dio. Migliaia dei più profondi cervelli hanno per secoli cercato di penetrare questo mistero, senza tuttavia riuscire a spiegarlo. Chi lo ha inventato dunque? L’uomo può spiegare ciò che è stato inventato da un suo simile; ma se non si può spiegare una cosa significa che quella cosa non è stata inventata. Deve trattarsi quindi di una rivelazione.»

Anche se la nostra conoscenza di Dio è parziale, ciò nonostante rimane autentica, perché la Sua autorivelazione rivolta a delle persone che hanno la mente di Cristo, diventa comprensibile per mezzo dello Spirito Santo (1Corinzi 2:10-16).